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Pascoli e cambiamenti climatici

Sono molti gli studi sui cambiamenti indotti dall’innalzamento delle temperature nelle zone alpine, citiamo per tutti, a livello internazionale, GLORIA (Global Observation Research Initiative in Alpine Environments) e a livello locale gli osservatori meteo del Centro Meteorologico Lombardo e A.R.P.A.

Tutti gli studi e i monitoraggi mettono in rilievo come gli effetti del riscaldamento globale si riflettano proprio sulle specie botaniche, in particolare sui versanti esposti a sud delle Prealpi, nei quali si assiste ad un rapido innalzamento della quota media di presenza di alcune essenze, fino a documentare alcune estinzioni locali, laddove l'altitudine limitata non consente ulteriori spostamenti. Infatti un aumento della temperatura in aree montuose si traduce in una "forza trainante", che innesca flussi migratori di specie verso quote più elevate.

Nel 2007 l'Università di Pavia ha pubblicato uno studio che ha dimostrato come le piante del gruppo del Bernina, sulle Alpi valtellinesi, negli ultimi 50 anni siano risalite in quota in modo consistente a causa del cambiamento climatico. Lo studio ha confrontato i dati raccolti nel 1959 dal botanico Augusto Pirola con quelli raccolti dai ricercatori dell'Università tra il 2003 e il 2005. Cinquantasei sono le specie migrate a quote più alte da 10 a 430 metri, tra cui la farfara e la genziana della Baviera, 25 sono le specie "nuove" trovate dai ricercatori, 15 quelle di cui si sospetta la scomparsa, a fronte di un aumento medio della temperatura nella zona di 1,2°C.

Le implicazioni a livello di sistema agrosilvopastorale sono ancora più gravi di quanto non siano quelle a livello di biodiversità; basti pensare che le specie foraggere rappresentano, secondo la FAO, la risorsa principale per la sopravvivenza di circa un miliardo di persone. Nelle regioni alpine italiane la superficie occupata da praterie e pascoli permanenti ammonta a circa 1.5 milioni di ettari, di cui gran parte localizzati in aree marginali dove svolgono, oltre a quella produttiva, numerose altre funzioni chiave per la vita dell’uomo (tutela e protezione del suolo, paesaggistica, turistica, ecc.).

Relativamente all’impatto dei cambiamenti climatici futuri, i risultati evidenziano effetti non rilevanti sulle aree a pascolo (riduzione massima della superficie -17%); maggiori preoccupazioni riguardano la loro composizione. Infatti, ad eccezione dei pascoli dominati da specie xeriche e dai Nardeti, che mostrano rispettivamente evidenti espansioni o lievi riduzioni, le condizioni climatiche future determineranno rilevanti contrazioni dell’areale di tutte le altre formazioni analizzate. Nello specifico, i macro tipi caratteristici delle zone più elevate (Firmeti, Seslerieti, Curvuleti) e quelli più rari (Pascoli ricchi) saranno quelli che presenteranno le riduzioni maggiori. Già a metà del secolo si prevede infatti la loro totale scomparsa.

A livello locale, gli studi condotti da GLORIA mettono in evidenza che il 60% di specie della flora delle Orobie rischia l'estinzione nel corso dei prossimi 80 anni.

Sulla base dei risultati ottenuti, il progressivo abbandono della gestione dei pascoli  e le contemporanee variazioni climatiche in atto comporteranno il reale rischio di perdere la peculiare biodiversità degli ecosistemi pastorali alpini.

La preoccupazione per questo fenomeno spinge anche associazioni locali a discuterne e a divulgare i risultati degli studi e dei monitoraggi attuati. A Oltre il Colle in Val Serina, sabato 13 luglio si è tenuto il terzo convegno meteo delle Orobie, promosso dall'Associazione Ultracollem e dal Centro Meteo Lombardo, durante il quale il metereologo Mazzoleni e altri esperti hanno cercato di dare risposte alle domande che anche il cittadino comune si pone.

La Regione Lombardia e in particolare la conca di Oltre il Colle, sono la parte più monitorata d'Italia per ciò che concerne la registrazione dei dati meteo soprattutto in quote elevate (osservatori meteo del Centro Meteorologico Lombardo e A.R.P.A.). Nel Convegno è stato presentato anche il nuovo Atlante di Meterologia Lombardo con ampi spazi dedicati alla zona bergamasca.

Con questa e altre iniziative simili, oltre agli studiosi e agli addetti ai lavori anche il cittadino comune, il turista e l’escursionista, possono prendere conoscenza dei problemi legati ai cambiamenti climatici nell’area alpina.

Fonte: Accademia dei Georgofili