I 4.3 Concimazione organica con prodotti di scarto

La fertilizzazione è una pratica agricola ben collaudata e l’uso di prodotti di sintesi chimica ovvero di fertilizzanti minerali ha reso questa pratica più rapida e meno costosa, ma con alcuni rischi di carattere ambientale; i fertilizzanti di origine organica hanno invece la duplice funzione di apportare nutrimento alle piante e di migliorare la struttura del suolo agricolo.

Progetti innovativi dimostrano la possibilità di impiegare scarti, in genere di difficile smaltimento, per produrre concimi organici di qualità. Gli indotti creati possono creare dei meccanismi virtuosi di risparmio energetico ed economico nonché di salvaguardia ambientale.
Le ricerche evidenziano la possibilità di ottenere concimi organici da:

  • lana grezza o vecchi indumenti;
  • scarti di lavorazione della concia
  • biochar da acque reflue
  • scarti di coltivazioni orticole intensive protette

Recupero di lana grezza o vecchi indumenti

Attraverso un processo innovativo che prevede un impianto di idrolisi verde, è possibile trasformare in fertilizzante organico sia la lana di vecchi indumenti sia quella degli scarti di tosatura.
Il meccanismo sfrutta acqua surriscaldata e, attraverso un processo pulito di lavorazione, si ottiene lana idrolizzata, un fertilizzante organico che aumenta il contenuto di carbonio e la capacità di trattenere l’acqua del terreno evitando l’uso di concimi di sintesi.

Il progetto, che presenta un’alta elevata sostenibilità ambientale, può avere anche interessanti ricadute dal punto di vista economico se si pensa che secondo la normativa europea la cosiddetta lana sudicia, cioè grezza non lavata, ottenuta dopo la tosatura, è un rifiuto speciale e richiede quindi costi di smaltimento notevoli. Poiché abbandonare la lana sudicia nei campi è illegale, la tecnologia messa a punto dall’ISMAC-CNR rappresenta un modo efficace per riciclare questo tipo di biomassa, migliorando anche la qualità di pascoli e terreni.
Per il momento il processo è in fase di sperimentazione all’interno del progetto “GreenWoolf”, finanziato dall’Unione Europea con il programma Life+.
Per aggiornamenti vedere il link del progetto GreenWoolf.

Recupero degli scarti di lavorazione della concia

Studi recenti confermano la possibilità di impiegare in agricoltura gli scarti di lavorazione della concia effettuata con gli idrolizzati di cromo e l’alto livello qualitativo del concime da esso derivato.
L’uso di concimi ottenuti dagli scarti del pellame nel processo della concia è stato a lungo evitato proprio per la potenziale tossicità dovuta alla presenza di cromo, ma adesso, alla luce delle nuove tecniche di concia, va rivalutato, incrementato e promosso.
La presenza di cromo, infatti, rendeva inutilizzabili in quanto inquinanti tali scarti e reflui. D’altra parte, il cromo rappresenta uno dei pilastri della concia in quanto si lega alle proteine delle pelli rendendo quest’ultime indefinitamente più stabili e idonee alla lavorazione.
Gli studi effettuati negli ultimi anni hanno messo in evidenza come sia possibile usare nella fase di concia degli idrolizzati di cromo ottenendo risultati analoghi all’impiego tradizionale del cromo ma con grandi vantaggi per gli scarti e reflui di lavorazione. Tali idrolizzati non solo possono essere reimpiegati nella fase di concia, ma gli stessi scarti di lavorazione possono essere trasformati in concimi di alta qualità. Infatti, negli idrolizzati, il cromo mantiene stabili i legami con le sostanze proteiche delle pelli, conferendo ai concimi una capacità di rilascio condizionato alle esigenze vegetali. Tali caratteristiche rendono questi fertilizzanti unici e apprezzati in tutto il mondo.
E utile specificare che il cromo trivalente non rappresenta un pericolo per l’ambiente, al contrario del cromo esavalente. Il cromo III “intrappolato” negli idrolizzati che a loro volta sono legati in modo stabile alle proteine, non è più in grado di ossidarsi e quindi di trasformarsi nel pericoloso cromo VI.
L’impiego in agricoltura risulta quindi possibile e, dato l’alto contenuto proteico di questo concime, i risultati ottenuti sono molto buoni.
Un esempio pratico in Italia è dato dal comprensorio toscano della zona di S. Croce sull’Arno, dove i fanghi prodotti dal processo di concia vengono completamente riutilizzati in agricoltura.

Biochar da acque reflue

Il Biochar Terra Preta è un carbone creato dalla pirolisi della biomassa. Il Biochar può aumentare la fertilità del suolo, sollevare la produttività agricola e ridurre la pressione sui boschi. È un solido stabile, ricco di carbonio e può tenerlo nel terreno per migliaia di anni.
Il Biochar può essere ottenuto anche dai fanghi delle acque reflue, ma il suo impiego era limitato dato l’alto contenuto in sali, metalli e composti organici tossici. Nuovi studi hanno portato alla formazione di Biochar impiegabile in agricoltura con ottime proprietà di ritenzione dell’umidità, pH e attività biologica.

Compost da scarti di coltivazioni orticole intensive protette

I residui agricoli prodotti dalle coltivazioni orticole intensive protette sono generalmente problematici da smaltire, ma alla luce delle nuove tecniche di compostaggio, proprio queste biomasse agricole possono diventare sono una straordinaria risorsa.
La produzione di compost è realizzabile all’interno dell’azienda stessa con bassi costi e, allo stesso tempo, risolvendo il problema dello smaltimento dei residui agricoli di coltivazione.
Nel progetto “BioCompost” il perno del sistema è la piattaforma di compostaggio a insufflazione attiva di aria, realizzabile mediante tubazioni di gomma forate nelle quali l’aria è immessa, periodicamente, mediante una ventola o un compressore, al fine di assicurare un’adeguata areazione della biomassa senza operare il rivoltamento della stessa. Assicurando anche un’adeguata bagnatura dei cumuli, nel giro di 4-5 settimane si ottiene un compost che completerà la sua maturazione anche spostandolo a lato della piattaforma di insufflazione, permettendo così di liberare quest’ultima per un successivo ciclo di compostaggio.
Il sistema di compostaggio proposto da Biocompost è assolutamente economico e di facile gestione. Il compost maturo (ottenuto dopo circa tre mesi) può essere utilizzato come fertilizzante nel suolo oppure per la produzione, sempre in azienda, di un biostimolante e fungicida denominato "tè di compost". Questo è prodotto ponendo del compost in acqua e insufflando periodicamente nel liquido aria per alcuni giorni, al fine di permettere lo sviluppo di microrganismi utili e l’estrazione di sostanze nutritive dal compost. Il liquido prodotto, opportunamente diluito, può essere somministrato alle piante per via radicale o fogliare. Quest’ultimo tipo di trattamenti hanno permesso di incrementare la produzione di peperone e di cavolo-rapa coltivati sotto serra rispettivamente del 23% e del 35%.


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