III 3.2 Esempi di contenimento della deriva: le siepi

La direttiva 2009/128/CE introduce anche la necessità di mettere in atto misure di mitigazione del rischio per le acque superficiali e gli organismi non bersaglio. Il rischio per gli organismi non bersaglio è legato alla dispersione ambientale e alla struttura del biotopo agricolo.

La deriva è un importante processo di dispersione ambientale dei fitofarmaci. Quando un fitofarmaco è applicato in un arboreto, una parte può raggiungere per deriva:

  • gli artropodi utili presenti in colture adiacenti o in aree non coltivate (siepi campestri);
  • i corsi d’acqua e le comunità acquatiche;
  • i residenti nelle vicinanze e i passanti.

L’acqua è un importante bersaglio della contaminazione da fitofarmaci. Nel 2010 nelle acque superficiali sono stati trovati residui nel 55% dei punti campionati, nel 34% dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità.

Per esempio, la deriva di etofenprox ha causato mortalità del 12% di K. aberrans, sia nella siepe, sia nella coltura adiacente. Negli altri casi la deposizione è stata ridotta, insufficiente per avere immediati effetti agronomici. Lo sviluppo di K. aberrans è stato indipendente dalla deriva e dalla presenza della siepe.

Gli effetti agronomici immediati della deriva di insetticidi/acaricidi (e fungicidi) sono ridotti. È molto più rilevante l’aspetto ecotossicologico. È sufficiente una deriva dello 0,1% a 10 m su un corso d’acqua poco profondo perché l’acqua non sia più potabile. Una deriva dello 0,2 % può avere effetti sulle comunità acquatiche. Modelli di rischio usati a livello europeo recepiscono questo importante aspetto. Le siepi campestri intercettano efficacemente la deriva, anche più del 90%. In assenza di ostacoli la deriva può espandersi per 12-15 m. Le siepi possono contenere la deriva al loro interno.

Ovviamente il fitofarmaco interferisce sullo sviluppo delle comunità di artropodi utili presenti nella siepe. La deposizione sulla siepe non è uniforme ma dipende dall’altezza e dalla strato (profondità) della siepe: in un certo strato può essere pericolosa per gli artropodi, in un altro no.
La deposizione può essere calcolata per ogni punto o sezione di siepe, ad esempio per sezioni di 1 m di spessore. Più la siepe è fitta, cioè più la porosità è bassa, minore è la deposizione (drift) al di là. Secondo il modello, con porosità del 20%, 1 m al di là della siepe si osserva in aria il 20% della dose. Gli effetti migliori si hanno per porosità fino al 35-40%. È molto importante che la porosità della siepe sia uniforme, dalla terra alla cima. La porosità ottica non dipende dalle specie che compongono la siepe. La diversità degli artropodi utili è invece legata alla diversità botanica della siepe.

Durante i trattamenti e le svolte sono possibili applicazioni involontarie alla siepe. In questi casi i danni da deriva sono ridotti (minori rispetto ad un trattamento). Non si deve però trattare la siepe.
Infatti le siepi sono:

  • le ultime strutture semi-naturali della pianura
  • una riserva di biodiversità
  • un elemento di lotta integrata e biologica

Il peso della mitigazione non deve ricadere solo sulle siepi (buffer zone) ma deve essere ripartito su più misure di mitigazione combinate tra di loro.
Una giusta combinazione di tipo di attrezzatura, modalità di applicazione e siepe può ridurre molto la deriva. In assenza di ostacoli, l’espansione libera è ampia, ma dipende dal tipo di attrezzatura.
La scelta dell’attrezzatura è la prima misura di mitigazione. Il filare è un ostacolo all’espansione, con efficacia variabile durante la stagione.
La coltura è la seconda misura di mitigazione.
Il verso di irrorazione è la terza misura di mitigazione, infatti il verso dell’irrorazione può essere scelto per rispettare le aree sensibili.
Le barriere verticali sono in grado di contenere l’espansione.
Le siepi campestri sono la quarta misura di mitigazione. Si possono costituire barriere antideriva anche con reti plastiche. Con una porosità del 64% si ha un’intercettazione del 30% delle goccioline.

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