III 6.2 Stanchezza del terreno e malattie da reimpianto dei fruttiferi

Il problema del reimpianto e del declino produttivo (“stanchezza”) dei suoli sta diventando sempre più grave nelle aree frutticole e orticole specializzate. Esso è strettamente legato al generale declino della fertilità dei suoli e all’utilizzo di un limitato numero di colture elettive.

I fattori determinanti all’origine di questa che viene definita la malattia da reimpianto sono riconducibili a due:

  • componente biotica (rappresentata dal complesso di fungi patogeni agenti di necrosi radicale e dalle comunità microbiche responsabili dei processi funzionali dei suoli);
  • parametri fisici, chimici e biologici del suolo dipendenti dall’alterato ciclo della sostanza organica (struttura del terreno, disponibilità di elementi nutritivi, contenuto di biomassa, humus e processo di umificazione, presenza di sostanze fitotossiche, metalli pesanti e altro).

Questa sindrome è particolarmente visibile nei meleti, pescheti, mandorleti, come pure in coltivazioni di fragola.
La sindrome è detta anche plant vigour mediated disease ovvero una “malattia” delle piante mediata del loro stato fisiologico, a significare quanto essa sia legata allo stato generale di fertilità dei suoli e alla tecnica agronomica.

I sintomi di stanchezza da reimpianto nei frutteti sono per lo più evidenti nel periodo immediatamente successivo al trapianto (moria precoce delle piante, stentato sviluppo, ritardo della entrata in produzione), oppure possono apparire come alterazioni qualitative o quantitative durante il ciclo del frutteto, favoriti da stress abiotici (idrici, in particolare).

In allegato: Stanchezza terreno.pdf


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III 6.1 Salute e mantenimento della fertilità del terreno agrario

Tra le pratiche agronomiche si inserisce l’uso di inoculi di microrganismi del suolo. I vantaggi di un trattamento di questo tipo rispetto ai trattamenti chimici sono i seguenti:

  • Minor costo
  • Minor impatto ambientale
  • Specificità di azione
  • Sinergie di funzione e di azione
  • Assenza di residui
  • (Persistenza)

L’inoculo di organismi può avvenire tramite l’uso di biofertilizzanti, ovvero prodotti contenenti microrganismi vivi che, quando applicati a sementi, superfici vegetali o suolo, colonizzano la rizosfera o i tessuti vegetali e ne promuovono la crescita aumentando la disponibilità e l’assorbimento dei nutrienti da parte della pianta.

La strategia di inoculo è un elemento chiave per poter catturare e mettere a frutto il potenziale microbico. Per ottenere i migliori risultati bisogna studiare l’ambiente in cui si vuole immettere la colonia di microrganismi, in particolare bisogna:

  • definire il sistema ambientale da trattare;
  • eseguire una caratterizzazione bio-geo-chimica (natura della matrice, dei contaminanti, concentrazione dei contaminanti e disponibilità per i sistemi biologici);
  • eseguire caratterizzazione della comunità microbica nativa attraverso un approccio polifasico, sia a livello metabolico sia strutturale;
  • effettuare analisi del profilo metabolico mediante il sistema Biolog-ECOPlates™ per avere il fingerprint metabolico della comunità (spettro dei substrati che è in grado di utilizzare);
  • calcolare la misura della diversità funzionale della comunità.

L’inoculo di microrganismi risulta particolarmente utile nel biorisanamento. Con questo termine si indica una strategia o processo che usa microrganismi, o piante, o enzimi prodotti da microrganismi o piante per detossificare sostanze contaminanti nel suolo o in altri ambienti.

I processi del biorisanamento comprendono:

  • Mineralizzazione: completa conversione di un contaminante organico nei suoi costituenti inorganici da parte di una sola specie o di un consorzio di microrganismi;
  • Biodegradazione: parziale o totale trasformazione o detossificazione di contaminanti da parte di microrganismi o piante.

Cosa significa biorisanamento
I processi microbiologici responsabili della trasformazione degli inquinanti (biodegradazione, mobilizzazione, immobilizzazione, detossificazione) rappresentano il motore che guida i fenomeni di attenuazione naturale della contaminazione, cioè la capacità di auto-depurazione degli ecosistemi. Tuttavia l’accumulo di inquinanti può risultare troppo elevato affinché i microrganismi riescano smaltirlo da soli senza alcun intervento esterno. In questi casi è necessario intervenire. L’intervento che mira a aiutare i microrganismi in modo da poter sfruttare al meglio le loro potenzialità e tradurle così in efficaci tecnologie si chiama biorisanamento.

Le vie possibili per attivare e migliorare queste potenzialità naturali dei microrganismi sono due:

  • controllo di tipo biogeochimico del territorio da trattare, ovvero una modifica dei parametri fisico-chimici dell’ambiente interessato: pH, temperatura, donatori o accettori di elettroni ecc.
  • “aggiustamento di nicchia”, ovvero si effettuano inoculi1 di altri microrganismi in grado di favorire la trasformazione degli inquinanti presenti.

Un aggiustamento di nicchia può essere realizzato attraverso diversi approcci e le tecniche principali sono la biostimolazione 2 (aggiungere nutrienti per favorire la crescita dei batteri autoctoni) e la bioaugmentation 3 (aggiungere batteri competenti, autoctoni o alloctoni, per aumentare le capacità cataboliche rilevanti per il processo di biorisanamento).

I microorganismi trovano applicazione nel trattamento di acque di conceria, biorisanamento di suoli co-contaminati da metalli e idrocarburi, sviluppo di “tool- boxes” per il biorisanamento di siti minerari.


Note 

1. Inoculoa

La strategia di inoculo è un elemento chiave per poter catturare e mettere a frutto il potenziale microbico. Per ottenere i migliori risultati bisogna studiare l’ambiente in cui si vuole immettere la colonia di microrganismi, in particolare bisogna:

  • definire il sistema ambientale da trattare;
  • eseguire una caratterizzazione bio-geo-chimica (natura della matrice, dei contaminanti, concentrazione dei contaminanti e disponibilità per i sistemi biologici);
  • caratterizzazione della comunità microbica nativa attraverso un approccio polifasico, sia a livello metabolico sia strutturale;
  • analisi del profilo metabolico mediante il sistema Biolog-ECOPlates™ per avere il fingerprint metabolico della comunità (spettro dei substrati che è in grado di utilizzare);
  • calcolare la misura della diversità funzionale della comunità.

2. Biostimolazione 

I biostimolanti sono formulati che aiutano la pianta a migliorare le prestazioni senza l’utilizzo di ormoni di sintesi. I biostimolanti sono in grado di contribuire positivamente al miglioramento della nutrizione e allo sviluppo delle specie vegetali indipendentemente dalla presenza di elementi nutritivi. La funzione principale di questi prodotti è legata al miglioramento dello sviluppo delle piante, a favorire l’incremento produttivo e all’aiutare la pianta a superare situazioni di stress, agendo direttamente o indirettamente sulla fisiologia vegetale.

3. Bioaugmentation

Il biorisanamento tramite bioaugmentation ha permesso di ottenere risultati positivi in situazioni di co-contaminazione (concomitanza di metalli pesanti e inquinanti organici) e la bonifica di siti minerari. La bioaugmentation è influenzata da molteplici fattori quali:

  • le caratteristiche fisico-chimiche dei contaminanti, che possono ridurre l’attività microbica;
  • alcuni elementi che limitano il trasferimento di massa (ad esempio la presenza di argilla o il contenuto di sostanza organica del suolo);
  • fattori di ecologia microbica (flusso energetico, attività microbica spontanea, predatori, competitori, co-substrati, patrimonio genetico dei microrganismi rilevanti, stabilità e attività  enzimatica);
  • metodologia scelta per l’inoculo (selezione dei ceppi, concentrazione e metodi di inoculo, eterogeneità dell’inoculo).

Nel suolo, uno dei principali problemi associati alla bioaugmentation è la sopravvivenza dei microrganismi inoculati o la microbiostasi, cioè l’arresto della crescita e della riproduzione microbica, a causa degli stress abiotici e biotici.


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Parte terza cap. 6

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