III 3.3 Esempi di riduzione della deriva in vigneti e frutteti

La fondazione Edmund Mach ha effettuato una sperimentazione sulla deriva in frutteti e vigneti durante gli anni 2009 – 2013 con i seguenti obiettivi:

  • Individuazione di sistemi di riduzione della deriva che si adattino alla frutticoltura e viticoltura trentine garantendo l’efficacia biologica dei trattamenti;
  • Stima delle dispersioni durante un trattamento fitosanitario e confronto fra diverse modalità di applicazione;
  • Valutazione dei miglioramenti ottenibili con dispositivi antideriva (ugelli, convogliatori e sistemi di direzionamento del flusso d’aria);
  • Valutazione dei miglioramenti ottenibili attraverso la corretta regolazione dell’attrezzatura impiegata.

Una buona riduzione della deriva si è ottenuta applicando in contemporanea le seguenti modalità operative:

  • impiego di ugelli ad iniezione d’aria con una adeguamento dei parametri operativi;
  • utilizzo di sistemi di esclusione laterale del flusso;
  • applicazioni solo in condizioni climatiche adeguate (assenza di vento, temperature miti);
  • presenza di barriere fisiche naturali (tipo le siepi) o artificiali (tipo reti).

Dalla sperimentazione si è inoltre osservato che:

·  anche in annate particolarmente impegnative per la difesa fitosanitaria l’efficacia biologica non è stata compromessa con l’impiego degli antideriva;

  • è stato necessario porre particolare attenzione alla manutenzione/pulizia degli ugelli e dei filtri per ottimizzare i risultati d’efficacia
  • è opportuno usare volumi d’acqua non eccessivamente ridotti (consigliabile non scendere sotto i 400 l/ha su melo e pergola doppia)

Le condizioni di sperimentazione espresse nel dettaglio sono visibili nell’allegato.

Vedi allegato


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III 3.6 Effetto della messa al bando dei Neonicotinoidi

Nel 2013 la UE ha messo al bando tre neonicotinoidi e si riserva di riconsiderare la decisione tra due anni in base ai nuovi possibili risultati di ricerca. I neonicotinoidi sono impiegati nel trattamento primaverile delle piante oleaginose e sono reimpiegati prima della fioritura.

Non essendoci al momento valide alternative ai neonicotinoidi, la loro messa al bando può compromettere la stessa coltivazione delle piante oleaginose. Al tempo stesso la carenza di impollinatori mette a rischio il raccolto stesso.

Problematiche dovute ai non utilizzo dei neonicotidinoidi in frtticoltura 

In conseguenza dell’applicazione del Reg. UE n° 485/2013 del 30/09/2013, che vieta l’uso dei seguenti neonicotinoidi: Imidacloprid, Thiametoxan e Clothianidin in prefioritura nelle colture frutticole, si possono fare le seguenti considerazioni tecniche riferite alla pianura veronese:

  • sul melo, i neonicotinoidi non sono molto usati in prefioritura, le alternative sono Fluvalinate, Acetamiprid e Flonicamid;
  • sul pesco l’uso dei neonicotinoidi in prefioritura è una prassi consolidata, non mancano le alternative, si possono usare altri prodotti, per esempio: Fluvalinate, Acetamiprid e Flonicamid;
  • sul ciliegio normalmente i neonicotinoidi non si usano in prefioritura (si preferisce usarli in post per sfruttare l’effetto contro la mosca), si possono usare comunque Fluvalinate e Acetamiprid;
  • sul pero i neonicotinoidi in oggetto non sono molto usati in prefioritura, in quanto è consolidato l’uso di Acetamiprid e non ci sono prodotti alternativi contro la tentredine. Il posizionamento in post fioritura coincide con la fioritura del melo se coltivato nelle vicinanze.

Ipotizzando la difesa in frutticoltura senza neonicotinoidi, gli effetti possono essere:

  • controllo non ottimale degli afidi in generale e altri fitofagi (fillominatori, carpocapsa, mosca del ciliegio ecc.);
  • insufficiente controllo dell’Afide Lanigero del melo;
  • insufficiente controllo della tentredine del pero;
  • aumento del numero di insetticidi/aficidi;
  • aumento dei costi della difesa;
  • possibile aumento di frutta non commerciabile.

 

Problematiche create dall’uso dei neonicotinoidi

In oltre metà delle nazioni europee non sono presenti api da miele sufficienti ad impollinare le colture e bisogna fare sempre più affidamento sugli impollinatori selvatici. Anche in Italia la situazione è molto delicata. La ragione della moria di api è stata imputata ai neonicotinoidi che sono quindi stati messi provvisoriamente al bando. Le ricerche per provare questa correlazione sono molteplici e vengono effettuate sia in laboratorio, sia sul campo. I risultati ottenuti dagli esperimenti di laboratorio però spesso differiscono diametralmente da quelli ottenuti sul campo.

Gli studi in laboratori danno sicuramente risultati riproducibili in condizioni controllate, le quali però non rispecchiano sempre in modo efficace le realtà sul campo. Tutti gli studi in laboratorio hanno provato una relazione tra il malessere delle api e la presenza di neonicotinoidi. In generale cambiano la comunicazione sociale tra le api, le modalità di ricerca di cibo, la capacità di rientrare nell’alveare e si abbassano le loro difese immunitarie, per cui le api sono più vulnerabili a virus e altre malattie.
Le prove su campo, invece, non sempre dimostrano una tale correlazione diretta. Infatti spesso le api non sembrano subire alterazioni in misura determinante dai neonicotinoidi.

Dal Joint Meeting “The Impact of Pesticides on Bee Health”, tenutosi a Londra nel gennaio 2014, è emersa la correlazione tra il malessere delle api e l’impiego di neonicotinoidi, con l’aggiunta che il malessere si estende anche agli impollinatori selvatici.
Uno studio statunitense presentato in tale sede aggiunge i fungicidi tra le concause; infatti è stato trovato che le api si ammalavano più facilmente di Nosema se consumavano polline con alte concentrazioni di fungicida.
Altri studi ancora hanno dimostrato come le api siano sensibili all’odore dell’imidachloprid; non è però ancora chiaro come venga recepito e come alteri la percezione di altri odori.
In ogni caso, gli studi sottolineano come gli effetti si notino più chiaramente a distanza di tempo, ovvero quando l’esposizione ai neonicotinoidi perdura negli anni.

Alcuni degli studi effettuati sul campo e presentati al convegno, nonché uno studio sempre su campo, portato avanti dagli istituti finlandesi per la ricerca in agricoltura MTT e l’autorità per la sicurezza alimentare EVIRA, suggeriscono invece che gli insetticidi non provochino un danno rilevante e diretto sulle api. Il progetto finlandese afferma di non aver registrato alcune correlazioni tra i trattamenti chimici e la sofferenza nelle colonie durante questo primo anno di osservazione.

Le differenze e le controversie negli studi sono principalmente dovute alla difficoltà di riprodurre in laboratorio tutte le condizioni ambientali; comunque gli esperimenti svolti sul campo hanno una maggior difficoltà ad essere riproducibili anche perché alcuni insetticidi sono impiegati fino alla fioritura e dati con spray. Questo comporta alte variabilità nella valutazione dell’esposizione delle api a tali pesticidi.

Vedi allagati o visita 
PlosOne 
MTT


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