Paradiso vista infeno

Paradiso vista Inferno

 


Un volume prezioso quello di Chiara Frugoni sugli affreschi commissionati nel 1338 ad Ambrogio Lorenzetti dal Consiglio dei Nove nella Sala della Pace, nel Palazzo Pubblico di Siena. Prezioso per l’analisi del contesto storico, politico e sociale dell’epoca, e per il giudizio di manifesta propaganda politica degli affreschi che, con minuziosa analisi, la studiosa mette in risalto. Per la prima volta nel Medioevo non sono protagoniste figure già conosciute di uomini della Chiesa o laici di primo piano, ma rappresentanti del mondo comune di tutti i ceti sociali, anche i più poveri.
Il Consiglio dei Nove, così chiamato per il numero dei suoi componenti, appartenenti alla media-alta borghesia senese, per difendersi da accuse di chiusura politica, potere oligarchico o arbitrario, da una specie di Tirannide, insomma, affida a Lorenzetti il compito di illustrare una città ridente, dalla vita operosa e felice grazie al loro buon governo, in contrapposizione al mondo in cui regna la vera Tirannide con soprusi, egoismi, guerra, distruzione, carestia. "Paradiso vista Inferno", ecco  il perché del titolo. Come era possibile accusare di tirannia i Nove se consideravano i modesti commercianti, i contadini e gli umili lavoratori degni di essere protagonisti negli affreschi? Lorenzetti, pittore assai colto, con “L’Allegoria del Buono e del Cattivo Governo” realizza magnificamente, nelle tre pareti non finestrate della Sala del Consiglio dei Nove, la propaganda affidatagli, da un lato una città stremata dal malgoverno, dall'altro quella fiorente dell'amministrazione attuale. La sua opera è un capolavoro artistico e proprio perché è un capolavoro, dice Frugoni, si è accostata allo studio del ciclo con grande passione, immergendosi in studi e ricerche, analizzando ogni particolare, raffrontando il passato con il presente, perché è a noi contemporanei che parlano ancora quegli affreschi.
Con strumenti e tecniche nuove e sempre più insidiose, come i media di oggi, la manipolazione continua, il libro è anche un monito a difendersi dalla propaganda traendo lezione pure dal passato.
Interessanti gli ultimi due capitoli, il settimo e l’ottavo: “Il manifesto della felicità. La vita in città” e “Il manifesto della felicità. La vita in campagna”. Frugoni seziona le immagini, le scruta, individua le scelte fatte da Lorenzetti per privilegiare le rappresentazioni che possano influenzare i cittadini dell’epoca. Il pittore svolse perfettamente il ruolo cui era stato chiamato.
Nel volume le numerose foto ad alta definizione sezionate nei particolari più minuti, ci permettono di vedere dettagli che nemmeno dal vivo forse noteremmo, ci si può calare nella vita medievale di Siena tra vicoli e vicoletti, guardare alle finestre degli edifici aggettanti nelle piazze a cui si affacciano con curiosità donne e bambini, osservare il fervore di una città in movimento, con il pullulare dei cantieri. Si può seguire da spettatori incuriositi lo stesso percorso di Chiara Frugoni che nel suo prologo, accomiatandosi dai lettori, si augura che questo libro, con le sue tante e belle immagini, possa invitarci a seguire il suo stesso cammino.

Etta Artale