L’Italia e il PNRR, tra opportunità e ritardi


Di Alessandro Campiotti

A meno di due anni dalla fine del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) l’Italia ha speso solo il 30% delle risorse erogate dalla Commissione europea. Inoltre, le numerose revisioni programmatiche e le difficoltà di coordinamento nell’attuazione dei progetti minano le potenzialità di crescita economica del Paese.

Tra i numerosi temi che hanno alimentato il dibattito pubblico e mediatico degli ultimi anni, molta attenzione è stata certamente rivolta al PNRR, acronimo che identifica il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ovvero la declinazione italiana del più ampio Programma europeo Next Generation EU (NGEU), lanciato dall’Unione europea (UE) nel 2020 per far fronte alla grave crisi sanitaria economica e sociale scatenata dalla pandemia da Covid-19. Il Programma NGEU, entrato in vigore nel febbraio del 2021, è stato finanziato con 723,8 miliardi di euro da erogare agli Stati membri dell’UE entro il 2026, di cui 338 sotto forma di sovvenzioni e 385,8 sotto forma i prestiti a tassi agevolati. Coerentemente con il NGEU, il PNRR italiano si rivolge in particolare al futuro delle nuove generazioni, ed è stato disegnato con l’obiettivo di intervenire nell’ambito di sette principali missioni, che vanno dalla transizione ecologica alla trasformazione digitale, dalla coesione sociale e territoriale al potenziamento delle infrastrutture, agendo al contempo sui settori della salute, dell’istruzione, della ricerca e dell’energia.

Come è noto, l’Italia è stato il Paese che più di tutti ha beneficiato dei finanziamenti europei, portando a casa un importo totale di 194,4 miliardi, di cui 71,8 come sovvenzioni e 122,6 come prestiti. Contrariamente a quanto si possa pensare, l’entità della dotazione finanziaria erogata ai diversi Paesi è stata definita matematicamente da un algoritmo messo a punto dalla Commissione europea, che, considerando una serie di parametri, come il numero delle vittime da Covid-19 e la consistenza dei danni economici, ha commisurato la mole di finanziamenti allo shock socio-economico causato dalla pandemia. In questi anni le risorse europee sono state erogate con una cadenza semestrale, e ad oggi l’Italia ha già ottenuto oltre 140 miliardi, tuttavia sconta un grave ritardo sulla tabella di marcia relativa al raggiungimento degli obiettivi, che dovrebbero essere conseguiti entro il 30 giugno 2026.

A questo proposito, un recente rapporto pubblicato dalla Fondazione ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) fa il punto sullo stato di attuazione del PNRR, sottolineando che all’inizio del 2025 è stato speso solo il 30% dei 194 miliardi spettanti all’Italia. Inoltre, viene segnalato che i fondi fin qui allocati sono andati a finanziare una miriade di oltre 250.000 interventi lungo il territorio nazionale – localizzati per il 45% al Nord, per il 35% nel Mezzogiorno e per il 17% nel Centro – di cui hanno beneficiato soprattutto i centri con oltre 250.000 abitanti, a discapito di quelli minori, spesso dotati di amministrazioni con un personale carente di figure specializzate. Un tale numero di progetti – molti dei quali presumibilmente di entità limitata – ha determinato una situazione di eccessiva frammentazione rispetto agli interventi strutturali che il PNRR ambisce a perseguire. Per queste ragioni, nel corso degli anni, l’Italia ha più volte ricorso alla possibilità di effettuare delle revisioni programmatiche rispetto ai piani iniziali, e questo ha alimentato ritardi e incertezze nell’attuazione dei progetti.

Inoltre, va ricordato che tra gli attori in gioco nella macchina operativa, oltre alle pubbliche amministrazioni, come ministeri, regioni e comuni, c’è il settore delle imprese private, responsabile della realizzazione pratica delle opere, e pertanto tra i principali beneficiari delle risorse del PNRR. A tale riguardo, Assonime (Associazione italiana delle società per azioni), ha recentemente messo in evidenza che le numerose revisioni apportate al PNRR hanno alimentato nel tempo un clima di instabilità e incertezza tra gli operatori del mercato, i quali ravvisano una sostanziale difficoltà di pianificazione, insieme al rischio di partecipare a bandi pubblici che potrebbero essere modificati o cancellati. Tali ragioni hanno contribuito a ridimensionare le stime dell’impatto del PNRR sulla crescita dell’Italia, e allo stesso tempo sollevano una riflessione in merito alle potenzialità del Sistema Paese di poter assorbire in modo efficiente la notevole quantità di denaro erogata. Infine, occorre tenere presente che la gran parte dei finanziamenti che non promuoveranno dei risultati proficui in termini economici, sociali e ambientali, andranno ad alimentare il debito pubblico nazionale, che ha da poco superato il tetto dei 3000 miliardi di euro.

Per approfondire:

Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) Fondazione IFEL-Ufficio Studi e Statistiche Territoriali, Lo stato di attuazione del PNRR e il ruolo dei comuni, Edizione 2024. https://www.fondazioneifel.it/documenti-e-pubblicazioni/item/download/6097_fa13d15c44978814194189de3bf0c4ee.

Assonime (Associazione italiana delle società per azioni), Note e Studi 1/2025 – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Lo stato di attuazione, 20/02/2025.

Italia Domani (2021). Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, #NextGenerationItalia, Roma.

Presidenza del Consiglio dei ministri (2024). Quarta relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (febbraio 2024), Roma.

Immagine di intestazione: Italia Domani, Presidenza del Consiglio dei Ministri.