Gli effluenti zootecnici nella filiera di produzione del bioetanolo

La composizione degli effluenti di allevamento varia moltissimo in funzione di specie, età, stato di salute e finalità produttiva dell’allevamento (carne, latte, lana, lavoro). Essi contengono differenti tipologie di molecole di interesse: polisaccaridi di riserva e strutturali, proteine e grassi.

Il più comune e importante utilizzo dei reflui zootecnici è legato alla distribuzione in campo per il mantenimento della fertilità dei suoli. Assai diffuso negli ultimi anni lo sfruttamento per la produzione di energia elettrica e calore attraverso il processo di digestione anaerobica. Più recente la loro comparsa nel settore dei biocarburanti: dal biogas infatti, si arriva al biometano utilizzando tecnologie già mature (www.biomaster-project.eu), mentre altre opzioni, come il bioetanolo, sono ancora oggetto di attività sperimentale.

Quest’ultimo approccio interessante ed innovativo si basa appunto sulla conversione delle fibre contenute nei reflui per la produzione di monosaccaridi attraverso l’idrolisi delle catene di glucosio e xilosio che compongono le fibre lignocellulosiche (Chen et al., 2004; Wen et al., 2005). L’idrolisi dei materiali lignocellulosici è stata molto studiata a partire dagli anni ’70 (Wen et al., 2004) e i due metodi maggiormente utilizzati sono idrolisi acida ed enzimatica (Sun and Cheng, 2002; Galbe and Zacchi, 2002 – 2007).

I risultati sperimentali ottenuti da alcune esperienze precedenti hanno dimostrato una produzione di glucosio pari a 11,32 g/100 g su campioni di deiezioni bovine, che corrisponde quindi circa ad un 40 % di conversione della fibra contenuta (Chen et al., 2003). I liquami/letami sono materiali fibrosi molto particolari e differiscono dalle altre matrici lignocellulosiche considerate per questo scopo, proprio per la presenza di elevate concentrazioni di azoto.

Pertanto, passaggio preliminare per considerare queste biomasse nella filiera di produzione di biocarburanti è quella della caratterizzazione preliminare e della verifica del contenuto in termini di fibra, ovvero cellulosa ed emicellulosa, macromolecole coinvolte nella liberazione di zuccheri riducenti attraverso reazioni idrolitiche specifiche (Tabella 1).

Tabella 1 – Caratterizzazione preliminare e dei carboidrati strutturali e di riserva coinvolti nella produzione di zuccheri fermentescibili. Non sono state trovate quantità significative di amido e ß-glucani sia nei campioni di deiezioni bovine che nei campioni di pollina

Campioni

SS
%

SV
% ss

Ceneri
% ss

Cellulosa
% ss

Emicellulosa
% ss

Lignina
% ss

Amido
% ss

β-glucani
% ss

Liquame
manze

11.90

87.80

12.20

14.40

16.10

13.10

Indet.

Indet.

Liquame
VdL

10.00

79.80

20.20

9.30

19.80

9.20

Indet.

Indet.

Letame
VdL

19.90

82.20

17.80

26.80

17.40

7.90

Indet.

Indet.

Liquame
VdL SS

21.10

91.10

8.90

28.30

22.10

14.80

Indet.

Indet.

Pollina
Broiler 1

65.00

80.60

19.40

18.6

17.7

3,70

Indet.

Indet.

Pollina
Broiler 2

58.00

89.00

11.00

47.4

21.4

4,60

Indet.

Indet.

Pollina
ovaiole

23.00

61.40

38.60

11.4

23.2

2.00

Indet.

Indet.

Liquame
suino 1

24.30

82.90

17.10

11.5

21.1

1.6

3.2

1.5

Liquame
suino 2

14.90

84.50

15.50

15.2

28.4

2.2

2.5

2.1

Liquame
suino 3

19.60

72.70

27.30

18.5

18.5

1.2

3.9

1.9

A fronte delle numerose prove sperimentali condotte, il trattamento di queste matrici per l’ottenimento di bioetanolo necessita di una serie di pretrattamenti di diluizione e omogeneizzazione a monte dell’intero processo, soprattutto per i campioni palabili. Successivamente è stata introdotta l’idrolisi enzimatica della durata totale di 70 ore, con enzimi commerciali α-amilasi e β-glucanasi, cellulasi ed emicellulasi utilizzati seguendo le specifiche fornite. Per migliorare le rese ottenute, sui campioni più promettenti è stata introdotta una preidrolisi acida (sono state condotte diverse prove con acido solforico a diverse concentrazioni, 2 – 5 %) sono stati suddivisi in bottiglie da 1000 ml e quindi portati in autoclave per 20 min a una temperatura di 121 °C. Dai dati emersi la concentrazione migliore scelta è del 3.5 % in rapporto 1:5 p/p (Bona et al., 2011).
La fermentazione alcolica si è realizzata grazie all’azione di Saccharomyces cerevisiae e Pichia stipitis (DSMZ e collezione NRRL), in co-fermentazione per produrre etanolo sia dagli zuccheri esosi, sia da quelli pentosi. Infatti le catene di cellulosa liberano, come monosaccaridi, zuccheri a sei atomi di carbonio, mentre l’emicellulosa libera zuccheri a cinque atomi di carbonio.