Per una vita più semplice
Traduzione e cura di Mauro Maraschi
Il britannico Edward Carpenter (1844-1929) è conosciuto come uno dei principali fondatori del Labour Party, sostenitore del suffragio femminile, propugnatore dei diritti degli omosessuali, oppositore della violenza sugli animali e fortemente critico del modello di vita della società britannica vittoriana. Determinante nella sua vita fu l’incontro letterario e personale con Walt Whitman. Subì il fascino delle sue teorie egualitarie e del suo amore per la natura.
Disorientato "dalla complessità di quella scienza chiamata Economia politica", abbandona i suoi impegni attivi di studioso e conferenziere e si rifugia a coltivare con le sue mani un fazzoletto di terra, cercando di "mantenerne l’innocenza" lontano dalla società e dal groviglio della vita industriale, praticando una vita sobria, un lavoro onesto, condizioni dignitose per i lavoratori. Nella piccola fattoria si creano prodotti non edulcorati, sani, di quantità equilibrata e utili per compratori e consumatori.
“Per una vita più semplice” prende il titolo da uno dei nove saggi del libro, scritti tra il 1883 e il 1887, che Carpenter stesso collazionò per divulgare proprio questo suo ideale di vita libera dal desiderio febbrile di beni superflui e inutili. Non si limita alla teoria, ma illustra dettagliatamente i danni, personali, collettivi e ambientali, provocati dalla produzione incontrollata di beni per soddisfare i desideri di chi si affanna ad accumulare per poi sprecare. Di contro esalta i vantaggi, che personalmente sperimenta, del lavoro equo e onesto che conduce coi contadini e i vari collaboratori; elogia una alimentazione parca, equilibrata e genuina, costituita, ad esempio, da un solo piatto a tavola per evitare di nutrirci più del necessario. Anche le nostre dimore, dice, sono piene di roba superflua, di orpelli che richiedono molta fatica, sprecata ogni giorno, per mantenere pulita una "massa di spazzatura”. Lo stesso vale per l’abbigliamento e per tutto quanto accumuliamo fuori misura. Una vita è più felice se più semplice. Nel saggio “La proprietà privata” scrive che questa non è negativa di per sé, ma lo diventa se il proprietario la sfrutta a suo esclusivo egoistico vantaggio. “Penso che un terreno sia proprietà per un tempo limitato, soltanto dell’uomo che lo coltiva con amore…; su quel terreno i giovani alberi fogliano con gratitudine”. Nessun possesso reale, dice Carpenter, può esistere su persone, animali o cose, senza che si sia instaurato un rapporto vivo e umano con la cosa posseduta.
Utopista? Sì, se consideriamo non praticabile l’applicazione alla lettera delle sue teorie, ma grande profeta se pensiamo all’enormità dei danni ambientali che ciecamente abbiamo prodotto e alle disiguaglianze sociali che abbiamo alimentato. Carpenter ci aveva messi in guardia, con l'intensità e il convincimento del suo pensiero, la sua umanità e il suo entusiasmo. Vogliamo, ognuno nel nostro piccolo, mettere in pratica alcune delle sue tesi per provare ad assaporarne i benefici?
Etta Artale