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Ricerca sui reali benefici dei prodotti da erboristeria

Il progetto PlantLIBRA finanziato all’interno del 7° programma quadro dell’Unione Europea mira ad analizzare e studiare i complementi alimentari di derivazione vegetale. L’acronimo stesso del nome del progetto PlantLIBRA (Plant Levels of Intake, Benefit and Risk Assessment) mette in chiaro gli obiettivi del progetto che punta non solo ad aumentare la conoscenza scientifica nel settore, ma anche a divulgare le conoscenze acquisite e migliorare la cooperazione internazionale nel settore dove manca, infatti, una documentazione scientifica attendibile.

Viene periodicamente pubblicata una newsletter con l’aggiornamento dei risultati; non sempre i dati scientifici del Progetto supportano quelli della divulgazione non scientifica. Si riportano qui due casi pubblicati, relativi alla capacità dei polifenoli di inibire la manifestazione del diabete di tipo II e la capacità dei semi di lino di contrastare i sintomi della menopausa.

Gli studi effettuati sugli alimenti ricchi in polifenoli, quali caffè, the e diversi integratori alimentari vegetali (PFS – Plant Food Supplements) dimostrano che tali alimenti sono effettivamente in grado di ridurre lo sviluppo di malattie correlate al diabete di tipo II. I polifenoli sarebbero in grado di ridurre lo sviluppo del diabete grazie all’azione sul metabolismo del glucosio perché intervengono sulla digestione o sul trasporto del glucosio stesso.
Il glucosio è il principale prodotto della digestione in una dieta a base di amido e disaccaridi, quali saccarosio, maltosio e lattosio. Grazie alla sua idrofilicità, il glucosio non può attraversare le membrane biologiche, di conseguenza si muove nel corpo tra i vari tessuti utilizzando dei trasportatori. Il glucosio una volta assorbito dall’intestino, entra nel sangue e di qui nelle cellule; la conseguente fosforilazione del glucosio provoca la secrezione di insulina che, stimolando l’assorbimento di glucosio in altri tessuti, riporta la concentrazione di glucosio nel sangue a livello base entro 1-3 ore.

I polifenoli si inseriscono in questo meccanismo con un chiaro effetto positivo sul controllo della glicemia, minimizzando la possibilità di sviluppo di malattie quali il diabete di tipo II .

I polifenoli sono presenti in quasi tutti i cibi contenenti derivati vegetali, inclusa frutta, verdura, cacao, caffè, tè, succhi e in quasi tutti i cibi contenenti parti o estratti vegetali, compresi i PFS.
Gli integratori alimentari che maggiormente risultano efficaci contengono almeno uno dei seguenti estratti: Ginseng americano, Coccina indica, Ipomoea batatas, Silybum marianum e Trigonella foenum-graecum.

Gli studi effettuati sui semi di lino invece non hanno evidenziato nessuna capacità reale nel diminuire i sintomi della menopausa. Il giudizio dei ricercatori non lascia spazio a dubbi in quanto non sono stati rilevati miglioramenti oggettivi per nessun tipo dei tre sintomi per i quali si dice i semi di lino abbiano effetto in menopausa, quali: diminuzione dell’intensità delle vampate, miglioramento della densità ossea e rimodellamento osseo. L’unico dato oggettivo riguarda un debole effetto sulla capacità di circolazione degli ormoni sessuali.
Esistono ovviamente casi isolati che riportano un miglioramento, ma data la loro non riproducibilità non possono essere considerati sufficientemente validi per attestare l’effettiva capacità terapeutica dei semi di lino in questo frangente.

Per saperne di più:

PlantLIBRA
PublMed

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Il pascolo estivo migliora le rese delle mucche da latte

Il Centro di Ricerche Agroalimentari Finlandese, MTT, ha pubblicato di recente una tesi di dottorato che dimostra come il pascolo estivo rappresenti una valida alternativa al solo foraggiamento con insilato. Una buona pianificazione della rotazione tra insilato e pascolo ha fatto riscontrare il mantenimento di alte rese per tutto l’anno.

Le mucche al pascolo, nonostante debbano procurarsi il foraggio in superfici estese, hanno una produzione di latte uguale o maggiore rispetto a quelle allevate in stalla e foraggiate con insilato.
Lo studio ha cercato di capire quali siano i fattori dietetici che influiscono sulla resa nelle mucche da latte. A tale scopo sono stati effettuati 9 diversi esperimenti in cui diversi gruppi di mucche sono state foraggiate in maniera differente. Ad ogni gruppo venivano somministrati supplementi alimentari in concentrazione variabile, ma costanti, tra 0 e 12 kg due volte al giorno. In 7 casi su 9 il concentrato era di origine industriale. Inoltre le mucche avevano libero accesso al pascolo o una disponibilità foraggiera pari a 19-25kg di materia secca a mucca al giorno.
Mentre è risultato facile mettere in relazione la quantità di supplemento con la resa finale, e i risultati ottenuti sono in linea con i risultati già noti e pubblicati da altri, la ricerca è andata oltre cercando di determinare anche quali siano i fattori fisiologici che collegano la resa con il tipo di dieta.
Per poter monitorare il flusso dei nutrienti si sono effettuati dei campionamenti di cibo presente nel rumine e nell’omaso. Lo studio del flusso dei nutrienti permette di capire cosa succede nel rumine a seconda del tipo di alimentazione e quindi capire quali siano le differenze nel flusso dei nutrienti quando si parta da foraggio da pascolo e quando invece da supplementi concentrati.

Nella dieta sperimentale è stata inserita la strategia della rotazione tra pascolo estivo e svernamento in stalla. Il gruppo di controllo è stato nutrito in maniera analoga ma è rimasto sempre e solo in stalla.

La risposta all’impiego di concentrato è risultata in linea con quanto riportato nel materiale di riferimento. Inoltre, l’uso di pascolo e insilato ha determinato una resa migliore rispetto al solo uso di insilato. Questo aumento della resa è probabilmente dovuto all’alto contenuto foraggiero dell’erba da pascolo. La spiegazione può essere che, per una qualche ragione, la mucca non può assorbire una quantità illimitata di foraggio dal pascolo. Tuttavia la fisiologia del rumine non limita la quantità di foraggio, quindi il limite deve venire da fattori legati al pascolo. Una differenza può essere proprio il fatto che mentre al pascolo la mucca deve coprire un’area estesa per approvvigionarsi del foraggio necessario, in stalla il foraggio è servito sul posto.

Dagli esperimenti è emerso che la resa migliore si ottiene integrando pascolo e insilato, con un apporto da pascolo pari ad almeno 20kg/giorno di materia secca. Per l’integrazione dovrebbe quindi preferirsi un supplemento concentrato.
In queste condizioni si ottengono le rese migliori sia per produzione di latte sia per il peso delle mucche.

Per saperne di più:
MTT

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Goccia a goccia, un metodo d’irrigazione sostenibile

L’irrigazione a goccia permette di fornire la giusta quantità d’acqua là dove è necessaria, garantendo la possibilità di fornire anche piccoli apporti. Questo tipo di irrigazione permette una più forte riduzione dei consumi  e questo, unito alla bassa pressione necessaria per l’impianto, comporta anche una notevole diminuzione delle richieste energetiche per il funzionamento del sistema. I costi di gestione sono minori rispetto all’irrigazione per aspersione, mentre il costo di installazione è proporzionale alla superficie da coprire.
Questo tipo di irrigazione è applicabile anche in aree collinari ed è compatibile con la fertirrigazione;  i vantaggi sono  evidenti e particolarmente rilevanti nei vigneti.
I limiti di questo tipo di irrigazione sono rappresentati dalla necessità di interventi irrigui frequenti e dall’esigenza di assoluto tempismo; usando questa tecnica è molto importante conoscere i meccanismi di movimento dell’acqua nei differenti tipi di suolo.

Le applicazioni sul vigneto

La tipologia dell’impianto dipende da diverse variabili ambientali, come la posizione del vigneto in collina o in pianura, o se si è in presenza di filari lunghi o corti.
I gocciolatori possono essere posizionati sopra al terreno (appesi ad un filo), sul terreno (posati a terra) o sotto il terreno (interrati). Ogni situazione presenta dei pro e dei contro e dipende quindi dallo studio dell’insieme del vigneto per scegliere l’opzione più idonea. L’irrigazione appesa ad un filo risulta la più facilmente controllabile ma d’intralcio alla spollonatura; l’irrigazione a terra è la più economica ma richiede attenzione nell’utilizzo delle macchine; l’irrigazione interrata è la più efficace ed è fuori dal rischio di danneggiamenti ma è molto costosa e di difficile ispezione.
Con l’irrigazione a goccia si deve intervenire quando la pianta non ha ancora raggiunto condizioni di stress e deve avere una durata minima (ovvero l’acqua deve avere il tempo di arrivare all’apparato radicale) e una massima (oltre la quale l’acqua si spingerebbe a profondità inutili); dipende dalla tessitura del terreno, dalla spaziatura fra i gocciolatori e dalla loro portata.
Altri fattori da prendere in considerazione sono la distanza tra i gocciolatori e la portata: distanze eccessive rischiano di generare aree di non irrigato, mentre passi troppo ravvicinati devono essere opportunamente considerati per la determinazione di corretti tempi di irrigazione. Portate modeste danno il vantaggio di valorizzare al massimo la capacità igroscopica delle particelle di terreno oltre a quello di realizzare l’irrigazione su superfici più ampie.

Applicazioni sulle patate

La gestione della pratica irrigua nella pataticoltura è orientata alla ricerca del giusto equilibrio tra incrementi produttivi, miglioramento della qualità del prodotto, economicità dell’intervento irriguo, tutela delle risorse idriche e delle caratteristiche qualitative necessarie al consumo fresco o alla trasformazione industriale del tubero. Infatti, una quota consistente della produzione è rivolta proprio alla trasformazione industriale ed è regolata da contratti che ne definiscono il contenuto minimo in sostanza secca.
Un’analisi economica sul lungo periodo evidenzia come l’irrigazione a goccia sia il sistema più appropriato per la crescita della patata nell’ottica di ritorni economici.
La patata è molto sensibile alla carenza idrica, a cui reagisce con vistosi cali produttivi in determinate fasi fenologiche, in particolare nelle fasi di stolonizzazione e tuberizzazione (cali di resa tra il 40 e il 60%). L’irrigazione a goccia produce gli effetti qualitativi più evidenti durante l’ingrossamento del tubero, cioè nella fase che potremmo definire di massimo sviluppo. In questo momento fenologico, la disponibilità idrica permette alla pianta un buon accumulo di sostanze di riserva e la produzione ha migliori opportunità di collocarsi nelle classi merceologiche più elevate.

Per saperne di più:
Agricoltura 24
Netafilm
Freshplaza