“Mangiare come un porco”. E se la scienza ci dicesse che per perdere peso dobbiamo mangiare come i maiali?

a cura di Valentina Marino (da gamberorosso.it)

Secondo un recente studio statunitense, le numerose analogie fra umani e suini dovrebbero far riflettere i nutrizionisti e cambiare il nostro modo di mangiare.
Di certo nessuno ci aveva mai pensato. Finché Theo van Kempen e Ruurd Zijlstra, agronomi ed esperti in nutrizione suina, non hanno pubblicato una dettagliata ricerca secondo la quale la strategia vincente per perdere peso e rimanere in forma e in buona salute sarebbe quella di “mangiare come un porco”.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Metabolites e ripreso su “Cibo”, l’inserto mensile del quotidiano Domani, dalla nutrizionista Ilaria Verderame, è un articolato resoconto scientifico corredato da analisi complementari e tabelle esplicative che prende in considerazione tutti gli aspetti fisiologici e organici che abbiamo in comune con i suini.
Siamo entrambi onnivori, consumiamo vegetali, radici, frutti, uova e carne, abbiamo apparati digestivi e sistemi metabolici simili, tant’è che le prime insuline non sintetiche per il trattamento del diabete di tipo I sono state estratte e purificate dal pancreas di maiali e mucche. Il tutto per arrivare alla conclusione che del maiale non si butta via niente, neanche le abitudini.

Quando e quanto mangiano i maiali?

Secondo quanto riportato dai due ricercatori i suini tenuti in isolamento con accesso libero al cibo – il corrispettivo per noi della colazione a buffet in un cinque stelle, più o meno – non si abbuffano mai, bensì “spiluccano” in più riprese e a intervalli regolari – prima mattina e tardo pomeriggio, perlopiù – seguendo i loro bisogni metabolici e le variazioni ormonali nel corso della giornata.

Se al contrario sono costretti a mangiare secondo uno schema non naturale e hanno un accesso limitato al cibo, i dominanti del gruppo seguiranno le loro abitudini, mentre quelli di rango inferiore cercheranno di mantenere la routine compensando le carenze quando i loro “superiori” lasciano campo libero. Questi ultimi però diventano più facilmente “cicciottelli” proprio in risposta allo squilibrio dei ritmi naturali di nutrizione.
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