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Il Testamento di Heiligenstadt e Quaderni di conversazione, di Ludwig Van Beethoven

Traduzione di Sandro Cappelletto 


Ascoltando le composizioni di L.V. Beethoven credo sia impossibile non pensare alla sua vita. La musica lo ha consolato, gli ha permesso di aggrapparsi alla vita, è una sua affermazione “la mia arte solo quella mi ha trattenuto”. Trattenuto dal chiudere il suo capitolo terreno fatto di sofferenza fisica, di mancanza di affetti stabili e di una propria famiglia. Quanto avrebbe perso l’umanità senza le note della sonata Appassionata o della Nona sinfonia non è dato sapere. Perché quelle note le abbiamo, ci entrano, ci appassionano, entusiasmano, addolorano. Troviamo questo complesso mondo emotivo nel cosiddetto testamento indirizzato ai fratelli, uno citato, Kaspar Karl e uno sottinteso con i puntini di sospensione dove avrebbe dovuto comparire Nicolaus Johann. Già, Johann un nome che il Ludwig vuole dimenticare: quel padre alcolizzato e autoritario non in grado di sostenere i figli nella loro crescita. In tutti gli scritti del musicista sia nel testamento di Heiligenstadt che nei quaderni di conversazione il nome del padre e del fratello omonimo non viene mai citato.

Ai Quaderni di conversazione scritti tra il 1818 e il 1827, anni in cui il problema all’udito si acuisce e la sordità diviene completa, Beethoven affida la sua quotidianità. Dal disagio fisico, alle beghe giudiziarie per l’affido del nipote Karl, figlio della cognata Johanna. Un Ludwig che si occupa di interessi bancari, di conti da far quadrare giorno dopo giorno. Troviamo quindi la retta per il tutore del nipote, oltre che la scelta delle figure cui affidarlo per toglierlo dall’influenza materna, la stufa da scegliere per rendere vivibile l’ambiente, sarà di ceramica più efficiente di quella metallica. E ancora il suo ritratto più famoso opera di Joseph Karl Stieler, mentre compone la Missa Solemnis in D. Quante volte ci si sofferma su quello sguardo, severo? Ispirato, Deciso? Irato? Tutti questi aggettivi insieme. Gli occhi rivolti verso l’alto come spesso fanno le persone che non sentono perché i suoni a loro vengono da dentro, dal cervello che sta sopra. L. V. Beethoven si mette in posa, una due tre volte per ore senza protestare, lui che è sempre pieno di impegni sta in posa paziente come chiede il pittore. Quante note percorrono la sua mente possiamo solo intuirlo. E troviamo anche un Beethoven a cena con gli amici, sempre con il suo quaderno in mano, unico strumento per comunicare, per continuare il dialogo con gli altri e per condividere un bicchiere di fresco vino Tokaji.
Sandro Cappelletto traduce e commenta i quaderni permettendo al lettore di scoprire un Beethoven appassionato di lettura, altro elemento che lo conforta, filosofia e arte. Interessato nel contempo agli avvenimenti sociali e politici delle prime decadi del 1800. E sono sempre presenti emozioni forti: passione, sofferenza, eccitazione, dolore, trionfo, dolcezza. Emozioni che ci vengono trasmesse dalla sua musica come quando si ascolta a occhi chiusi l’Eroica dedicata Napoleone che “tradisce” il pensiero di Ludwig, oppure il dolcissimo incedere della sonata per Elisa.

Alberta Vittadello