1° agosto 2024: Earth Overshoot Day

Di Alessandro Campiotti

Il 1° agosto ha segnato il giorno dell’esaurimento delle risorse naturali prodotte dal pianeta per il 2024. In soli sette mesi l’umanità ha consumato il budget ecologico di un anno, aprendo ufficialmente la strada a cinque mesi di deficit ecologico. Cosa fare per invertire questa tendenza? Cause e soluzioni

Lo scorso 1° agosto è stato l’Earth Overshoot Day o Giorno del sovrasfruttamento terrestre, in cui abbiamo esaurito le risorse naturali generate dal pianeta per il 2024, e abbiamo iniziato ad utilizzare quelle necessarie per l’anno successivo, andando in deficit ecologico. La data è stata calcolata dal Global Footprint Network in base al rapporto su base annua tra la biocapacità globale, cioè la capacità di rigenerazione da parte degli ecosistemi, e l’impronta ecologica umana, che misura il consumo di risorse naturali da parte dell’uomo, il tutto moltiplicato per i 365 giorni dell’anno. In soli sette mesi, l’umanità ha consumato in media le risorse che il pianeta produce durante un intero anno, contribuendo allo sfruttamento e al degrado degli ecosistemi e producendo una serie di conseguenze negative, quali la deforestazione, la perdita di biodiversità, il consumo di suolo, l’inquinamento atmosferico e l’aumento netto di emissioni di anidride carbonica (CO2).

L’impronta carbonica globale, che misura le emissioni di gas serraprodotte nel mondo dalle più diverse fonti, è tra i principali parametri utilizzati per stimare il grado di sfruttamento delle risorse naturali. A questo proposito, l’ultimo rapporto pubblicato dall’Agenzia Internazionale dell’energia (IEA) nel 2023, certifica che immettiamo in atmosfera una quantità di CO2 superiore a quella sequestrabile da parte degli ecosistemi, sfiorando i 40 miliardi di tonnellate annue. In una situazione di tale deficit ecologico, la naturale biocapacità del pianeta di rigenerarsi e fornire servizi ecosistemici diventa un fattore limitante, in quanto l’area totale biologicamente produttiva, misurata in ettari globali (gha), risulta inferiore all’area utilizzata dall’uomo per la produzione dei più diversi beni e servizi, come cibo, legname, energia, strade, infrastrutture, smaltimento rifiuti ecc. Il report stilato dai ricercatori del Global Footprint Network nel 2022, stima la biocapacità globale in 1,6 ettari pro capite, a fronte di un’impronta ecologica di 2,8 ettari, con un deficit netto annuo di -1,2 ettari biologicamente produttivi. Di questo passo, con uno sfruttamento del 170% annuo delle risorse naturali, risulta sempre più difficile la sfida dell’inversione di marcia. Eppure, l’Overshoot Day non ha sempre rappresentato una preoccupazione per la società. Fino agli anni ’60, il rapporto tra biocapacità e impronta ecologica era sostanzialmente in equilibrio, basti pensare che nel 1974 questa giornata cadeva solo il 30 novembre, con appena un mese di anticipo rispetto alla fine dell’anno. Successivamente la tendenza al sovrasfruttamento terrestre è andata gradualmente aumentando, anticipando ogni anno il giorno dell’Overshoot, per arrivare al 1° agosto di quest’anno, un giorno prima del 2023. Tuttavia, va ricordato che non tutti i paesi contribuiscono allo stesso modo all’impronta ecologica globale. L’Italia, per esempio, è tra gli stati a più elevato debito ecologico, dal momento che nel 2024 ha raggiunto l’Overshoot appena il 19 maggio, consumando risorse naturali al ritmo di 2,6 pianeti in un anno.

Nonostante i numeri esprimano chiaramente quanto l’elemento antropico stia agendo a discapito di quello naturale, per cercare di invertire questa tendenza, il Global Footprint Network ha posto all’attenzione degli stati e delle opinioni pubbliche una strategia di interventi costruita toccando cinque aree chiave: città, energia, cibo, popolazione, pianeta. Le soluzioni proposte, in linea con l’Agenda 2030 dell’ONU sullo sviluppo sostenibile, vanno dalla conservazione della natura alla tutela della biodiversità, dall’agricoltura rigenerativa alla pesca sostenibile, dalla riduzione del consumo di carne al contenimento dello spreco alimentare, dal potenziamento delle energie rinnovabili al risparmio energetico. Per fare qualche esempio pratico, una riduzione del 50% dello spreco alimentare globale, oggi pari a 1,3 miliardi di tonnellate annue, consentirebbe di guadagnare 13 giorni sul calendario dell’Overshoot, mentre il dimezzamento del consumo di carne farebbe guadagnare altri 17 giorni. Tuttavia, la problematica che più di altre contribuisce all’impatto antropico sul pianeta sono le emissioni di CO2 in atmosfera, il cui taglio del 50% su scala globale si tradurrebbe in uno spostamento in avanti dell’Overshoot Day di ben tre mesi, raggiungendo all’incirca i livelli di mezzo secolo fa.

Per approfondire:

https://www.wwf.it/  Il 1° agosto 2024 è l’Overshoot Day globale.

https://overshoot.footprintnetwork.org/.

Global Footprint Network, Estimating the Date of Earth Overshoot Day 2022.

Foto di intestazione: Global Footprint Network www.footprintnetwork.org

Bere il mare

Da il post.it di lunedì 8 luglio 2024

foto da Il Post.it

In Sicilia da alcune settimane si discute sulla riapertura del dissalatore di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, per trattare l’acqua di mare e renderla potabile in modo da ridurre i forti problemi legati alla siccità degli ultimi mesi. La Regione ha previsto un milione di euro di spesa e alcuni mesi di lavoro per riattivare l’impianto fermo da 12 anni, ma sono stati espressi alcuni dubbi considerati i costi. I dissalatori consumano infatti molta energia e producono acque di scarto difficili da gestire: per questo sono ancora relativamente poco utilizzati in tutto il mondo, anche se negli ultimi decenni ci sono stati progressi nel miglioramento dei sistemi per renderli più efficienti dal punto di vista energetico.

Il 97 per cento dell’acqua presente sulla Terra è salato: è presente nei mari e negli oceani e non può essere bevuto né tanto meno utilizzato per l’agricoltura. Il resto dell’acqua è dolce, con il 2 per cento conservato nei ghiacciai, nelle calotte polari e negli accumuli di neve sulle montagne e l’1 per cento disponibile per le nostre esigenze e quelle dei numerosi altri organismi che per vivere hanno bisogno di acqua quasi totalmente priva di sali, a cominciare dal cloruro di sodio (NaCl, quello che comunemente chiamiamo “sale da cucina”). In media l’acqua marina contiene il 3,5 per cento circa di sale, una concentrazione sufficiente per causare danni ai reni ed essere letale.

Quell’1 per cento di acqua dolce sarebbe più che sufficiente, se non fosse che non è distribuito uniformemente nel pianeta: ci sono aree in cui abbonda e altre in cui scarseggia, in assoluto oppure a seconda delle stagioni e delle condizioni atmosferiche. Il cambiamento climatico in corso negli ultimi decenni ha peggiorato le cose con aree che sono diventate più aride, riducendo le possibilità di accesso per milioni di persone all’acqua dolce. Stando alle stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), circa 2 miliardi di persone vivono in zone del mondo in cui il reperimento dell’acqua è difficoltoso e solo nel 2022 almeno 1,7 miliardi di persone hanno avuto accesso per lo più ad acqua contaminata, con seri rischi per la salute.

Leggi tutto su www.ilpost.it/2024/07/08/dissalatori-dissalazione-acqua-mare/

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L’Unione Europea lancia la sfida del ripristino della natura: approvata la Nature Restoration Law

di Alessandro Campiotti

Il 17 giugno 2024 il Parlamento Europeo ha approvato la legge sul ripristino della natura, che mira a recuperare il 20% degli ecosistemi degradati in UE entro il 2030. Tra i principali obiettivi c’è la salvaguardia ambientale e il potenziamento dei servizi ecosistemici per la natura e per l’uomo.

Lo scorso 17 giugno, il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva la legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) che pone al centro dell’attenzione l’ambizioso obiettivo di ripristinare almeno il 20% degli ecosistemi europei entro il 2030. La legge approda dopo un tortuoso iter di oltre due anni, in cui è stata più volte oggetto di modifiche, e si inserisce nell’ambito della più ampia strategia UE sulla biodiversità per il 2030, elemento chiave del Green Deal europeo. Oltre l’80% degli ecosistemi, infatti, risulta degradato, e i motivi sono largamente riconducibili a cause di origine antropica: attività industriali, agricoltura intensiva ed eccesso di urbanizzazione. Questa preoccupante situazione ha reso necessaria la progettazione di un solido intervento di ripristino, a cui tutti i paesi europei dovranno prendere parte.

Per ripristino si intende un processo volto a favorire il recupero di un ecosistema degradato, e può essere passivo se avviene naturalmente in seguito alla riduzione della pressione antropica, oppure attivo, se incentivato da vere e proprie azioni di recupero. In entrambi i casi, gli interventi dovranno contribuire a migliorare la struttura ecosistemica nelle sue variegate componenti – fisiche, chimiche e biologiche – ricostituendo habitat e nicchie ecologiche necessarie alla promozione della biodiversità animale e vegetale.

Il buon funzionamento degli ecosistemi naturali è strettamente legato al benessere umano. Infatti, tramite i servizi ecosistemici, definiti come i benefici che le persone traggono dalla natura, si viene a creare una virtuosa sinergia tra natura e società, funzionale allo sviluppo ecologico ed economico dei territori. Alcuni esempi di servizi ecosistemici sono la produzione di cibo, l’impollinazione, la depurazione delle acque, la pulizia e il raffrescamento dell’aria da parte delle piante mediante i processi fisiologici di fotosintesi e traspirazione. Come si può intuire, i servizi ecosistemici sono funzionali alla sopravvivenza stessa dell’uomo sul pianeta, poiché, oltre a garantire la sicurezza alimentare, limitano il riscaldamento globale e prevengono i disastri naturali.

La Nature Restoration Law si prefissa di intervenire a sostegno di tutti gli ecosistemi degradati, forestali, urbani, agricoli, marini e fluviali, operando azioni di monitoraggio e interventi di protezione e ripristino. Tra questi, di fondamentale importanza risultano la conservazione delle specie minacciate, il contenimento del consumo di suolo, la gestione ecologica degli agro-ecosistemi, l’incremento del verde urbano, il potenziamento della connettività forestale e fluviale. Il Regolamento conferma inoltre l’importanza delle Soluzioni basate sulla Natura (Nature-based Solutions – NbS) per il perseguimento dei numerosi obiettivi. Queste soluzioni sono definite come azioni di protezione, conservazione e ripristino degli ecosistemi naturali o modificati, e risultano innovative in quanto rispondono contemporaneamente alle sfide sociali, economiche e ambientali poste dalla Nature Restoration Law. Possono essere realizzate in ambito urbano o extra-urbano e risultano più economiche e meno impattanti sull’ambiente rispetto alle tradizionali misure che prevedono l’utilizzo delle infrastrutture “grigie”, come dighe e canalizzazioni per il contrasto dei fenomeni meteorologici estremi.

Diversi studi dimostrano che ogni euro investito sul ripristino della natura produca un ritorno monetario in media otto volte superiore. Si stima che ripristinare il 10% del territorio dell’UE costerebbe circa 154 miliardi di euro, e i benefici previsti raggiungerebbero i 1.860 miliardi, con un rapporto costi-benefici di 1:12. La legge, infine, prevede che i paesi europei presentino alla Commissione i piani nazionali di ripristino entro la metà del 2026, indicando come intendano raggiungere gli obiettivi. In questa fase di pianificazione degli interventi, saranno fondamentali le competenze derivanti dai cosiddetti “green jobs” (lavori verdi), che includono tutte le professioni, esistenti o in via di sviluppo, legate alla green economy e alla sostenibilità ambientale, sempre più ricercati da aziende e pubbliche amministrazioni.

Per approfondire

Foto di intestazione: Redazione “Ambiente Risorse Salute”

Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente Facebook

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