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Evaporazione sotto vuoto del digestato per tagliare i volumi dei reflui

La zootecnia intensiva ha un forte impatto ambientale e in zone di allevamento intensivo, quale la pianura padana, lo smaltimento dei reflui rappresenta un grosso problema. I liquami sono quelli che danno maggiori problemi in quanto presentano livelli elevati di azoto e fosforo. Entrambi questi composti, se dispersi nell’ambiente in quantità eccessive, portano alla contaminazione dei corpi acquiferi sotterranei. La concentrazione di azoto rilasciabile nell’ambiente è regolamentata dalla Direttiva 912/676/CEE, recepita con il D.M. 07/04/2006 n. 209.

I vincoli stringenti sullo spandimento in campo dei liquami stanno forzando gli allevatori a trovare metodi alternativi, anche perché esiste una presenza diffusa di allevamenti “senza terra” o con un’insufficiente dotazione di terreni dove poter spandere il liquame.
Si è quindi incominciato a trattare i reflui zootecnici (sia liquidi sia solidi) con metodi che possono essere di tipo:

  • Conservativo: il contenuto di azoto rimane inalterato. L’azoto quindi è semplicemente concentrato o trasformato qualitativamente.
  • Riduttivo: il contenuto di azoto viene ridotto. Una parte di azoto viene allontanato come azoto gassoso.

Attualmente le soluzioni maggiormente diffuse per il trattamento dei reflui solidi consistono nel trattamento distruttivo di combustione e nei trattamenti conservativi di stoccaggio, compostaggio / biostabilizzazione aerobia, a cui si possono aggiungere processi di rifinitura come la pellettizzazione. In aziende zootecniche di grandi dimensioni si usa la digestione anaerobica con produzione di biogas che viene poi impiegato per la produzione di energia elettrica e termica.

Gli effluenti liquidi sono trattati con sistemi conservativi (separazione solido/liquido S/L), filtrazione su membrane, evaporazione sotto-vuoto, strippaggio, digestione anaerobica) o riduttivi (rimozione biologica dell’azoto).
Tra i metodi conservativi, solo la digestione anaerobica lascia invariati concentrazione di azoto e volume dell’effluente. Tutti gli altri processi conservativi ripartiscono l’azoto in due frazioni, di cui una a volume ridotto e a maggiore concentrazione in nutrienti. Questa frazione può essere utilizzata tal quale sui terreni (utilizzo agronomico diretto), oppure valorizzata, immettendola sul mercato come concime o ammendante organico (utilizzo agronomico indiretto); in entrambi i casi con il vantaggio di aver ridotto il volume e di conseguenza i costi di trasporto e distribuzione.
Nei processi riduttivi, in generale, si trasforma l’azoto in azoto molecolare gassoso, lasciando invariato il volume dell’effluente.
La riduzione del fosforo contenuto negli effluenti zootecnici risulta invece più complessa, in quanto può unicamente passare nella frazione solida separata, a volume ridotto.

Una tecnica molto seguita dall’Università di Padova, Dipartimento per il Territorio e Sistemi Agro-Forestali TESAV, è quella dell’evaporazione sotto vuoto del digestato.
Il meccanismo prevede una digestione anaerobica del refluo. L’energia liberata nel processo di autoconsumo viene impiegata per il successivo riscaldamento in fase di evaporazione sotto vuoto. L’evaporazione comporta il riscaldamento del liquido all’interno di una caldaia a cui viene applicato il vuoto. L’applicazione del vuoto artificiale permette di evaporare il liquido ad una temperatura più bassa, ovvero a circa 37°C al posto di 100°C.
Le sperimentazioni effettuate hanno messo in evidenza che con l’evaporatore è possibile ottenere un concentrato al 10-14% di secco, con una riduzione volumetrica del 50-60%. L’evaporatore ottimale ha una tipologia a parete raschiata. Il concentrato ottenuto ha come destinazione finale primaria la distribuzione agronomica ma, grazie al volume ridotto, può essere trasportato anche a distanze maggiori a condizioni economiche accettabili; inoltre, grazie alle elevate concentrazioni in nutrienti, si presta ad essere valorizzato nell’industria dei fertilizzanti.
Il distillato presenta una concentrazione di azoto di circa 2700mg/l e in gran parte in forma ammoniacale, con solidi (sospesi e totali) e fosforo solo in tracce. A causa dell’alta concentrazione in azoto ammoniacale, il distillato non è direttamente scaricabile né in acque superficiali né in fognatura. Bisogna quindi prevedere un trattamento che comporti un’ulteriore separazione tra un liquido concentrato in sali d’ammonio valorizzabile nell’industria dei fertilizzanti e un liquido a basso contenuto di azoto scaricabile in modo da ridurre il costo di stoccaggio e di trasporto per la distribuzione agronomica.
La sperimentazione dell’Università di Padova, è iniziata nell’ambito del progetto Metadistretto della zootecnia del Veneto, e quindi ha proseguito con il Progetto RiduCaReflui, promosso dalla Regione Veneto. A sperimentazione terminata, le prove stanno continuando su un impianto pilota in collaborazione con la ditta Saita srl. L’impianto potrebbero essere commercializzato a breve.

Per saperne di più:

 

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Un kit per la lotta integrata a diposizione degli agricoltori

Con la direttiva europea n. 128 del 2009, la Comunità Europea regola l’uso dei pesticidi e indirizza gli stati membri verso un’agricoltura sostenibile con un approccio integrato alla lotta alle infestazioni. La tecnica della lotta integrata (IPM – Integrated Pest Management) coinvolge l’uso in sinergia di tecniche biologiche, genetiche e agronomiche al fine di sconfiggere parassiti (malerbe, batteri, virus, insetti e funghi) evitando così di ricorrere ad un uso intensivo di pesticidi.

La difficoltà, a tutt’oggi, sta nella corretta conoscenza, diffusione e implementazione tra gli agricoltori di queste nuove pratiche. A tale scopo l’Unione Europea sta finanziando il progetto PURE.
PURE è in funzione dal 2011 e si chiuderà nel 2015. Lo scopo principale è quello di offrire soluzioni pratiche e sostenibili per ridurre la dipendenza dai pesticidi nella maggior parte dei sistemi agricoli europei. Lo scopo vero è quello di fornire agli agricoltori una “cassetta degli attrezzi per la lotta integrata” . Coordina il progetto l’Istituto Nazionale Francese per la Ricerca in Agricoltura (INRA), l’Italia partecipa con l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. Il progetto pone maggiore attenzione alle coltivazioni più diffuse in Europa, quali: grano, mais, orticole in pieno campo, alberi da frutto, vite e pomodori coltivati in serra.
Gli scienziati stanno testando diverse soluzioni in dieci paesi Europei. In Italia ci sono 8 siti sperimentali e 20 prove in campo in aziende agricole.
Le sperimentazioni vanno dallo studio delle semine scalari (o anche false semine)  come risposta ad un’emergenza parassitaria, all’impiego di specie resistenti o tolleranti ad alcuni aggressori biologici fino al rilascio di insetti predatori all’interno delle serre.
Nuove tecnologie sono al vaglio, come campionatori d’aria in grado di prevedere l’arrivo di patogeni per via aerea, oppure il rilascio di ferormoni per disturbare l’accoppiamento. Le tecnologie che si dimostrano più efficaci in laboratorio saranno poi sperimentate su campo.
Sarà avviato uno studio dettagliato dei costi, per considerare il rapporto costi/benefici e il benessere di tutti gli operatori del settore.
Gli aspetti economici sono cruciali: stimare correttamente la soglia di tolleranza aiuta a defiire l’opportunità del trattamento. Il corretto monitoraggio di questa soglia è importante e per questo servono degli strumenti di campionatura adeguati e a portata degli agricoltori.
In allegato è possibile consultare l’ultimo manuale pubblicato con i risultati fin’ora ottenuti.

La diffusione dei dati di PURE è affidata anche al Centro d’informazione ENDURE, (ENDURE IC). Questo Centro è attivo già da anni nella diffusione di informazioni sulla protezione delle piante; nel sito si possono consultare possibili modalità per una protezione sostenibile delle colture in agricoltura. ENDURE IC è un punto di riferimento su tutti gli aspetti della gestione integrata dell’agricoltura, al fine di migliorare la conoscenza di esperti del settore, fornire consigli e suggerimenti ai servizi di divulgazione, ai consulenti ed ai ricercatori. Gli utenti del sito possono ricercare una combinazione tra coltura/organismi nocivi o malattie e paese di origine. I risultati della ricerca offrono una selezione di misure di prevenzione di qualità europea (European Best Practices) con interventi validati di Integrated Pest Management (IPM), controllo chimico dei parassiti e delle malattie così come le alternative non chimiche, come misure di controllo biologico.

Tuttavia la diffusione di nuove pratiche agronomiche passa anche attraverso l’esempio, rimane quindi necessario da parte dei governi il prendere le misure necessarie al fine di agevolare il passaggio soprattutto di aziende leader di settore che vengono spesso prese a riferimento.

Per saperne di più:

CommNet – Communicating the Bioeconomy
European Research Media Center
Progetto “PURE
INRA
ENDURE Information Center

 

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Con VLHC minori costi energetici e minore impatto di fitopatie in serra

La richiesta di tecnologie innovative per mantenere alte le rese e abbassare l’impatto energetico porta allo sviluppo di tecnologie nuove. Una tecnologia innovativa interessante è presentata da “AGAM-greenhouses” che sta esportando in tutto il mondo il suo VLHC (Ventilated Latent Heat Converter), ovvero uno strumento in grado di riscaldare la serra consumando meno energia e al tempo stesso diminuendo l’umidità relativa.

VLHC funziona prendendo l’acqua dall’umidità dell’aria all’interno della serra insieme con aria fresca. Innanzitutto converte il vapor d’acqua in acqua liquida e calore soffiando l’aria in una soluzione salina, quindi il flusso passa attraverso una matrice riempita di elementi de-essicanti all’interno di una torre di raffreddamento compatta. A questo punto, il vapore scalda naturalmente il de-essiccatore e il calore prodotto viene rilasciato dall’unità fornendo così aria calda e secca alla serra.
Di fatto, l’unità VLHC converte in modo efficace in calore utilizzabile il calore latente immagazzinato nel vapore acqueo, abbattendo così i costi energetici per il mantenimento delle serre alla giusta temperatura.
L’unità VLHC diminuisce anche l’umidità relativa, con conseguenze benefiche anche sulla propagazione di funghi. La minor facilità a proliferare dei funghi, comporta una minor necessità di ricorrere a pesticidi. La diminuzione nell’umidità relative dell’aria è tanto più marcata quanto maggiore è la tenuta della serra. In generale si riscontra un’umidità relativa media del 78% contro un’umidità relativa dell’82% nelle serre riscaldate con tubi ad acqua calda. In condizioni estreme, l’unità VLHC ha totalizzato un’umidità del 83% mentre quella tradizionale è arrivata a 88%.
Inoltre, l’abbattimento nei filtri di CO2 consente di minimizzare l’apporto esterno di aria fredda con un conseguente ulteriore risparmio energetico.
In totale si stima un risparmio del 40-60% di spese energetiche.

VLHC funziona utilizzando una potenza elettrica pari a 2 kW. In ingresso impiega una potenza totale di 25kW mentre la potenza totale in uscita è di 95kW.
Il tempo di ammortamento o di ritorno dell’investimento dipende da diversi fattori, tra cui il clima, il costo dell’energia e il tipo di coltura. In generale si ha il rientro dell’investimento nel tempo minimo di un anno e mezzo fino ad un massimo di quattro anni.

Sperimentazioni sono state effettuate in diversi paesi, tra cui Israele, luogo di origine della tecnologia VLHC, in paesi del nord Europa (Scandinavia, Benelux, Germania, Finlandia) e in Stati Uniti, Cina e Giappone.
Una sperimentazione svedese ha dimostrato come l’impiego di questo dispositivo riduca significativamente la diffusione della botrite (Botrytis) e, in generale, di muffe, batteri e funghi che proliferano in presenza di umidità. La diminuzione della diffusione di malattie, che comporta un minor ricorso ai fitofarmaci, rende l’unità VLHC un mezzo consigliato anche per l’agricoltura biologica.

I risultati di alcune sperimentazioni sono visibili negli allegati.

Per saperne di più: Agam-greenhouses