II 3.8 L’uso delle acque salmastre in agricoltura: effetti sul suolo

II.3.8 L’uso delle acque salmastre in agricoltura: effetti sul suolo

L’acqua dalle fonti di approvvigionamento raggiunge le unità colturali mediante canali di adduzione ed è quindi distribuita alle colture in modi differenti a seconda del metodo irriguo adottato. Parte di questa acqua viene dispersa nell’atmosfera per evapotraspirazione; la restante parte, variabile in funzione del metodo irriguo, della sua efficienza e del volume richiesto per la lisciviazione dei sali, confluisce nei canali di raccolta degli impianti di drenaggio e delle acque di sgrondo superficiali; ciò che non viene intercettato dai dreni, si incanala nelle vie naturali di scorrimento sottosuperficiale. Generalmente, nel breve termine, il risultato agronomico dell’irrigazione è soddisfacente e non si osservano effetti negativi sul suolo e sulle colture anche se si utilizzano, con le dovute tecniche, acque saline.

Nel lungo termine, tuttavia, possono manifestarsi una serie di problemi di carattere ambientale, tra i quali:

  • la riduzione della produttività del suolo per accumulo di sali;
  • l’inquinamento degli acquiferi da sali e pesticidi veicolati dalle acque di drenaggio;
  • rischi per la salute pubblica per l’inquinamento delle fonti di acqua destinata ad usi civili;
  • l’inquinamento e danno degli ecosistemi a valle del comprensorio alimentati dalle acque di risulta dell’area irrigua.

Il deterioramento del suoloè indubbiamente l’effetto negativo più noto della pratica irrigua, e si manifesta direttamente sui suoli agricoli. L’acqua persa per evapotraspirazione è infatti essenzialmente pura, per cui i sali apportati con l’acqua d’irrigazione, anche se dolce, si concentrano nel suolo. Utilizzando un’acqua di buona qualità comunque si apportano al terreno notevoli quantità di sali; se questi non vengono allontanati per lisciviazione nelle acque di drenaggio, e l’irrigazione continua nel tempo, il progressivo accumulo renderà via via più grave il disturbo osmotico e l’effetto tossico di alcuni ioni nei confronti delle colture fino all’isterilimento del suolo.
I problemi di salinizzazione secondaria sono naturalmente accentuati quando si utilizzano acque dure, o in presenza di una falda salina superficiale, nei suoli con problemi di conducibilità idraulica e di drenaggio, nelle regioni aride e semiaride in cui all’ elevato flusso evapotraspirativo si associa la ridotta piovosità. Il degrado del suolo risulta quanto mai rapido ed irreversibile quando si utilizzano acque ad elevato contenuto in sodio o se si pratica l’irrigazione su terreni costituzionalmente sodici. Il rapido deterioramento strutturale che si manifesta in questi casi, particolarmente nei terreni colloidali, può rendere impraticabile la stessa agricoltura.

L’acqua distribuita alle colture in eccesso rispetto all’ evapotraspirazione drenando al di sotto della rizosfera ed infiltrandosi nel sottosuolo spesso solubilizza i sali di origine geologica che vanno quindi a sommarsi a quelli lisciviati dal suolo. Seguendo gli spesso imprevedibili percorsi sotterranei dell’ acqua, questi sali possono confluire a valle nei suoli agricoli e naturali, nelle falde superficiali o profonde o in fiumi o ruscelli o canali di superficie. In ogni caso il bilancio dei sali dell’intero sistema idrogeologico può essere completamente modificato rispetto a quello naturale esistente prima della progettazione irrigua; i sali che defluivano naturalmente alle foci dei fiumi, o quelli che erano concentrati in depositi sotterranei, sono costretti, infatti, a fluire attraverso il suolo, aumentando la loro concentrazione nelle acque che li veicolano. Questi problemi, tuttavia, si osservano quando i volumi d’adacquamento eccedono i fabbisogni irrigui delle colture (per inefficienza delle reti di adduzione o del metodo o per cattiva gestione a livello aziendale) e in caso di inadeguatezza o mancanza degli impianti di drenaggio.
Si assiste quindi ad un conseguente rischio di salinizzazione einquinamento dei corpi idricida parte delle acque di drenaggio. Il problema dell’inquinamento dei corpi idrici si pone comunque anche quando il comprensorio è dotato di un’efficiente rete drenante. L’acqua emunta dagli impianti, infatti, inquinata da sali e pesticidi, viene convogliata in canali di raccolta che, generalmente, sfociano in alvei naturali che disperdono nell’ambiente gli inquinanti lisciviati nelle aree agricole. A causa di questi afflussi, a cui eventualmente si sommano quelli sottosuperficiali, la concentrazione di inquinanti, generalmente, aumenta spostandosi verso la foce dei corsi d’acqua. Molto pesante infine può essere l’ impatto sull’ ecosistema.

Per conciliare le esigenze dell’agricoltura irrigua, e dei connessi problemi di salinità, con quelle di salvaguardia dell’ambiente, è necessario un approccio più olistico. Infatti, se l’irrigazione è il principale responsabile della salinizzazione delle acque e del suolo, le strategie per la protezione della loro qualità e dell’ambiente, nella salvaguardia delle produzioni agricole, richiede un’azione di ampio respiro. La soluzione adeguata richiede l’interdisciplinarietà di numerose competenze e le possibili strategie potrebbero includere:

  • l’eliminazione dell’irrigazione nelle aree particolarmente a rischio;
  • la riduzione della quantità di acqua persa per percolazione;
  • l’isolamento del drenaggio delle acque reflue saline evitando che contaminino le acque di buona qualità e la destinazione di tali acque ad usi alternativi o a trattamenti di risanamento.

I volumi di adacquamento superano abbondantemente i fabbisogni delle colture; pertanto una maggiore efficienza dei sistemi irrigui e una più corretta programmazione possono certamente contribuire alla riduzione del drenaggio.


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