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Green 3.0

Può esistere una crescita infinita in un pianeta finito? La decrescita può essere un rimedio? Tra il consumismo sfrenato e la decrescita felice esiste una via di mezzo. Il testo si pone come un manifesto per il Vivere Verde tracciando uno scenario futuro solido, alla condizione che si faccia sistema. Sistema significa marciare nella stessa direzione a livello nazionale e internazionale: alcuni passi sono stati fatti almeno come dichiarazione d’intenti, dalla riduzione dell’effetto serra, all’uso delle energie alternative; e l’industria green comincia a essere una realtà. In Italia essa occupa attualmente (fine 2012) circa 369.000 addetti, occupati in 100.000 imprese di piccole dimensioni. Industria tradizionale e industria green fanno sistema lì dove la seconda contribuisce a riparare le ferite dell’industrializzazione selvaggia degli anni sessanta e settanta. I 15.000 siti inquinati, ex discariche e petrochimici, da ripulire: un volume economico di 5 miliardi di euro e nuova occupazione.

Molte di queste aziende hanno basato la loro esistenza sugli incentivi e, in loro assenza sono crollate. La stabilità del sistema si basa sulla reale economicità dell’impresa che deve vivere trovando ossigeno dalla propria attività a prescindere dagli incentivi. In buona sostanza la green economy deve essere un motore di sviluppo non un “succedaneo” limitato nel tempo dell’economia tradizionale. Qui entra in gioco la politica che deve configurare scenari compositi (green economy ed economia tradizionale devono coesistere) e lungimiranti. E questo non sembra così scontato oggi, nel nostro paese.

I due autori raccolgono nel loro libro le esperienze di circa trenta operatori suddivisi nei settori: Total green, Rinnovabili & Post, Samrt Village e green Bulding, Mobilità, Food & Beverage, Blue Economy e Agro&Bio. Il volume  può considerarsi un compendio delle realtà attualmente presenti nel nostro paese. Sono realtà economiche che scalzano l’economia vecchia e satura ma soprattutto lanciano uno stile di vita che dovrebbe essere il nostro futuro. A patto che la green economy assuma presso le istituzioni e il mondo politico il peso che sta prendendo nell’economia reale. ( A.Vittadello)

 

la parabola del consumismo

La Parabola del consumismo. Memorie di un ragazzo al tempo della sobrietà

 

Come vivere, oggi, in un'Italia che sembra essere al tramonto di quella parabola del consumismo che s'impennò cinquant'anni fa? I padri, «infettati dal morbo "della dimenticanza e del disconoscimento"»,hanno inflitto una vera «cecità» alle giovani generazioni, che si trovano ora poco attrezzate davanti a un futuro in cui la parola sobrietà pare a molti una minaccia.Ma l'Autore in questo libro evita i toni predicatori. Soprattutto racconta. Ricroda la sua infanzia a Gazzera, «una contrada appena fuori Mestre», un microcosmo da cui osservare gli albori di un trapasso epocale per tutto il Paese. Siamo tra il dopoguerra e i primi anni Cinquanta, mentre ci si avvia da una società contadina verso un paesaggio industriale, da una cultura di attenzione al valore delle (poche) cose al Moplen e alla civiltà dello spreco. E Mirco Rossi continua a raccontare. Di come si giocava allora, con libertà e divertimento inauditi per i bambini d'oggi; quali erano le relazioni familiari e coi vicini; quale lo stile educativo (senza eccessive «intromissioni» da parte dei genitori nei rapporti tra i ragazzini, ma sotto l'occhio vigile di tutta una comunità); come si imparava a riutilizzare e a riparare oggetti, e a inventarne di nuovi… E come gli adulti come il papà del piccolo Mirco, operaio a Porto Marghera, si costruivano la nuova casa con le proprie mani.
L'autore di Energia e futuro. Le opportunità del declino, che con quel libro aveva già dimostrato le sue doti di divulgatore, questa volta si lascia insomma andare al gusto di narrare. Luoghi e volti che riaffiorano, tra i quali un aneddoto riguardante il patriarca di Venezia − si chiamava allora Angelo Roncalli.
La narrazione del passato rimanda sempre, esplicitamente o meno, alla realtà attuale. Come scrive nella prefazione Claudia Bettiol, docente di Geopolitica delle energie rinnovabili all'Università di Tor Vergata, questo libro porta «ad avere due sensazioni e stati d’animo opposti. Non sapevo se fosse un racconto nostalgico sul passato o una profezia sul futuro. Se pensiamo che questi racconti delle piccole comunità di campagna, e dell’arte del sapersi arrangiare vivendo in armonia con la natura senza tentare di forzare e manipolare i cicli biologici, appartengano oramai al nostro passato, allora non stiamo capendo la portata del cambiamento in corso». Questo, infatti, non è un libro nostalgico. L'Autore è convinto che, nonostante la discutibile eredità lasciata loro dalla generazione precedente, i giovani − che egli conosce per lunga e assidua frequentazione − «possiedono le potenzialità di leggere i fatti anche da punti di vista in disuso, diversi da quelli soliti orientati in direzione della crescita, gli unici o loro noti. E di reagire con nuova abilità, capacità e immaginazione». Hanno livelli elevati d’istruzione, entusiasmo, intelligenza, coraggio. «Basterà indirizzare tali potenzialità nelle direzioni opportune».
Potrà paradossalmente aiutare, in questo processo di cambiamento radicale e necessario, «il senso didisagio profondo» iniettato in tutti dall'inganno del consumismo.
 
(da EMI editore)