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BEI e UniCredit insieme per l’agricoltura

La Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e il Gruppo UniCredit hanno siglato tre nuovi accordi per un totale di 700 milioni di euro per finanziamenti a medio-lungo termine destinati a fornire nuove risorse al tessuto produttivo italiano.
Tre le linee di credito:

  • prestiti destinati alle PMI (400 milioni di euro);
  • crediti ad aziende che creano nuova occupazione giovanile (200 milioni di euro);
  • finanziamenti di progetti finalizzati a fronteggiare e prevenire i danni delle calamità naturali (100 milioni di euro).

Alle PMI italiane saranno destinati 400 milioni di euro impiego di fondi BEI a condizioni di particolare favore. Le linee di credito, canalizzate sempre attraverso UniCredit e UniCredit Leasing, sono destinate al finanziamento sia di nuovi investimentisia di quelli in corso, purché non ancora ultimati. I progetti finanziabili non potranno superare l’importo di 25 milioni.
Gli interventi, relativi ad aziende attive in tutti i settori produttivi (agricoltura, artigianato, industria, commercio, turismo e servizi) potranno riguardare l’acquisto, la costruzione, l’ampliamento e la ristrutturazione di fabbricati; l’acquisto di impianti, attrezzature, automezzi o macchinari; le spese, gli oneri accessori e le immobilizzazioni immateriali collegate ai progetti, incluse le spese di ricerca, sviluppo e innovazione; la necessità permanente di capitale circolante legata all’attività operativa.

Dei 200 milioni destinati all’occupazione giovanile possono beneficiare le PMI (fino a 250 dipendenti) e le Mid-Cap (fino a 3000 dipendenti) che rispondano almeno a uno dei seguenti requisiti: hanno assunto almeno un lavoratore (tre per le Mid-Cap) di età compresa fra i 15 ed i 29 anni nei sei mesi precedenti la domanda di prestito o lo assumeranno nei sei mesi successivi; offrono programmi di formazione professionale per i giovani, o stage/programmi di formazione per i giovani; hanno stipulato un accordo di cooperazione con un istituto tecnico o scuola o università per impiegare giovani (per esempio durante stage estivi); presentano un assetto proprietario in cui la maggioranza del capitale (oltre il 50%) è detenuto da giovani sotto i 29 anni.
I progetti finanziabili non potranno superare l’importo di 25 milioni.

La terza linea di credito (100 milioni)è destinata al finanziamento di investimenti, a opera di PMI e Mid-Cap, finalizzati alla ricostruzione di infrastrutture nei settori dell’industria, del turismo e dell’agricoltura situati nelle regioni colpite da disastri naturali (Sardegna, Emilia Romagna, Toscana e Liguria i casi più recenti). Con tale linea sarà possibilità anche finanziare le opere di prevenzione come, a titolo esemplificativo, quelle antisismiche o quelle destinate al risanamento idrogeologico dei territori italiani.

L’accordo tra UniCredit e le associazioni di categoria e SGFA-ISMEA è finalizzato al supporto degli operatori del settore agricolo con nuove linee di credito per un ammontare che, nel biennio 2014-15, potrà arrivare a 1 miliardo di euro.

Gli strumenti e le linee di intervento messi a punto da UniCredit sono:

  • Agribond: prodotto di finanziamento con un budget biennale di 600 milioni di euro che prevede l’intervento di garanzia della Società di Gestione Fondi per l’Agroalimentare (SGFA), ente pubblico facente riferimento all’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare).Si tratta di prestiti a tasso agevolato della durata di sei anni di cui le imprese della filiera agricola italiana potranno usufruire per sostenere investimenti con un orizzonte temporale di medio o lungo periodo. Il fondo di 600 milioni potrebbe anche aumentare se le singole regioni decideranno di incrementare i finanziamenti per l’agricoltura destinando a SGFA altre risorse.
  • Anticipo Pluriennale Pac: 27 miliardi di euro complessivi messi a disposizione tramite i contributi previsti dalla Politica agricola comune recentemente approvata dall’UE, di cui circa 8 miliardi per il biennio 2014/15;
  • Anticipazione dei contributi dei Piani di Sviluppo Rurale: contributi pubblici per circa 2,5 miliardi l’anno, oggi sfruttati solo per il 55% del totale;
  • Supercash rotativo: per l’anticipo di fatture e contratti verso i buyer;
  • Reverse Factoring: per lo smobilizzo dei crediti vantati dai fornitori.

Per saperne di più:

Unicredit
Horizon 2020

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Le nuove linee guida dell’EFSA sul degrado dei pesticidi

L’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), su richiesta della Commissione Europea, ha preparato delle linea guida per valutare in laboratorio i tempi di degradazione dei pesticidi e la dispersione nell’ambiente. Il parametro fondamentale è il DegT50, ovvero il tempo impiegato dal pesticida in esame per dimezzare la sua concentrazione iniziale per effetto della degradazione “naturale”; la dispersione nell’ambiente infatti non è da considerarsi una degradazione. Chiaramente, devono essere presi in esami anche gli intermedi e i sottoprodotti di degradazione che a loro volta possono rappresentare un pericolo per l’ambiente. Anche per questi bisogna definire il DegT50.
Un altro parametro importante è rappresentato dal Koc, ovvero il coefficiente di ripartizione espresso sulla base del contenuto in carbonio organico del sedimento. Questo parametro dà indicazioni sulla capacità del composto chimico di legarsi al suolo e varia a seconda delle caratteristiche del suolo.

La guida dell’EFSA fornisce agli utenti i mezzi per poter calcolare il DegT50 e il Koc nell’analisi di rischio effettuata a seguito delle richieste poste dal Regolamento Europeo 1107/2009. In particolare la guida contiene:

  • informazioni su valori di DegT50 ottenuti da esperimenti in laboratorio e su campo, da usare nell’analisi di rischio;
  • informazioni su come calcolare il DegT50;
  • descrizioni di esperimenti per ottenere i valori di DegT50 nel terreno;
  • descrizione di come integrare i risultati di DegT50 ottenuti in laboratorio con quelli ottenuti sul campo in determinate condizioni;
  • indicazioni sull’uso del parametro Kom (coefficiente di distribuzione normalizzato per la sostanza organica) e Koc;
  • informazioni sull’impiego dei valori di intercettazione delle colture;
  • esempi pratici su come usare la guida.

La presenza del manuale procedurale consentirà di valutare e paragonare tra loro i diversi prodotti; pertanto oltre ad una stima dell’efficacia del fitofarmaco sarà possibile anche tenere in considerazione l’impatto ambientale.

La presenza di questa guida ha come conseguenza la richiesta alle case produttrici di valutare il DegT50 dei loro prodotti, ma comporta notevoli vantaggi per l’utente finale che avrà a disposizione dati più precisi e univoci.

Il 17-18 giugno prossimi l’EFSA organizza a Parma un meeting dove verranno illustrate nel dettaglio il significato delle linee guida e indicazioni su come valutare il DegT50 dei prodotti. Possono partecipare al meeting, che si svolge interamente in lingua inglese, soltanto coloro che si siano precedentemente iscritti. Dato il taglio molto tecnico di detto convegno, saranno interessati quanti operano nel settore della regolamentazione dei fitofarmaci.

 

Per saperne di più:
EFSA
Press Release EFSA
Meeting di Parma del 17-18 giugno
Regolamento Europeo 1107/2009

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Bonifica di siti inquinati: una soluzione viene dalle coltivazioni a scopo energetico

I ricercatori di Versailles-Grignon dell’INRA (Institute National de la Recherche Agronomique – Istituto Nazionale Francese per la Ricerca in Agricoltura) hanno pubblicato un articolo su Science Direct che riporta i risultati di uno studio sulla bonifica di siti inquinati. Questo studio prova come coltivazioni a scopo energetico abbiano un effetto benefico sulla macrofauna dei suoli contaminati da metalli pesanti. I processi biologici sono considerati la base per realizzare la decontaminazione in situ di siti inquinati.

I ricercatori si sono concentrati sullo studio di invertebrati, animali di piccole dimensioni, privi di scheletro, visibili ad occhio nudo, che vivono nel terreno o sulla sua superficie. Hanno quindi analizzato l’effetto delle diverse coltivazioni su questo tipo di macrofauna in condizioni normali (siti non contaminati) e in condizioni di stress (siti contaminati).
Le coltivazioni perenni a scopo energetico prese in esame sono state: pioppeto o miscanto a rapida rotazione, coltivazioni annuali di grano per animali e parcelle boschive.
Le aree oggetto dello studio sono:

  • la pianura di Pierrelaye, nella regione parigina, piana che copre un’area  di oltre 20 km2 e utilizzata in passato per la produzione vivaistica e che ha impiegato acqua contenente i reflui non trattati della città di Parigi;
  • la pianura di Artois, nella regione di Lens, dove si trovavano 12.400 km2 di industrie manifatturiere che per quasi un secolo hanno prodotto grandi quantitativi di polveri.

L’impiego di acque reflue e il rilascio atmosferico di polveri hanno entrambi contribuito all’inquinamento del suolo con metalli pesanti. I metalli maggiormente presenti in queste aree sono zinco, piombo, rame, cadmio. La presenza di tali metalli rende queste aree inutilizzabili per l’agricoltura tradizionale.

Durante il periodo di ricerca sono stati esaminati 10.500 invertebrati appartenenti a 130 specie, 76 famiglie e 23 ordini che vanno dalle lumache ai mille piedi, dagli onischi ai lombrichi, oltre che insetti e ragni. I ricercatori hanno confrontato la macrofauna dei suoli inquinati in cui era presente una coltivazione annuale di grano, con una con coltivazione a scopo energetico. Hanno potuto così constatare che nei campi con le coltivazioni a scopo energetico era presente una macrofauna molto più abbondante, con numero di individui da 3 a 9 volte superiore rispetto alle coltivazioni annuali. Si parla di 6-18 individui per m2 contro 2 individui).
Da un punto di vista di tipologia di specie, non è rilevata una differenza, se non molto piccola, mentre la proporzione di invertebrati “residenti” ovvero non mobili (rientrano in questa categoria i lombrichi) è decisamente maggiore nelle colture a scopo energetico.
La macrofauna presente in suoli contaminati con colture energetiche è comunque nettamente inferiore a quella riscontrabile in zone boschive (siano o no siti contaminati). In questi casi, infatti, si possono contare in media 200 individui per m2.
Dalle analisi emerge che la macrofauna sembra beneficiare dell’assenza di arature e della diminuzione della presenza di prodotti per la salute delle piante. Questi due fattori limitano la crescita e la stabilizzazione delle comunità animali.

La presenza di macrofauna comporta la maggior possibilità di bonificare il terreno attraverso “l’elaborazione” dei metalli pesanti e rendendoli biodisponibili, quindi assimilabili dall’ambiente. Tuttavia, la presenza maggiore di macrofauna comporta anche la maggior presenza di metalli biodisponibili che possono quindi avere altri impatti sull’ambiente, cosa che deve essere tenuta in dovuta considerazione.

Per saperne di più:

INRA
Science Direct