Ecolight

Ecolight. Cresce la raccolta di cellulari e piccoli elettrodomestici

Ecolight,il  consorzio nazionale per la gestione dei RAEE ha presentato il Rapporto Sociale 2015

Sono quasi 17 mila tonnellate di cellulari, elettrodomestici e elettronica di consumo gestiti da Ecolight nel 2015, con un +9% rispetto all’anno precedente. È quanto emerge dal Rapporto Sociale 2015 che Ecolight ha recentemente pubblicato e che raccoglie l’attività svolta l’anno scorso. Particolare attenzione è stata dedicata al raggruppamento R4, quello che comprende gli elettrodomestici di uso più comune, i cellulari e gli elettroutensili: questi rappresentano da soli oltre l’80% dei rifiuti gestiti da Ecolight e il 40% di quanto gestito dall’intero sistema RAEE in Italia. In vista dei nuovi obiettivi di raccolta è proprio qui che si gioca una partita importante: questi rifiuti hanno infatti un tasso di ritorno che è inferiore al 15% e una possibilità di recupero che supera il 95% del loro peso».

Nel complesso l’anno scorso Ecolight ha gestito circa 24 mila tonnellate di RAEE raccogliendo tutte le tipologie di rifiuti elettronici: dai frigoriferi ai televisori, dalle lavatrici fino ai cellulari e alle sorgenti luminose. L’azione si è divisa in tre ambiti: innanzitutto, all’interno del sistema del Centro di Coordinamento RAEE. Fornendo il servizio ai 2.902 punti di prelievo affidati, Ecolight ha raccolto 23.000 tonnellate di RAEE facendo 18.151 missioni nelle isole ecologiche di tutta Italia. Inoltre, in risposta a quanto previsto dal cosiddetto decreto “Uno contro Uno”, Ecolight ha erogato un servizio specifico dedicato alla Distribuzione servendo direttamente i punti vendita e raccogliendo oltre 800 tonnellate di RAEE. Non certo ultimo, alle aziende è stata dedicata una grande attenzione potenziando il servizio Fai Spazio per la gestione dei rifiuti professionali. Il servizio, che garantisce una gestione rispettosa delle norme e dell’ambiente e una completa tracciabilità documentale, ha visto Ecolight gestire oltre 1.700 tonnellate di rifiuti (+47% rispetto al 2014) . 

 

 

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Il consumo di suolo colpisce l’Italia: 35 ettari di terreno persi ogni giorno

Secondo l'ISPRA, negli ultimi tre anni il consumo di suolo nazionale ha registrato un aumento dello 0,7%, interessando fiumi e laghi, coste, senza risparmiare le aree protette e quelle a rischio sismico, da frana e idraulico. Tra le regioni più colpite figurano Lombardia, Veneto e Campania che superano il 10% di suolo regionale consumato.


La FAO ha stimato che nel 2030 la popolazione mondiale supererà gli 8 miliardi di individui, dei quali almeno l’80%, ovvero 6 miliardi e 400 milioni, vivrà in aree urbane. Queste ultime, soprattutto negli ultimi cinquant’anni, sono state soggette spesso ad una crescita insediativa disordinata che ha portato ad un’eccessiva occupazione di suolo e alla creazione di agglomerati urbani caotici e poco vicini alle reali esigenze quotidiane di chi vi abita. In particolare, negli ultimi due anni abbiamo perduto oltre 250 chilometri quadrati di suolo nazionale con una velocità di circa 35 ettari al giorno, secondo il rapporto annuale dell’ISPRA sul consumo di suolo nazionale. Dal rapporto emerge che il costo annuale che gli italiani potrebbero nei prossimi anni per fronteggiare il consumo di suolo ammonta a 800 milioni di euro, compresi i costi occulti, ovvero quelli che non vengono immediatamente percepiti che, secondo le stime, potrebbero raggiungere i 55 mila euro l’anno per ogni ettaro di terreno consumato con variazioni a seconda del servizio eco-sistemico che il suolo non potrà più fornire per via della trasformazione subita. Tra questi rientrano la produzione agricola (oltre 400 milioni di euro), lo stoccaggio del carbonio nel terreno (150 milioni), l’erosione (120 milioni), i danni provocati dalla eccessiva infiltrazione dell’acqua (100 milioni) e la diminuzione degli insetti impollinatori (3 milioni).

Negli ultimi tre anni il consumo di suolo nazionale ha registrato un aumento dello 0,7% e ha interessato fiumi e laghi (+0,5%), coste (0,3%), senza risparmiare le aree protette (+0,3%) e a rischio sismico (+0,8%), da frana (+0,3%) e idraulico (+0,6%). In particolare, il settore agricolo, sottolinea la Coldiretti, che ad oggi risulta stimata in 12,8 milioni di ettari, ha perduto un quarto della superficie coltivabile. Infatti, secondo dati del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF), dagli anni '70 ad oggi, la superficie coltivata in Italia è diminuita del 28%, cioè 5 milioni di ettari di superficie agricola perduti (a livello geografico, la superficie del territorio italiano è pari a 33 milioni di ettari). Eurostat, l’Ufficio Statistico dell'Unione Europea, riporta che tra i paesi UE, dove la media complessiva del consumo di suolo è del 4,1%, l’Italia con il 7,1% di suolo nazionale consumato, occupa il sesto posto dopo Malta (32,6%), Belgio (12,1%), Paesi Bassi (12,3%), Lussemburgo (10,1%) e Germania (7,1%). 

 

Suolo consumato

Anni 50

1989

1996

1998

2006

2008

2013

2015

 

(%)

 

2,7

 

5,1

 

5,7

 

5,8

 

6,4

 

6,6

 

6,9

 

7,0

 

 (kmq)

 

8.100

 

15.300

 

17.100

 

17.600

 

19.400

 

19.800

 

20.800

 

21.100

Tabella 1. Suolo consumato a livello nazionale, in percentuale sulla superficie nazionale e in chilometri quadrati (fonte: rete di monitoraggio ISPRA-ARPA-APPA)

 

Nel 2016, il valore percentuale più elevato, in termini di consumo di suolo, si è registrato in Lombardia, Veneto e Campania che superano il 10% di suolo regionale consumato. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia, Piemonte, Toscana, Marche oscillano su valori compresi tra il 7% e il 10% mentre la regione più virtuosa risulta la Valle d’Aosta. 

 

Figura 1. Stima del suolo consumato a livello regionale negli anni ’50 e al 2015 (fonte: rete di monitoraggio ISPRA-ARPA-APPA)

 

“Il suolo rappresenta il supporto alla vita e agli ecosistemi, è riserva di patrimonio genetico e di materie prime, custode della memoria storica, nonché elemento essenziale del paesaggio”. Questa è la definizione di suolo che dà la Commissione Europea nella COM (22) 179 – “Verso una strategia tematica per la protezione del suolo” in cui emerge il carattere multifunzionale del suolo che è l’indispensabile supporto a tutte le attività umane. In Italia, a questo proposito, è attualmente in discussione al Senato una legge, già approvata alla Camera, che ha l’obiettivo di regolare il consumo di suolo nonché di avviare azioni di rigenerazione urbana, valorizzazione del paesaggio e, non ultimo, una maggiore attenzione alla protezione dei terreni per uso agricolo.

la fame nel mondo

Rapporto Save the Children: la fame colpisce oltre 159 milioni di bambini nel mondo

La malnutrizione colpisce a livello globale oltre 159 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni, di cui l'80% si concentra nell'Africa subsahariana e nei paesi dell'Asia meridionale. Questo è quanto emerge dal rapporto di Save the Children "Unequal Portions. Ending Malnutrition for Every Last Child".


Fame, povertà, guerre e fenomeni climatici spesso distruttivi sono tra le principali cause, presenti in numerose aree del nostro pianeta, che causano innumerevoli vittime e costringono una buona parte delle popolazioni locali a fughe e migrazioni in altre aree geografiche. Le conseguenze che derivano da queste specifiche situazioni politiche, nonché da fenomeni naturali dovuti ai cambiamenti climatici in atto, contribuiscono al fenomeno della malnutrizione che affligge oggi oltre 159 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni, di cui l’80% si concentra nell’Africa subsahariana e in Asia meridionale (Figura 1). Lo rivela il rapporto di Save the Children Unequal Portions. Ending Malnutrition for Every Last Child. Il rapporto analizza oltre alle cause anche le possibili soluzioni alla tragica problematica della fame nel mondo, con un focus specifico sulla vita dei bambini che vivono nella regioni prese in considerazione. I dati del rapporto riportano che il reddito familiare ha un’influenza significativa sulla nutrizione dei bambini: nei paesi e nelle regioni in via di sviluppo i bambini nati in famiglie appartenenti al 20% più povero hanno una probabilità più che doppia di morire prima dei cinque anni di età rispetto a quelli che provengono dalla popolazione più benestante. 

 

Figura 1. Percentuali della malnutrizione dei bambini nelle diverse aree geografiche del mondo (fonti: UNICEF, WHO, World Bank Group, 2015)

 

In Burundi, Eritrea e Timor Est, tra le nazioni più colpite dalla denutrizione infantile, oltre la metà dei bambini soffre la fame e vive in condizioni igieniche precarie. In India circa 48,2 milioni di bambini di età inferiore a cinque anni vive in condizioni di grave malnutrizione e numeri simili si hanno anche in Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Nigeria, Etiopia, Congo, Sudan e Gibuti. Inoltre, secondo gli ultimi dati forniti dalla Banca Mondiale, la principale organizzazione delle Nazioni Unite per il sostegno allo sviluppo e la riduzione della povertà nel mondo, le persone che vivono con meno di un dollaro al giorno sono ancora 702 milioni, ovvero il 9,6% della popolazione globale. La FAO calcola che oltre la metà di tutte le persone che nel mondo soffrono la fame sono contadini con o senza terra che vivono in aree rurali prettamente marginali ed esposte a disastri naturali come siccità o inondazioni. Il rapporto evidenzia, inoltre, un forte gap tra le aree agricole e i centri urbani. In Kenia, ad esempio, a livello nazionale, la percentuale di bambini che vive in condizioni di grave malnutrizione con basse probabilità di sopravvivenza si attesta al 4%. Allo stesso tempo, però, nella contea del Wajir, a nord del paese, arriva quasi al 18% e lo stesso vale per altre regioni ai confini del paese. Oltre alla difficolta di accesso al cibo, Save the Children denuncia l’esistenza di credenze e superstizioni, ancora oggi presenti in molti villaggi e tribù locali del Corno d’Africa, dove l’istruzione è ancora meno diffusa rispetto ai centri urbani, secondo le quali le donne non debbano assolutamente mangiare alimenti ricchi di proteine e ferro negli ultimi mesi di gravidanza, pena la crescita smisurata del feto. La conseguenza più grave è che da madri malnutrite nascono anche bimbi malnutriti, già sottopeso dal primo giorno di vita. Alla già drammatica situazione, sottolinea il rapporto, va aggiunto poi il fattore cambiamento climatico e, a questo proposito, riporta che solo El Niño (in italiano, “Gesù Bambino”), la fluttuazione climatica che causato un aumento delle acque dell’ Oceano Pacifico orientale una volta ogni 3-7 anni, quest’anno ha provocato la siccità in 15 paesi, colpendo oltre 60 milioni di persone in tutto il mondo.  In Burundi, Eritrea e Timor Est, tra le nazioni più colpite dalla denutrizione infantile, oltre la metà dei bambini soffre la fame e vive in condizioni igieniche precarie. In India circa 48,2 milioni di bambini di età inferiore a cinque anni vive in condizioni di grave malnutrizione e numeri simili si hanno anche in Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Nigeria, Etiopia, Congo, Sudan e Gibuti. Il rapporto rileva comunque progressi significativi nella lotta alla fame nel mondo rispetto al 1990, quando il numero dei bambini colpiti da malnutrizione cronica superava ancora i 255 milioni (rispetto agli attuali 159 milioni), cioè il 40% della popolazione globale di allora. Tuttavia, i progressi sono ancora lenti e con forti diseguaglianze tra paese e paese, e ai ritmi attuali, aggiunge, la riduzione dei casi di malnutrizione cronica del 40% entro il 2025 e l’eliminazione della fame nel mondo entro il 2030, obiettivi fissati dall’Assemblea mondiale della sanità (WHA), rimangono un traguardo distante. Secondo le proiezioni, infatti, solo 39 paesi su 114 considerati arriveranno al risultato nei tempi stabiliti e di questi solo sei sono paesi a basso reddito. Il rapporto di Save the Children denuncia, inoltre, la mancanza, da parte dei governi, di misure concrete contro la malnutrizione nel mondo, aggiungendo che, dei 29 maggiori donatori di fondi per progetti di assistenza ai paesi in via di sviluppo, solamente sei di loro spendono meno di un milione di dollari l'anno. Di qui l’appello di Save the Children ai capi di governo che si incontreranno al G7 che si terrà il prossimo anno a Taormina affinché si possa finalmente predisporre un decisivo piano d’azione contro la malnutrizione per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Assemblea mondiale della Sanità (AMS), organo legislativo dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che durante il Summit per lo Sviluppo Sostenibile svoltosi il 25 settembre 2015 a New York, ha adottato la risoluzione che comprende i 17 nuovi Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDS) che mirano, entro il 2030, ad eliminare la povertà, promuovere la prosperità economica ed il benessere delle persone e, non ultimo, proteggere l’ambiente su scala globale.