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Come la tecnologia incide su cosa e come mangiamo

L’era di internet nel settore alimentare ha spodestato le multinazionali del loro ruolo di uniche promotrici e fautrici dell’innovazione. L’uso della rete ha reso possibile al singolo produttore di raggiungere il mercato e al consumatore di poter scegliere meglio i prodotti. C’è molta più attenzione verso un’agricoltura sostenibile, ovvero quella in cui siano considerati gli interessi di tutti: produttori, consumatori e ambiente.
La tecnologia rientra in questa “democratizzazione” del settore alimentare e copre tutti i campi, dall’organizzazione della produzione alla produzione stessa, dalla vendita al consumo.
Da un punto di vista sociale e politico la tecnologia può dare una risposta allo stato di allerta per la sicurezza alimentare globale, dato che la popolazione mondiale continua a crescere (stiamo per raggiungere i 9 miliardi) mentre la disponibilità di suolo coltivabile continua a diminuire. Grazie alla tecnologia si può scoprire come diminuire gli sprechi e aumentare la produzione per sfamare milioni di persone che non hanno ancora cibo a sufficienza, ma ci si trova anche davanti a sfide di produzione avveniristiche e in alcuni casi rivoluzionarie, come la creazione di alimenti con una stampante 3D.

Ecco i 10 modi con cui la tecnologia, secondo Tech Repubblic, influenza cosa e come mangiamo:

1. Gli OGM – Organismi Geneticamente Modificati

Un OGM è un organismo che è stato geneticamente modificato per avere determinate caratteristiche. Vengono create varietà che sono resistenti a parassiti o malattie (in questo caso possono essere coltivate senza dover ricorrere all’uso di fitofarmaci), oppure varietà che presentano una maggiore resa, o migliorano la conservazione del prodotto in modo da evitare sprechi dovuti all’impossibilità di raggiungere in tempo il consumatore, o ancora che presentano un maggior valore nutrizionale, giusto per citare alcuni esempi.
Il primo pomodoro geneticamente modificato è comparso negli USA nel 1994, pochi anni dopo, oltreoceano, gli acri investiti a colture geneticamente modificate erano già un centinaio di milioni. In Europa a tutt’oggi la coltivazione di OGM è controversa e in Italia trova moltissimi ostacoli, spesso dovuti più a una presa di posizione piuttosto che a una approfondita e accurata analisi.

2. L’Agricoltura di precisione
Si sta diffondendo negli ultimi anni e prevede l’uso di macchinari e sistemi di tracciamento GPS per poter intervenire sulla parcella in modo preciso e puntuale. I trattamenti non vengono effettuati nell’intero lotto, come nell’agricoltura tradizionale, ma soltanto dove i sensori ne rilevano la necessità. L’integrazione dei dati raccolti dal sensore sulle colture, con i dati provenienti dai modelli meteorologici e quelli contenuti sui database di colture e fitofarmaci permette di massimizzare rese e interventi. Questo comporta non solo un vantaggio ambientale, in quanto si dà solo il giusto e dove serve, ma anche un aumento della produzione, fattore che, nell’ottica di dover sfamare un maggior numero di persone, risulta fondamentale.

3. I droni

Dal settore aeronautico, l’impiego dei droni viene trasferito ora anche in agricoltura per monitorare ampie superfici e quindi localizzare con precisione le sofferenze (malattie, infestanti, scarsità di  di acqua…) e potere intervenire puntualmente. Questo mpiego, se può comportare un aumento di posti di lavoro nel settore aeronautico, ha però un impatto negativo sui posti di lavoro agricoli.

4. “Internet delle cose” (Internet Of Things – IoT)

È un neologismo per indicare alcune applicazioni di internet ad oggetti e luoghi. Ne sono esempio alcuni sensori impiegati in agricoltura in grado di monitorare e collezionare dati e quindi apportare le dovute modifiche al sistema a cui sono collegate (sistema di irrigazione, monitoraggio di insetti…) e immettere i dati in un cloud computing.

5. L’abbattimento degli sprechi alimentari

Si stima che solo negli Stati Uniti ogni anno venga sprecato circa il 40% di cibo. L’impiego di social network e nuove tecnologie potrebbe abbassare drasticamente questo dato. Esistono delle App che mettono in contatto persone o aziende tra loro in modo che chi ha un surplus alimentare possa metterlo in vendita a prezzi ridotti o a disposizione per altri utenti. Queste App possono interessare ristoranti che, in presenza di scorte inutilizzate possono venderle a prezzo ridotto prima della data di scadenza, come semplici cittadini che possono così barattare tra loro degli alimenti. Uno degli esempi di queste App, diffuso anche in Italia, è Ratatouille.

6. Gli Hackathon

Gli Hackaton (il termine viene da Hacker e Marathon, massacranti gare di programmazione tese a far nascere app che impressionino i possibili datori di lavoro o i finanziatori di nuove imprese) sono degli eventi a cui partecipano esperti nei diversi settori dell’informatica, vere occasioni per lo sviluppo rapido di software. Di recente parecchi Hackaton hanno affrontato il tema dell’alimentazione e le soluzioni per il futuro alimentare. Progetti agricoli vengono così messi a disposizione del pubblico e si creano comunità online pronte a condividere soluzioni innovative e sostenibili . Un esempio è dato dal Future of Food Hackathon and Forum.

7. La stampa 3D per la cucina molecolare

Stampa 3D è una tecnologia che consente di riprodurre qualsiasi oggetto tridimensionale semplicemente progettandolo tramite un software di modellazione e stampandolo con una stampante 3D. La stampa 3D crea oggetti realizzati completamente dal nulla, oggi cresce la ricerca nel campo della cucina molecolare per la produzione di alimenti. Negli Stati Uniti esistono già diverse Start Up che si sono lanciate in questo settore, anche la NASA sta mettendo a punto un menu per astronauti che include la pizza. Piccoli frutti rossi, i lamponi, sono stati creati da una start up di Cambridge, Dovetailed, e lo scorso 24 maggio l’operazione è stata presentata al Tech Food Hack di CambridgeViene usata una tecnologia di cucina molecolare che combina gocce di liquido di vari succhi o sciroppi attraverso un processo di sferificazione. La nuova stampante 3D è in grado di assemblare ordinatamente queste palline create con qualsiasi succo di frutta per creare forme diverse, il lampone è il frutto più semplice, ma si sta studiando ora  la creazione di un’arancia.

8. Nuove locazioni di coltivazione

La tecnologia permette oggi di coltivare in luoghi impensabili fino a poco tempo fa. Basti pensare all’agricoltura fuori suolo e idroponica o sotto terra, come a Londra, dove si sta coltivando anche nei sotterranei. Questo è possibile anche grazie alla creazione di apposite luci al LED in grado di produrre la radiazione alla giusta lunghezza d’onda, differenziabile per coltura senza surriscaldare la lampadina, permettendo così alla lampadina stessa di rimanere vicino alla coltura.

9. Consultazione online delle ricette

La maggior parte della popolazione consulta le ricette online e non più su libri o ricettari. Gli smartphone e i tablet entrano di prepotenza in cucina avvantaggiati dal fatto che oltre alla ricetta sono in grado di fornire consigli su tecniche di preparazione visibili su YouTube.

10. Promozione prodotti a km zero

Il desiderio da parte del consumatore di conoscere la provenienza dei prodotti che acquista soprattutto nel settore alimentare, ha stimolato la crescita si siti web dove domanda e offerta si possono incontrare. Anche in Italia esistono siti ad hoc, un esempio è la Fondazione Campagna Amica. In questo sito sono iscritte al momento 570 aziende agricole nella sola Lombardia e il consumatore può trovare quelle più vicine a lui con la lista dei prodotti.

TechRepublic

Food Tech Connect 
Dovetailed firm  
Food and Drink 
OOD Today 
Future of Food Hackathon and Forum 
 

ENI AWARD 2014: premiati i vincitori

Si svolge oggi, al Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la cerimonia di conferimento degli Eni Award 2014. Il premio, istituito nel 2007, è divenuto nel corso degli anni un punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca nei campi dell’energia e dell’ambiente, a testimonianza dell’importanza assegnata da Eni alla ricerca scientifica e ai temi della sostenibilità.

La Commissione Scientifica di Eni Award è composta da 23 membri, tra cui il Premio Nobel Sir Harold Kroto, rettori di università, ricercatori e scienziati espressione dei più importanti centri di studio e ricerca a livello mondiale, ed è presieduta dall’accademico francese Gérard Férey.

Il Premio “Nuove frontiere degli idrocarburi” è stato assegnato, per la  sezione Upstream a Tapan Mukerji, Gary Mavko, Jack Dvorkin della Stanford University e a Dario Grana della Università di Wyoming (USA), per avere ideato e sviluppato un metodo innovativo per utilizzare i dati sismici in modo da ricavare informazioni dettagliate sul sottosuolo, guidando l’evoluzione in questo campo verso un approccio quantitativo. Le tecniche di indagine sismica hanno un ruolo fondamentale nella ricerca e produzione di olio e gas, in quanto permettono di “vedere” il sottosuolo. Il gruppo del professor Mukerji ha individuato la correlazione tra i dati sismici  e le caratteristiche fisiche di rocce e fluidi, e sviluppato un modello per quantificare parametri di rilievo.

Per la sezione Downstream il riconoscimento è stato attribuito a Amir H. Hoveyda, del Boston College (Massachusetts-USA) per la progettazione e lo sviluppo di catalizzatori per la sintesi di molecole complesse con specifiche caratteristiche steriche,per esempio con una  particolare disposizione spaziale degli atomi che le costituiscono. In particolare il prof. Hoveyda ha identificato nuove vie di sintesi particolarmente efficienti, che impiegano catalizzatori innovativi a basso costo, per produrre composti ad elevata purezza impiegati nel campo della farmaceutica, della chimica fine e dell’agro-chimica. Il notevole contributo delle ricerche del professor Hoveyda si estende anche al settore dei materiali tecnologicamente avanzati e dei polimeri.

Il Premio “Energie rinnovabili” è stato conferito a Jay D. Keasling, della University of California,Berkeley   per le sue ricerche volte ad ingegnerizzare microorganismi – in particolare Escherichia coli e Saccharomyces cerevisiae – per la produzione di biocarburanti con proprietà del tutto simili ai carburanti oggi ricavati dal petrolio, ma con la differenza che la loro combustione non immette quantità addizionali di CO2 nell’atmosfera, essendo sintetizzati da zuccheri derivati da biomasse. L’utilizzo di microorganismi appositamente ingegnerizzati consente di ridurre in modo significativo i costi di trattamento della cellulosa  per ottenere gli zuccheri necessari per la produzione di biocarburanti, in confronto alle tecnologie oggi utilizzate e basate sull’impiego di “cocktail” di enzimi.

Clément Sanchez, del Collége de France di Parigi, si è aggiudicato il Premio “Protezione dell’ambiente”. Il professor Sanchez è un pioniere nello sviluppo di tecnologie altamente innovative per la progettazione, la sintesi e l’elaborazione di materiali inorganici e ibridi organici-inorganici multifunzionali, con significative applicazioni nel campo dell’energia, del risparmio energetico, dell’ambiente e in campo  medico.

I due Premi “Debutto nella ricerca”, riservati a ricercatori under 30 che hanno conseguito il dottorato di ricerca in una Università italiana, sono stati assegnati a Martina Siena e a  Nicola Bortolamei.

La tesi di Martina Siena, discussa presso l’Università di Trieste, riguarda  la simulazione numerica del flusso di fluidi in giacimenti di olio e gas, un tema estremamente importante per prevedere il comportamento produttivo dei giacimenti. La ricerca di Martina  Siena ha proposto un metodo originale per definire la distribuzione delle proprietà osservabili nei mezzi porosi, confermato dall’analisi di dati sperimentali di permeabilità raccolti a diverse scale, in laboratorio e in campo, e  su sistemi geologici diversi, ad esempio fratturati e sedimentari.

Nicola Bortolamei ha svolto una brillante tesi di dottorato, discussa presso l’Università di Padova, su metodi elettrochimici per la produzione di materiali polimerici speciali.  La tecnica è stata estesa anche a sistemi biologici, e i risultati di questi lavori sono stati pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali.

Fonte Eni

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Un allevamento a basso impatto ambientale è possibile. I dettagli di un progetto Europeo

Durante il periodo 2007-2013 si è svolto in Europa il progetto BATFarm con lo scopo di analizzare le realtà europee esistenti e quindi delineare la strategia per trovare le Pratiche Migliori (Best Available Practice – BAT) nelle realtà agricole (Farm).

Il progetto risponde alle richieste della Comunità europea che dal 1991 mira a ridurre l’impatto ambientale delle attività agricole, e non solo, e quindi a regolare le emissioni di gas in atmosfera e la diffusione nel terreno e nell’acqua di inquinanti o di elementi che comunque hanno un impatto ambientale negativo qualora vengano rilasciati in quantità eccessive.
La direttiva 2010/75/UE impone l’adozione della Miglior Pratica Disponibile sul mercato per diminuire l’impatto ambientale. Nella scelta della miglior pratica il fattore economico è ritenuto importante, per cui è uno dei fattori che lo stesso progetto BATFarm prende in esame.
A coordinare il progetto, che interessa diversi stati europei dell’area atlantica, c’è l’Istituto Basco per la Ricerca e lo Sviluppo in Agricoltura (Neiker Tecnalia). Gli altri enti partecipanti sono: Teagasc (Irlanda), IRSTEA (Francia), INTIA (Spagna), l’University di Glasgow (Caledonia) (Scozia), e il Higher Institute for Agronomy (Portogallo).

L’allevamento intensivo è una pratica agricola comune e largamente diffusa specialmente nelle aree interessate dal progetto. Questo tipo di attività consente un buon rientro economico, ma pone diversi problemi ambientali, come le emissioni di gas inquinanti (ammoniaca, ossido d’azoto e metano) in atmosfera e il rilascio di nitrati nel suolo e nell’acqua.
Nella prima parte del progetto si sono raccolti dati sulle pratiche e sulle tecnologie relative all’allevamento attualmente in uso e si sono studiati possibili scenari per verificare come sia possibile ridurre l’impatto ambientale su aria, acqua e suolo.
Tra le pratiche prese in esame ci sono il tipo di suolo negli allevamenti a terra, l’impiego di additivi nello stoccaggio dei reflui, l’impiego e la rotazione del letame, contenitori flessibili per lo stoccaggio collettivo dei reflui, depuratori di gas all’esterno dei capannoni, l’impiego dei reflui.

Dalla ricerca emerge che non esiste un metodo unico migliore, ma ogni caso è particolare e deve essere analizzato come tale. Per ottimizzare ciascuna realtà agricola si è proceduto alla creazione di un software capace di analizzare la situazione e fornire soluzioni su come quella specifica realtà si possa muovere al fine di rilasciare meno elementi nutritivi nell’ambiente (azoto, potassio, fosforo, rame e zinco) e diminuire la produzione di ammoniaca, metano e ossido nitroso durante tutte le fasi di produzioni (alloggiamento, stoccaggio dei rifiuti, gestione dei reflui e applicazioni sul terreno).
Dal progetto emerge pure l’efficacia dei sistemi di raccolta collettivi per il trattamento dei rifiuti, elemento che si è rivelato ottimale per tutte le realtà agricole.

Il progetto è appena finito e il 13 maggio scorso si è svolta a Bilbao la conferenza conclusiva che apre alla diffusione dei risultati al grande pubblico. Infatti, i risultati ottenuti sono stati finora diffusi principalmente ad Istituzioni e centri di ricerca a livello europeo e ora tutti detti organismi devono collaborare e diffondere le nuove informazioni.
Il software messo a punto sarà disponibile a breve sul sito web di tutte le istituzioni partecipanti.

 

Per saperne di più:
Basque Research
Neiker Technalia
Batfarm
Direttiva 2010/75/UE
Direttiva nitrati 91/676/UE
Direttiva acque 2000/60/UE
Direttiva emissioni 2001/81/UE
Direttiva suolo 2004/35/UE
Direttiva IPPC– Kyoto 96/61/UE