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La fertilizzazione fogliare, soluzione per vivai e aree boschive

Lo scorso agosto sulla rivista Environmental and Experimental Botany, visibile online sul sito di Science Direct, è stata pubblicata una ricerca spagnola condotta da alcuni ricercatori dell’Università di Alcalà e del Politecnico di Madrid su un nuovo metodo di fertilizzazione fogliare. Tale metodo viene applicato direttamente sulle foglie e serve da complemento al metodo di fertilizzazione tradizionale (via apparato radicale). Le piante cresciute con questo metodo risultano essere di alta qualità e particolarmente idonee per la forestazione.

Lo studio ha preso in esame quattro diversi fertilizzanti a base di azoto (urea, nitrati, ammonio e glicina) e due specie mediterranee usate in genere nella reintegrazione boschiva: il leccio (Quercus ilex L.) e il pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.). Negli esperimenti si è provveduto ad effettuare la fertilizzazione direttamente sulle foglie.
L’alimentazione fogliare è usata in agricoltura per avere un controllo rapido e preciso della nutrizione della pianta. Questa tecnica, però, non era mai stata testata su questo tipo di piante e sui boschi.
Per poter studiare l’effetto e l’efficacia nell’adsorbimento di ciascun fertilizzante, i ricercatori hanno impiegato fertilizzanti marchiati con l’isotopo stabile dell’azoto, e quindi hanno analizzato il comportamento di entrambe le specie arboree.
Dai risultati ottenuti, i ricercatori hanno osservato che l’urea ha il miglior quoziente di assorbimento, seguita da ammoniaca, glicina e quindi nitrati. Queste differenze tra i quattro fertilizzanti si possono spiegare attraverso un’analisi delle proprietà fisico-chimiche di ciascuno di essi, in particolare la differenza tra loro in polarità, igroscopicità e solubilità.
Tra le due specie arboree si è visto un adsorbimento fogliare maggiore per il leccio rispetto al pino. Anche in questo caso, la differenza di comportamento è spiegabile attraverso le diverse proprietà anatomiche a livello fogliare quali, ad esempio, la densità degli stomi.
I ricercatori hanno inoltre evidenziato che, all’interno in ciascuna specie, esiste una correlazione tra la permeabilità cuticolare e l’adsorbimento fogliare, e questa relazione può variare a seconda del tipo di fertilizzante impiegato.
Interessanti sono anche i dati ottenuti con l’impiego della fonte organica di azoto (la glicina).

I risultati ottenuti evidenziano come la fertilizzazione fogliare porti ad un aumento del contenuto di azoto nella pianta, sia nel leccio come nel pino. Tutti i prodotti impiegati hanno riportato un risultato positivo. L’analisi dettagliata dei risultati mostra due aspetti molto importanti:

  • l’urea risulta essere il fertilizzante più efficiente
  • entrambe le specie studiate possono adsorbire la glicina intatta per via fogliare.

Inoltre, le differenze osservate sulla velocità di adsorbimento tra le due specie consente ai ricercatori di sviluppare dei modelli per poter prevedere il comportamento di altre specie arboree.

Questo metodo di fertilizzazione risulta essere uno strumento efficace per completare il regime di fertilizzazione soprattutto in presenza di suoli poveri di nutrienti o aridi. Le specie arboree così trattate presentano un miglioramento qualitativo.
Questo tipo di fertilizzazione può trovare largo impiego nei vivai, nelle aree boschive e in zone in cui l’adsorbimento per via radicale risulta difficile.

 

Per saperne di più:
Università Politecnica di Madrid
Science Direct

Riso Scotti e CHEP in sinergia per la crescita aziendale e la sostenibilità ambientale

Riso Scotti si è trasformata da semplice riseria a importante gruppo industriale alimentare perseguendo l’obiettivo di valorizzare la materia prima e garantire la qualità alimentare. La sua attenzione per una politica ambientale sempre più verde, è indirizzata  a tutta la catena produttiva e distributiva con azioni molto concrete ed efficaci. La scelta di un fornitore strategico quale CHEP è stata dettata dalla volontà di massimizzare la resa della catena distributiva riducendone i costi. CHEP, leader mondiale di soluzioni di pooling, pallet e container, ha lavorato in stretta sinergia col reparto logistico di Riso Scotti portando a rivoluzionare il metodo di trasporto e la movimentazione dei pallet. Il pooling è un sistema che si basa proprio sul riutilizzo dei pallet, il recupero delle attrezzature e il loro riciclo finale riducendo l’impatto sull’ambiente e proteggendo le risorse naturali.

I trasportatori di Riso Scotti dopo aver effettuato la consegna dei prodotti passano dal centro logistico CHEP di Massalengo per approvvigionarsi di pallet che scaricano in seguito presso lo stabilimento aziendale, dove li attende un semirimorchio già predisposto per le consegne successive. In tal modo i tempi di attesa da parte dei trasportatori vengono abbattuti rispetto al passato e i costi legati al trasporto di merci e pallet sono meno onerosi e quantificabili in una riduzione approssimativa del 10%.

Interessanti i dati che CHEP è stata in grado di fornire all’azienda in merito al risparmio ottenuto, in termini di eco-sostenibilità, rispetto alle soluzioni di pallet bianchi usati in precedenza. Grazie a CHEP Riso Scotti ha ridotto del 52% il consumo di acqua, del 72% il consumo di legname e del 77% la quantità di rifiuti portati in discarica. Inoltre secondo il GPW (Global Potential Warming), ovvero l’indicatore che misura il dato di potenziale riscaldamento globale a cui contribuiscono le aziende, l’impatto di Riso Scotti è diminuito del 50% da quando utilizza il pallet pooling CHEP.

http://www.chep.com/it/

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Strategie per diminuire lo stress idrico

Il cambiamento climatico e gli attuali consumi di acqua a livello domestico e industriale fanno prevedere seri problemi di approvvigionamento idrico negli anni a venire. Questo problema è globale e interessa tutti paesi, industrializzati e non. Su Nature Geoscience è stato pubblicato di recente uno studio effettuato da ricercatori candesi (Università McGill, Quebec) e olandesi (Università di Utrecht) che indica metodi per fermare questo continuo aumento del consumo d’acqua e per ridurne significativamente la richiesta in soli 35 anni.

Nell’articolo i ricercatori definiscono le sei strategie chiave capaci di ridurre nel mondo lo stress idrico. La definizione di stress idrico si applica quando oltre il 40% dell’acqua disponibile nei fiumi viene utilizzata. In questa situazione si trova attualmente un terzo della popolazione mondiale e può raggiungere il 50% entro la fine del secolo se si continua ad usare l’acqua nel modo attuale.
I ricercatori hanno diviso le sei strategie in:

  • “misure hard”: soluzioni che comportano un significativo impatto economico, sociale e ambientale, tipo la costruzione di nuove riserve o un aumento dei sistemi di desalizzazione;
  • “misure soft”: soluzioni che si focalizzano sulla riduzione della domanda idrica più che sull’aumento delle riserve. Queste soluzioni coinvolgono le comunità e le amministrazioni locali, e cercano di combinare innovazione tecnologica con protezione ambientale.

Le “misure soft” prevedono il coinvolgimento di tutta la comunità e delle istituzioni, quindi anche se rappresentano di fatto la visione più realistica e praticabile, devono tenere in considerazione molte variabili a livello sociale.

Per ottenere dei buoni risultati le misure non devono essere applicate tutte, ovunque e allo stesso modo, ma, secondo i ricercatori, è sufficiente applicarne 4 per evitare un aumento dello stress idrico e per stabilizzare la situazione allo stato attuale. Seguendo questo metodo, dei risultati dovrebbero essere visibili entro il 2050.

Strategie in dettaglio

Misure soft

  • Miglioramento dei metodi di irrigazione (consigliato soprattutto per le zone che già presentano problemi di stress idrico). Si può arrivare a una riduzione della richiesta idrica del 2% per il 2050 per esempio impiegando nuove varietà colturali o nutrienti più efficaci. Le ripercussioni ambientali di queste scelte (impatto delle colture OGM, eutrofizzazione delle acque…) devono essere tenute in dovuta considerazione quando si applicano queste misure.
  • Miglioramento dell’efficienza dei sistemi di irrigazione. Il passaggio da un tipo di irrigazione ad alto consumo di acqua, quale il sistema a scorrimento, verso sistemi a minor consumo, quali irrigazione a goccia, sicuramente è una soluzione auspicabile. Tuttavia devono essere tenuti in dovuta considerazione gli effetti collaterali di tali misure: l’impegno economico da parte dell’agricoltore e l’aumento della salinità del suolo.
  • Ottimizzazione dell’uso dell’acqua sia a livello domestico sia industriale. È importante effettuare interventi sia per limitare le perdite d’acqua che per migliorare le strutture per il riciclo dell’acqua.
  • Controllo delle nascite nelle zone a maggior stress idrico. Questo punto presenta serie difficoltà anche per le eventuali modalità di applicazione (pianificazione familiare, tassazione sui figli) ma, qualora la popolazione mondiale rimanesse sotto gli 8.5 miliardi nel 2050, il problema dello stress idrico sarebbe completamente sotto controllo.

Misure hard

  •  Aumentare la quantità d’acqua nei bacini di raccolta. Questa soluzione potrebbe essere impiegata nei bacini già sotto stress. Tuttavia, l’applicazione di questa misura richiederebbe un aumento della capacità di stoccaggio pari a 600 km3, ottenibile aumentando le riserve esistenti, diminuendo la sedimentazione o costruendo nuovi bacini. Questa strategia richiede un grande investimento di capitale e potrebbe avere degli impatti negativi sia sociali sia ambientali.
  • Desalinizzare l’acqua di mare in zone costiere sottoposte a stress idrico. Questa misura comporta l’aumento della capacità degli impianti di desalinizzazione esistenti o del loro numero. Per ottenere una soluzione apprezzabile, la capacità dovrebbe essere incrementata del circa il 50%. Ovviamente, questo comporta dei costi elevati sia dal punto di vista dei capitali che dell’energia necessaria e, inoltre, genera rifiuti che richiedono un corretto smaltimento.

Maggiori dettagli nell’articolo pubblicato in Nature GeoScience (numero online di agosto 2014). Articolo a pagamento.

Per saperne di più:

McGill University
Nature GeoScience