Il riscaldamento globale, le emissioni di gas serra da parte dei bovini e la sostenibilità della produzione di latte

di Mauro Antongiovanni

Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente Facebook

Un articolo comparso l’8 novembre 2023 su “Georgofili Info”, Notiziario di informazione
a cura dell’Accademia dei Georgofili

Le attività umane legate all’agricoltura, ovvero alla produzione degli alimenti senza i quali non saremmo vivi, sono spesso considerate come le principali responsabili del pericoloso aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera. I tanti “esperti”, sempre presenti in televisione, sui giornali e sui “social”, non si fanno scrupolo di propinare dati spesso falsi, senza vergogna.
Per chiarirci le idee su come stanno verosimilmente le cose, diamo un’occhiata alla recente pubblicazione della FAO dal titolo “Methane emissions in livestock and rice systems. Sources, quantification, mitigation and metrics” del 25 settembre 2023.
Per prima cosa si identifica nel metano il più pericoloso gas serra carbonico in termini di influenza nei riguardi del riscaldamento globale. Per seconda cosa si indicano nella zootecnia e nella risicoltura le due attività agricole maggiormente responsabili della produzione di metano. Ovviamente non si può fare a meno né dell’una, come vorrebbero i vegani, né dell’altra, senza la quale gran parte gli abitanti dell’Asia e dell’Africa non avrebbero di che sostentarsi.
La pubblicazione, frutto del lavoro di ricerca di ben 54 esperti internazionali facenti capo alla LEAP (Livestock Environmental Assessment and Performance Partnership), indica quali potrebbero essere le strategie per limitare le emissioni prodotte dai due settori produttivi citati. Il metano, secondo questo rapporto, pesa per circa il 20% del totale di gas serra emessi in atmosfera, ma vale circa 25 volte più dell’anidride carbonica in termini di contributo al riscaldamento globale. Si stima che le emissioni di metano, da sole, contribuiscano ad aumentare di 0.5° Celsius la temperatura globale. Pertanto, il loro controllo è importante ai fini di raggiungere i parametri dell’accordo di Parigi del 2015.
Più di 150 Paesi si stanno impegnando per ridurre del 30% le emissioni di metano entro il 2030 per arrivare a non superare un incremento di temperatura di più di 0.2° Celsius entro il 2050. Tutto ciò rientra nei programmi “FAO Strategy on Climate Change” e “Strategic Framework 2022-2031”. Gli obbiettivi dichiarati, raggiungibili attraverso uno sforzo olistico, sono una miscela di “migliori produzioni, migliore nutrizione, migliore ambiente e migliore vita”, il tutto identificato come “the Four Betters”.
Il rapporto attribuisce le altre fonti di metano alla gestione delle discariche, ai sistemi di estrazione del petrolio e dei gas naturali, alle miniere di carbone. Circa il 32% delle emissioni totali di metano deriva, invece, dai processi fermentativi enterici dei ruminanti e dalla gestione dei loro letame e liquami. Mentre un altro 8% proviene dalla risicoltura.

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