Introduzione
Gli effluenti zootecnici rappresentano una risorsa interessante in quanto contengono ancora buone quantità di sostanza organica e nutrienti. Da sempre sono utilizzati in agricoltura per il ripristino ed il mantenimento della fertilità dei suoli e per l’apporto di nutrienti alle colture, anche se in certi contesti territoriali, caratterizzati da elevata intensità zootecnica, questa pratica agronomica può rappresentare un elemento di forte criticità per quanto riguarda l’insorgenza di problemi legati alla salvaguardia ambientale. Attualmente vengono ampiamente sfruttati anche in ambito energetico, attraverso processi di digestione anaerobica per la produzione di biogas (e quindi di energia).
Un approccio alternativo per la loro valorizzazione è legato all’idrolisi delle fibre lignocellulosiche, in particolar modo cellulosa ed emicellulosa, fonti di zuccheri fermentescibili, che possono essere successivamente impiegati nella produzione di etanolo o altri prodotti (Sun and Cheng, 2002; Chen et al., 2003).
Il ricorso al loro impiego nel settore delle rinnovabili nasce dall’esigenza di sostituire i carburanti fossili con una percentuale di biocarburanti pari al 10% (direttiva Clima Energia “20–20–20”) e dalla necessità di promuovere lo sviluppo di filiere agro energetiche sostenibili. Il recente decreto legislativo 3 marzo 2011 nr 28 fissa per l’Italia una quota minima di sostituzione degli attuali combustibili di origine fossile con biocarburanti, calcolata sulla base del tenore energetico, pari ad un 5% da conseguire entro il 2014. Inoltre, la Commissione Europea ha pubblicato lo scorso 17 ottobre 2012 una proposta di Direttiva volta a limitare, a livello mondiale, la conversione dei terreni per la produzione di biocarburanti e stimolare quindi lo sviluppo di biocarburanti alternativi, detti anche di seconda generazione, derivati da materie prime non alimentari.
Affinché la filiera di produzione di biocarburanti sia completa e possa assumere carattere virtuoso è molto importante l’approfondimento relativo alla gestione degli scarti di processo. In particolar modo è oggetto di studio la gestione dei nutrienti in eccesso, di cui sono molto ricche le deiezioni zootecniche, così come gli scarti di processo tipo digestati e borlande, in considerazione del fatto che, fermentazione alcolica e digestione anaerobica non modificano di fatto sostanzialmente i quantitativi di azoto e fosforo.
Una possibilità, attualmente ancora oggetto di sperimentazione, è quella della valorizzazione di queste matrici liquide per la produzione di microalghe, nuova biomassa potenzialmente utilizzabile in molti e diversi settori (agronomico, alimentare o nutraceutico, bioenergetico).
Nell’ambito del progetto ZOOTANOLO (grafico 1), il cui obiettivo principale è stato quello di verificare la possibilità di estendere l’utilizzo dei reflui zootecnici anche ad altri settori oltre a quello agronomico, come ad es. la produzione di biocarburanti alternativi (bioetanolo), si è testata anche la coltura di microalghe sui sottoprodotti di distillazione, con l’obiettivo principale di ridurre il contenuto di nutrienti delle borlande.