Pdf – Feo -grafici 1 e 2

Studio e riutilizzo acque prima pioggia 

Studio e riutilizzo delle acque di prima pioggia *

Analisi degli eventi meteorici e definizione delle acque di prima pioggia

Le acque di dilavamento delle aree urbanizzate a servizio delle attività antropiche, rappresentano una fonte importante di inquinamento per corpi idrici ricettori delle stesse.

Le fonti di tale inquinamento sono strettamente legate alle caratteristiche degli ambienti con cui l’acqua meteorica entra in contatto dal momento in cui si forma nell’atmosfera a quando, dopo essere caduta al suolo e raccolta da un sistema di drenaggio, viene recapitata al corpo idrico ricettore.

Nell’attraversare l’atmosfera, le gocce di pioggia assorbono le sostanze presenti e, se l’atmosfera è inquinata, anche la pioggia si carica degli stessi inquinanti.

Le sostanze inquinanti maggiormente presenti sono i metalli pesanti Zn, Cd, Cr, Cu, Pb, Ni, gli ossidi CO, SO2, NOx, e gli idrocarburi volatili provenienti dalle immissioni industriali e veicolari in atmosfera nonché dai processi di combustione incompleta.

Una volta caduta al suolo, l’acqua meteorica opera un dilavamento delle superfici con cui entra in contatto rimuovendo così gli inquinanti presenti ed accumulatisi durante il periodo asciutto antecedente l’evento meteorico.

Una ulteriore contaminazione delle acque si verifica inoltre nella rete sotterranea di raccolta dove, a seguito di eventi con deflussi collegati sufficientemente elevati, vengono ridisciolti e trasportati in sospensione i sedimenti presenti nelle condotte.

Un fattore importante di cui si deve tenere conto riguarda l’intensità e la frequenza degli eventi meteorici. Negli ultimi decenni, lo sviluppo urbano ha avuto un forte incremento in termini di superfici pavimentate impermeabili, soprattutto per quelle destinate ad usi produttivi e/o commerciali. Conglomerato bituminoso, cementizio ed altre tipologie di superfici di pavimentazione assorbono le radiazioni solari e bloccano la traspirazione dei suoli rendendo queste zone delle vere e proprie “isole di calore”. La crescente urbanizzazione ha determinato negli ultimi decenni un’intensificazione delle isole di calore con un corrispondente aumento della frequenza dei temporali, diventati via via più violenti sulle metropoli. La progressiva impermeabilizzazione dei suoli, con la collegata riduzione delle aree adibite a verde, nelle città ha sovraccaricato le reti di raccolta sotterranee, portando a una riduzione del tempo di concentrazione, a un incremento del picco e dei volumi di piena, aumentando in questo modo il rischio di inondazioni e frane, oltre ad aumentare il trasporto di sostanze inquinanti.

Tutti i fenomeni sopra esposti, fortemente dipendenti dalle caratteristiche intrinseche dell’evento pluviometrico quali intensità di pioggia, altezza totale della precipitazione ecc., concorrono nel caratterizzare la qualità delle acque convogliate e recapitate al ricettore finale.

Proprio per effetto delle interazioni descritte tra la precipitazione, l’atmosfera e le superfici dilavate, assumono particolare rilevanza ambientale, in termini di carico inquinante, le cosiddette acque di prima pioggia

Con il termine acqua di prima pioggia si intendono i primi 5 mm di precipitazione al suolo per ogni evento meteorico distribuiti su un metro quadrato di superficie impermeabile. Per essere definiti acque di prima pioggia, i 5 mm di precipitazione devono realizzarsi entro i primi 15 min di precipitazione. 

Individuazione dell’area di studio e applicazione delle norme ambientali

L’acqua caduta nei primi minuti di un evento piovoso che dilava le superfici risulterà, proprio a causa del processo di dilavamento, più concentrata in inquinanti di quelli che cade successivamente; ecco perché usualmente si distinguono differenti tipologie di pioggia e si concentra l’attenzione prevalentemente sulle acque di prima pioggia definite all’interno del D.Lgs.152 del 03 Aprile 2006, “Norme in materia ambientale”.

Lo Stato ha affidato alle Regioni il compito di redigere un Piano che preveda la tutela delle acque superficiali e sotterranee anche dagli inquinanti trasportati dalle acque di prima pioggia.

In particolare, nel caso allo studio, la Regione Veneto ha elaborato il piano di tutela delle acque, ai sensi dell’ Art. 121 del D.Lgs. 152, che affronta il tema delle acque di prima pioggia all’art. 39 delle norme tecniche di attuazione.

Nel caso allo studio i dati pluviometrici, necessari come base di partenza per effettuare tutte le successive analisi e considerazioni, sono stati richiesti all’ARPAV (Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto), relativamente alla stazione di rilevamento di Galzignano Terme, la più vicina all’area di interesse e quindi la più idonea, successivamente spostata nei pressi di Ca’ Demia a Galzignano Terme.

È stato preso in esame un intervallo temporale di 21 anni e precisamente dal 1992 al 2013. I dati che ARPAV ci ha fornito riportano, per l’intervallo temporale su citato, la quantità di pioggia caduta ogni 5 minuti per tutti i giorni dell’anno, conseguentemente sono stati elaborati dai 2000 ai 3000 record per ogni anno. (grafici 1 e 2).

Sono state calcolate dapprima le altezze di pioggia giornaliere complessive, evidenziando così l’andamento generale delle precipitazioni durante l’anno, e successivamente, per focalizzare lo studio sugli eventi di prima pioggia, sono stati individuati gli eventi nei quali le altezze di precipitazione risultavano maggiori di 5 mm in un intervallo di tempo di 15 minuti, scartando altresì quegli eventi che, comunque rispondenti ai criteri della prima pioggia, ricadevano entro le 48 ore successive così come previsto dal piano di tutela alle acque della Regione Veneto. (grafici 3, 4, 5, 6,7)

L’ area presa in considerazione è la zona industriale “San Daniele” (Figura 1)

Il sito è ubicato tra L’abitato di Torreglia e l’abitato di Montegrotto Terme. Questa è una zona industriale molto sviluppata che comprende per lo più attività tessili e attività legate ai materiali da costruzione. Questa zona è stata presa in considerazione in quanto è la superficie industriale impermeabilizzata più rilevante che si trova nei pressi della stazione di monitoraggio dei dati pluviometrici di Galzignano Terme

Dall’analisi degli eventi di prima pioggia su base mensile, si nota che essi si verificano principalmente nei mesi compresi tra Aprile e Ottobre. (grafico 8)

Nei ventuno anni considerati, nel mese di gennaio si è verificato due volte l’evento di prima pioggia, nel mese di febbraio non si è mai verificato alcun evento di prima pioggia, nel mese di marzo l’evento si è verificato cinque volte, nel mese di novembre otto volte e nel mese di dicembre due volte. 

Gennaio

2

Febbraio

0

Marzo

4

Aprile

11

Maggio

17

Giugno

19

Luglio

19

Agosto

16

Settembre

16

Ottobre

17

Novembre

7

Dicembre

2

Tabella 1 – Eventi di prima pioggia verificatisi in 21 anni

Per effettuare l’ elaborazione dei dati territoriali, relativi all’area di interesse, è stata acquisita la cartografia dal Geoportale del sito della Regione Veneto. I dati cartografici sono stai successivamente elaborati utilizzando il programma Quantum GIS (QGIS).

Tale programma è un’applicazione GIS (Geographic Information System) che permette di far confluire dati provenienti da diverse fonti in un unico progetto di analisi territoriale. I dati, divisi in layers, possono essere analizzati e da essi viene creata l’immagine mappa.

Nel caso specifico i layers che sono stati mantenuti attivi, significativi per l’oggetto di studio, sono quelli dell’Area Attrezzata del Suolo (AATT), specchi d’acqua (SP_ACQ), Pascolo incolto (PS_INC), are a servizio stradale (SV_STR), unità volumetriche (UN_VOL) e elemento divisore (EL_DIV). Utilizzando la tabella degli attributi sono state individuate le superfici attorno alle attività commerciali con una superficie non inferiore ai 5000 m2  per ricadere all’interno dell’obbligo di trattamento delle acque di prima pioggia come previsto dal piano di tutela alle acque della Regione Veneto. (Figure 2, 3, 4)

Progettare il riutilizzo delle acque di prima pioggia  

Individuate le superfici dei piazzali di ampiezza superiore ai 5000 m2 (Figura 5), nel caso esaminato, sarà necessario dividere la rete idrica esistente creando una apposita rete di raccolta per le acque di dilavamento dei soli piazzali in quanto la rete di raccolta delle acque bianche esistente convoglia le acque sia dei piazzali che dei pluviali (Figura 6) . In questo modo l’acqua di prima pioggia raccolta dal dilavamento dei piazzali potrà essere inviata in appositi impianti di fitodepurazione per poi essere trattata in modo opportuno e conseguentemente riutilizzata. 

 

Superficie (m2)

Volume (m3)

17.225,2

86,1

5.432,7

27,1

6.450,1

32,2

6.164,1

30,8

5.331,2

26,6

7.240,2

36,2

Tabella 2 – Superficie dei piazzali e volume di prima pioggia

Per progettare l’ impianto di fitodepurazione allo studio è necessario quantificare i volumi, disponibili dal deflusso, calcolati moltiplicando le superfici dei piazzali pavimentati per i 5 mm previsti dalla normativa come altezza di prima pioggia. Nel primo punto di raccolta, con un bacino di superficie di circa 35.302,1 m2, si stima un volume pari a 176,2 m3, mentre nel secondo punto di raccolta, con un bacino di superficie di circa 12.571,4 m2 si stima un volume pari a 62,8 m3.

La tipologia di impianto scelta è l’Horizontal Flow  (Figura 6)  strutturata in modo tale che i reflui da trattare attraversino le vasche di raccolta, dove vegetano le essenze fitodepuranti, scorrendo in direzione orizzontale dall’ingresso allo scarico, collocato sul lato diametralmente opposto all’entrata dei reflui.
L’alimentazione delle acque è continua e il livello del liquido all’interno del bacino di fitodepurazione è regolato dal sistema a sifone contenuto nel pozzetto di scarico delle acque depurate.

L’alimentazione delle acque è continua e il livello del liquido all’interno del bacino di fitodepurazione è regolato dal sistema a sifone contenuto nel pozzetto di scarico delle acque depurate.

Il processo di depurazione è dovuto:

  • all’azione diretta delle piante che sono in grado di mantenere ossigenato il substrato, assorbire sostanze nutrienti (nitriti, fosfati, ecc.), fare da sostegno ai microrganismi ed avere funzione evapo-traspirante;
  • all’azione dei batteri bio-demolitori che colonizzano le radici.

Nella tipologia di fitodepurazione orizzontale il tirante idrico previsto all’interno delle vasche sarà di circa 1,50 m rendendo così necessaria una superficie di bacino pari a circa 120 m2 per il primo punto di raccolta e circa 40 m2 per il secondo punto di raccolta.

La portata (Q) derivante da tali volumi idrici, considerando un tempo di permanenza di circa 5 giorni per permettere la completa depurazione delle acque, ottenuta dividendo i volumi ottenuti per i due punti di raccolta per il tempo di permanenza e quindi:

Q=V/t    [l/s]

Dove (V) è il volume in litri (l), (t) è il tempo di permanenza in secondi (s).

Risulta nei due casi pari a: 

Q_(I impianto)=(176,2∙1000)/(5∙24∙120)=176200/14400=12,23 l/s

Q_(II impianto=)  (62.8∙1000)/(5∙24∙120)=62800/14400=4,36 l/s

I volumi d’acqua così depurati possono essere riutilizzati a scopo irriguo oppure entrare nel processo industriale come acque di processo.

Sitografia

http://idt.regione.veneto.it/app/metacatalog/

http://www.comune.torreglia.pd.it/

http://www.montegrotto.org/hh/index.php

https://www.google.it/maps/preview?hl=it

http://it.wikipedia.org/wiki/Acque_di_prima_pioggia

http://www.acqueprimapioggia.com/wp-content/uploads/Veneto_PTA_Norme_tecniche_2004.pdf

 

Bibliografia

Pucci B., Masi F., Conte G. , Martinuzzi N., Bresciani R. Linee guida per la progettazione e gestione di zone umide artificiali per la depurazione dei reflui civili, Firenze,  ARPAT, 2005


* Nota
Il testo pubblicato rappresenta la sintesi del lavoro svolto da Elena Feo nell’ambito del progetto formativo e di orientamento del corso universitario "Riassetto del territorio e tutela del paesaggio".
Il progetto formativo era dedicato all’analisi e alla valorizzazione delle acque di prima pioggia, con l’obiettivo di ridurre i costi ambientali di depurazione e il consumo di acqua potabil
e.

01_002Integratori

Certificazione scientifica e legislazione più severa per gli integratori alimentari a base vegetale

Il rapporto dell’uomo con i vegetali è di lunga data. Da sempre le piante e le erbe hanno fatto parte della dieta dell’uomo per le loro qualità nutritive e proprietà salutistiche. L’utilizzo di preparati alimentari con ingredienti botanici quali il tè, gli infusi ed altri estratti di piante, ha origini antiche e negli ultimi anni si è ancora più accentuato, costituendo un mercato in continuo sviluppo. I preparati vegetali, commercializzati sotto forma di pasticche, capsule, tavolette, ecc., vengono denominati nel loro insieme "integratori alimentari a base di piante o di loro estratti" (regolamentati dalla Direttiva Europea 2002/46/CE); il loro consumo ha raggiunto oggi alti livelli.

Tra le piante di più comune utilizzazione ci sono:

  • la melissa (Melissa officinalis): ingrediente per tisane e integratori alimentari utili per la digestione, il relax e il benessere;
  • il mirtillo (Vaccinium myrtillis): usato negli integratori alimentari per i suoi benefici sulla vista;
  • il dente di leone (Taraxacum officinalis): dati i suoi effetti benefici sulle vie urinarie, è usato negli integratori alimentari per aiutare a mantenere in salute il sistema urinario, per stimolare l’appetito e favorire la digestione e per favorire la fisiologica funzionalità epatica.

Gli integratori alimentari sono fonti concentrate di sostanze nutritive o altre sostanze con effetto nutrizionale o fisiologico il cui scopo è quello di integrare la normale dieta. Sono commercializzati ‘in dosi’, cioè sotto forma di pillole, compresse, capsule, liquidi in dosi definite. Dal 12 luglio 2002 gli integratori alimentari sono stati armonizzati a livello comunitario in base al diritto alimentare (direttiva 2002/46/CE). Quelli a base vegetale sono soggetti a tutte le disposizioni previste dalla legislazione alimentare (Regolamento 178/2002/CE).
Questi prodotti sono in libera vendita nelle farmacie e nei supermercati, erboristerie e altri negozi, e si possono anche acquistare tramite internet. La loro ampia disponibilità sul mercato e il loro diffuso utilizzo – costituiscono quasi parte integrante della dieta comune – comportano per l’uomo l’esposizione significativa a rischi in termini di salute, mentre sorgono timori in termini di sicurezza e qualità, soprattutto perché, essendo classificati come integratori, sottostanno ad una legislazione e a dei controlli più blandi rispetto ai prodotti farmaceutici veri e propri.
“Prodotto naturale”, infatti, non è sempre sinonimo di “sicuro” e alcuni vegetali, o loro parti, sono velenosi. Ne è esempio la patata le cui foglie sono tossiche, mentre i tuberi sono pregevoli alimenti.

A tutela del consumatore, ma anche del produttore, l’Europa ha finanziato un progetto che, iniziato nel 2010, si è appena concluso: PlantLIBRA (PLANT food supplements: Levels of Intake, Benefit and Risk Assessment). Finanziato all’interno del 7° programma quadro, ha coinvolto 26 centri di ricerca di 4 continenti. È stato coordinato dalla farmacologa Patrizia Restani del Dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari dell’Università di Milano, e si è ufficialmente concluso durante la conferenza di Vienna (“International PlantLIBRA Conference”, 12-14 maggio 2014) a cui hanno partecipato tutti i Paesi coinvolti.

Questo progetto, nato con lo scopo di promuovere la sicurezza nell’impiego degli integratori alimentari contenenti prodotti provenienti da piante ed erbe, ha aumentato la conoscenza scientifica sui loro effetti e benefici e anche sulla qualità.
A beneficiare di queste nuove informazioni, messe a disposizione in un database, sono le amministrazioni pubbliche e gli operatori di settore. È molto importante la verifica della qualità del prodotto commercializzato; molti aspetti della qualità degli ingredienti e dei prodotti vegetali sono ad esempio legati all’adeguatezza dell’intero processo produttivo, dall’acquisizione della pianta, alla sua lavorazione, fino al prodotto finito.
Per certificare la qualità del prodotto il progetto indica una lista di laboratori di analisi certificati, presenti in tutta Europa.

Un incontro formativo sulle tecniche e le attrezzature per la distillazione delle piante officinali è organizzato dalla F.I.P.P.O. (Federazione Italiana Produttori Piante Officinali) e si terrà presso il Giardino delle erbe, il 21 Giugno 2014, in Via del Corso 6 a Casola Valsenio – 48010 – (Ravenna).

Per saperne di più:

Progetto PlantLIBRA
MoniQa – The global Food Safety Network
International Association for Cereal Science and Technology (ICC)
International PlantLIBRA Conference
Articolo Prof. Restani su Plos One
Università di Milano
Università degli Studi di Medicina Veterinaria di Vienna
UIC Botanical Center – Focus on Safety and Efficacy of Botanicals
Incontro formativo sulle tecniche e le attrezzature per la distillazione delle piante officinali