Il campo rosso Zangrandi

Il campo rosso. Cronaca di un’estate-1946

A cura di Giuseppe Mendicino
Collana "personaggi"


La costruzione del Rifugio Antelao nel Cadore, sulla sella Pradonego a circa 1800 metri di quota con un’ampia vista verso le Marmarole, il lontano Comelico e i bastioni argentati dell’Antelao: “Il campo rosso” è il racconto di questa strenua avventura intrapresa nell’estate del 1946 da Giovanna Zangrandi, pseudonimo di Alma Bevilacqua, per realizzare il sogno che nel corso della Resistenza aveva condiviso con l’uomo amato, il comandante partigiano Severino Rizzardi. Sogno spezzato dalla morte di lui in una imboscata dei tedeschi il 26 aprile del 1945. Nell’estate del 1946, innamoratissima delle montagne e in particolare di quelle della Resistenza a cui aveva partecipato come staffetta dal 1943, Giovanna decide di procedere ugualmente alla costruzione del rifugio per gestirlo personalmente. Con coraggio e determinazione porterà a termine l’impresa. Dirigendo una squadra di pochi operai e manovali, affronta fatiche immani economiche e soprattutto fisiche per le difficoltà di reperire i materiali e traportarli sul luogo della costruzione, a dorso di mulo o su qualche jeep militare, oppure a piedi con gerla in spalla. Giovanna è coinvolta psicologicamente nelle vite degli operai e di chi le sta intorno, rischia lei stessa la perdita di un occhio, vive e combatte il risveglio di pulsioni sopite. Il titolo “Il campo rosso” richiama un campo di grano infiammato dai papaveri, caro ricordo dell’infanzia in pianura, ma anche dei rododendri dell’altopiano in cui sta per essere costruito il rifugio. Il racconto non è mera cronaca, stupisce per la qualità della scrittura. Fatti, episodi, avvenimenti di quell’estate, sono filtrati in metafore linguistiche di colori, suoni, dolcezze e asprezze della natura, respiri dell’animo. La durezza del presente si intreccia con il dramma della guerra appena finita, che è presente nella memoria in sottofondo. Giovanna non vuole abbandonarsi alla disperazione, usa una lingua scattante ma poetica per un racconto duro ed estremamente reale.
La soddisfazione per una impresa riuscita si scontra con una dura realtà, come racconta Mendicino nella prefazione. Dopo qualche anno Giovanna, che nel libro è Anna, mentre Severino è Dario, capisce che l’impresa più ardua è gestire il rifugio. In bellissima posizione panoramica, è però lontano dalle vie alpinistiche dell’Antelao e non agevole da raggiungere per gli escursionisti. Le nuoce poi un certo pregiudizio maschilista diffuso tra alpinisti e montanari. Nel 1951 cede il Rifugio Antelao al CAI di Treviso che lo gestisce tuttora. Cessata la gestione del rifugio, Giovanna Zangrandi inizia a scrivere, parecchi libri parlano dei Partigiani e della Resistenza.
Il libro edito da Ceschina nel 1959, non era stato ristampato. È stato riscoperto e pubblicato dal Club alpino italiano per la collana “personaggi” nel dicembre 2022.
Bella e interessante la prefazione in cui Giuseppe Mendicino, curatore del libro, presenta la complessa e ricca figura umana e letteraria di Giovanna Zangrandi, dalla sua nascita nel 1910 a Galliera in provincia di Bologna, fino alla sua morte a Pieve di Cadore il 20 gennaio del 1988.

Etta Artale