3.2.1. Gli “Orti di Nemo” in Liguria

Il progetto battezzato "l’Orto di Nemo" ha portato alla costruzione di un piccolo orto subacqueo a circa otto – dieci metri di profondità davanti alle coste di Noli, a non più di un centinaio di metri dalla linea di costa.

Due biosfere, due piccole serre subacquee ancorate sul fondale sabbioso del ponente ligure sono state il campo di prova di questo progetto sperimentale sviluppato con grande successo durante tutta l’estate. I molti dettagli attentamente curati si sono rivelati vincenti, aprendo le porte a nuove e affascinanti possibilità. A partire dagli ancoraggi al fondo, che sono simili a delle grosse viti avviate nella sabbia fin sotto il primo strato molto mobile, questo ha evitato quindi di introdurre in ambiente materiale estraneo e potenzialmente disperdibile come blocchi di calcestruzzo, riducendo così anche l’impatto ambientale della struttura che nel suo complesso era comunque di dimensioni ridotte, completamente amovibile e sprovvista di vernici o coperture capaci di contaminare le acque circostanti.

Le due biosfere in materiale vinilico trasparente avevano:

  • un volume di circa 800litri;
  • una struttura flessibile che era in grado di movimenti del mare con piccole fluttuazioni;
  • possedevano dei piani d’appoggio per consentire l’appoggio degli attrezzi dei moderni "contadini subacquei" e dei contenitori del terreno;
  • una base basculante per permettere al subacqueo agricolo di mettersi in piedi per svolgere i vari lavori all’interno della biosfera;
  • una valvola di sovra-pressione per consentire lo sfogo dell’aria che si trovava in eccesso quando, lavorando, si respirava nella biosfera.

I contenitori impiegati erano tutti a tenuta stagna e sono stati aperti direttamente dentro le biosfere, per evitare contaminazione con acqua salata durante il loro trasporto.
La semina è avvenuta direttamente dentro alla biosfera impiegando semi locali.
L’aria atmosferica intrappolata al momento dell’immersione della biosfera si è arricchita di vapore grazie alla trasparenza della biosfera, che alla profondità di posa era bene illuminata e quindi ha innescato un "ciclo dell’acqua" in miniatura: il sole ha scaldato la superficie dell’acqua che lambisce il fondo della biosfera, questo ha portato a fare evaporare l’acqua, l’acqua evaporata si è accumulata nell’aria della biosfera condensando sul terreno e tenendolo così sempre umido.
In tre giorni sono spuntati i primi germogli di basilico e la reazione di fotosintesi clorofilliana portata avanti da queste piante ha contribuito a regolare l’atmosfera all’interno della biosfera, assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno mentre i piccoli germogli crescevano. 

Una delle due biosfera è stata irrimediabilmente danneggiata da una mareggiata, ma ha dato l’opportunità di verificare che le grosse viti di ancoraggio non hanno recato danni al fondale. Infatti, la struttura flessibile della biosfera le ha permesso non rompersi ma bensì di oscillare fino al punto di allagarsi e dopo la mareggiata si è potuto recuperare completamente il materiale, evitando una dispersione di rifiuti in mare.

Nella biosfera che invece ha retto alla mareggiata i numeri sono fondamentalmente questi:

  • 62 giorni di operatività subacquea
  • 48 ore è il tempo passato dalla semina alla germinazione delle prime piantine
  • 52 i giorni passati dalla semina al primo raccolto
  • 85% è stato il tasso medio di umidità nelle biosfere, che quindi erano pressoché sature di umidità;
  • 20% è stato il tasso di illuminazione (rispetto all’illuminazione atmosferica) medio rilevato all’interno delle biosfere
  • 12  le persone coinvolte nel progetto.

Il raccolto è stato oggetto di analisi e confronti con delle semine fatte contestualmente a terra, e i primi dati ottenuti sono interessanti ma ancora in fase di valutazione.
I risultati analitici hanno messo in evidenza al momento i seguenti dati:

  • una freschezza e corposità aromatica sia dell’olio essenziale sia dello “spazio di testa”;
  • il contenuto in Alfa bergamottene in media con i valori tipici del basilico ligure;
  • il contenuto di Metil‐4‐Metoxy‐Cinnammato in quantità significativamente elevate rispetto sia ai campioni “test” coltivati al suolo sia ai valori medi del basilico normalmente coltivato nel bacino del Mediterraneo.

Fattori decisamente favorevoli per lo sviluppo del progetto sono stati la stabilità termica all’interno della serra e l’impossibilità per parassiti terricoli di arrivare a colpire queste colture.
L’implementazione di coltivazioni di tipo idroponico potrebbero far ulteriormente evolvere il progetto riducendo il quantitativo di terriccio necessario, materiale estraneo all’ambienta acquatico, e di conseguenza possibili inquinanti/contaminanti presenti nel terriccio.

Il campo di sperimentazione subacquea è stato costantemente monitorato da un innovativo sistema di videocomunicazione subacquea che consente un controllo video costante. Inoltre, un nuovo sistema di comunicazione "wi fi" ad ultrasuoni ha permesso ai coltivatori subacquei di comunicare tra di loro e con la superficie grazie a maschere subacquee "granfacciali" munite di microfoni e auricolari.
Al progetto ancora in fase di sperimentazione è interessata l’Arabia Saudita.