* A zonzo nel Giardino della Biodiversità, il nuovo gioiello dell’Orto di Padova
Padova, domenica 5 ottobre 2014, ore 15.30, giornata assolata e tiepida. Entro nell’Orto botanico col mio biglietto singolo in attesa di aggregarmi a un gruppo di amici che inizierà tra poco il giro con una guida prenotata. Per alcuni disguidi la visita di gruppo non può cominciar subito, è stata spostata alle 16.30, troppo tardi, dato che l’Orto chiude alle 18. Non ho guida cartacea, né il mio tablet da interrogare, ma decido di far da sola facendomi guidare dalla curiosità. Scelgo di visitare la nuova ala appena inaugurata, Il giardino di vetro della Biodiversità, la magnifica parte antica la conosco già. Tanti visitatori, molte famiglie, gruppi con guida, anche se non tanti, per fortuna. Superato lo stretto passaggio verde con ponticello su canale interno, che unisce la parte vecchia con la nuova, si apre una visione straordinaria. L’ampia spianata, che ospita a sinistra, tutta in orizzontale, la lunga teca delle serre in acciaio e vetro, si chiude di fronte con la cornice suggestiva delle cupole di Santa Giustina accarezzate dal sole. A sinistra, in parallelo alla teca, cascate d’acqua e ninfee e fior di loto. Di fronte, sotto la cornice delle cupole, al confine con la serra della zona arida, le sale espositive. Comincio da lì: “Alles ist blatt” (“Tutto è foglia”) di Giovanni Frangi. Un omaggio a Goethe, immagino, che in visita a Padova trasse dalla palma di San Pietro, tra le piante più antiche dell'Orto, ispirazione per uno studio sulla metamorfosi delle piante.
Pitture murali dove segni essenziali e monocromatici tra il grigio e il bianco rappresentano rami, foglie, arbusti, ninfee. Chissà cosa sottende a questa scelta monocromatica. Poi, però, nella sala successiva, “Underwater”, sempre di Frangi, le tele di alghe, spugne e altre piante subacquee sono un’esplosione di arancio, verde, rosso.
Il tempo scorre, debbo entrare nelle serre. I pannelli illustrativi, le immagini, i filmati, i reperti, le applicazioni interattive, la tecnologia d’avanguardia, mi permettono di vedere e capire senza rimpiangere la guida. Tre i percorsi espositivi:
“La pianta e l’Ambiente”: migliaia di specie nel Giardino della Biodiversità sono distribuite in aree che simulano le condizioni climatiche dei biomi e ti accompagnano in un viaggio ideale attraverso la foresta pluviale tropicale, la foresta tropicale subumida e savana, il clima temperato e mediterraneo, il clima arido; la tundra alpina, artica e antartica; queste ultime in fase ancora di progettazione per problemi legati alla realizzazione e al mantenimento degli ambienti freddi.
“La pianta e l’uomo”, con l’interessantissima illustrazione della interazione e del reciproco percorso di coevoluzione tra l’intelligenza vegetale e quella umana.
“La pianta nello spazio”: filmati e simulazioni di viaggio come quella di un equipaggio nello spazio, o di un insediamento su Marte, approfondiscono possibili condizioni di vita extraterrestre; si fanno previsioni sugli effetti dell’inquinamento estremo; si prospetta l’ipotesi di un’era in cui saranno forse solo le alghe a nutrirci.
A zonzo tra le varie aree che simulano le condizioni climatiche dei biomi, e la corrispondente vegetazione nelle varie parti del globo, è un susseguirsi di emozioni. Similitudini e differenze tra piante che vivono anche da noi, ma sono originarie di altra parte del mondo, sono scientificamente illustrate. In alcune di quelle terre sono stata, molte piante di questo meraviglioso cantiere della Biodiversità le ho viste nel loro ambiente naturale in Australia, in Brasile, nella foresta amazzonica intorno a Manaus, in Messico, in India. Mi sento fortunata per i viaggi che ho fatto e per questa vetrina patavina che mi permette di riviverli.
I custodi cominciano a sollecitarci all’uscita, grazie alla gentilezza di uno di loro posso imboccare le scale che portano alla galleria da dove si ammirano le serre dall’alto. Uno sguardo veloce, ma una meraviglia in più.
Etta Artale