A tavola con i grandi cuochi - slowfood

A TAVOLA CON I GRANDI CUOCHI

 


227 ricette di 78 cuoche e cuochi, stellati e non, ma tutti famosi, non solo italiani. Avere tra le mani il volume e sfogliarlo inseguendo il succedersi delle ricette esaltate dalle immagini, procura una vera emozione se si ama il cibo, la buona cucina, la buona ristorazione, e soprattutto se si pensa a come il libro sia nato. Frutto di cinque anni di lavoro, raccoglie i piatti di chef e osti tra i più noti nel mondo che, su invito delle Tavole Accademiche, la speciale mensa dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in provincia di Cuneo, hanno colto in pieno il senso del progetto e la filosofia dell’Università. Hanno creato davanti agli studenti due o tre piatti con materie prime semplici, economicamente accessibili e sostenibili sotto tutti gli aspetti, dagli ingredienti, alla scelta dei prodotti locali, all’attenzione verso lo spreco alimentare. Sono tutti chef, come dice nell’introduzione al volume Carlo Petrini, Presidente di Slow food e anche dell’Università di Pollenzo, che hanno “l’autorevolezza per salire in cattedra dove si insegnano il cibo e la gastronomia in tutte le sfaccettature scientifiche”. Alcuni come Cracco, Bottura, Romito, sono anche star del web, ma tutti i personaggi passati a Pollenzo sono grandi protagonisti del panorama gastronomico, dagli osti della cucina nazionale e regionale, ai ristoratori stranieri o appartenenti a comunità di migranti presenti nel nostro territorio.
In questo volume, scrive Andrea Pieroni, Rettore dell’Università, “Pollenzo è un luogo in cui si sperimenta e si osa: in aula come in cucina, si realizza una simbiosi tra saperi pratici e mondo accademico".
Al lettore comune, appassionato della buona cucina, questo catalogo, veramente unico nel suo genere, fornisce conoscenze scientifiche gastronomiche importanti, suscita curiosità e fiducia a cimentarsi in ricette che, grazie al progetto di Pollenzo, hanno perso l’aurea di sacralità che faceva credere inaccessibili certe esperienze.

Etta Artale

BArbante

Scritto nel ghiaccio: Viaggio nel clima che cambia,


Carlo Barbante, originario di Feltre, si laurea in chimica a Venezia. Come racconta ai suoi studenti, era destinato a finire a Ferrara a produrre plastiche: si definisce infatti un figlio del Moplen pubblicizzato da Bramieri!. Invece, durante la ferma da alpino, conosce un gruppo di scienziati dell’università di Venezia, che si allenano per andare al Polo Sud. Tutte queste spedizioni hanno bisogno di un chimico per analizzare i microelementi presenti nelle carote estratte dai ghiacciai e così inizia la sua storia di scienziato ricercatore e glaciologo in diverse spedizioni nell’Artico e Antartico. Il lettore comprende fin dalle prime pagine che quelle carote rappresentano gli archivi climatici di centinaia e, con le ultime trivellazioni, anche di migliaia di anni fa.

Barbante sa raccontare anche con qualche sfumatura ironica le grandi difficoltà di lavorare in condizioni ambientali proibitive per gli umani e l’importanza della collaborazione nei team che si occupano di logistica e approvvigionamento. Non solo, nelle diverse spedizioni cui partecipa in Antartide e in Groenlandia ha modo di sperimentare la convivenza tra studiosi, ricercatori e scienziati di diverse nazioni. Sottolinea come la scienza sia un elemento che permette il superamento delle diverse posizioni politiche dei paesi di provenienza. Russi, europei, cinesi e americani lavorano fianco a fianco anche se i loro paesi hanno obiettivi economici e strategici diversi, lo studioso persegue la conoscenza e sente il compito di diffonderla.

Descrive il lavoro dei drillers, i tecnici responsabili della perforazione del ghiaccio. In genere progettano, modificano, aggiustano i carotieri, tanto che vengono appropriatamente definiti aggiustisti. Usano dei carotieri simili a quelli utilizzati dai geologi fin dal 1800 per studiare il substrato roccioso a scopo minerario. A queste tecnologie collaudate si aggiunge ora l’elettronica che accompagna le diverse fasi di penetrazione. Ma a cosa servono questi enormi investimenti di risorse economiche e umane? Lo stesso autore nel lungo percorso che accompagna il lettore, sottolinea la ricaduta che hanno i dati emersi dallo studio delle carote glaciali. Le ricerche servono per i rapporti dell'Ippc, il sistema intergovernativo mondiale che studia i cambiamenti climatici e produce documenti utili ai governi per assumere decisioni sul futuro del pianeta.

La ciclicità delle glaciazioni ma in particolare i cambiamenti repentini verificatesi nell’ultimo interglaciale definito Eemiano, che per la zona delle Alpi corrisponde all’interglaciale Riss-Würm” il periodo dell'uomo di Neanderthal, forniscono elementi di confronto con ciò che sta accadendo negli ultimi decenni. Importante collegare i diversi eventi in un quadro cronologico preciso per poter individuare analogie tra quanto sta ora accadendo agli attuali ghiacciai delle calotte polari e delle catene montuose a medie latitudini. E se spariscono i ghiacciai lasciano spazio a zone di mare aperto che si riscaldano, aumentano la circolazione delle masse calde innescando un ciclo vizioso. Senza le superfici bianche il clima della terra cambia.
Il capitolo dal titolo evocativo gira il mondo gira rispolvera nel lettore le conoscenze scolastiche sulle cause e conseguenze dei moti della Terra. I cambiamenti climatici, nel nostro pianeta sono ciclicamente indotti da parametri astronomici quali la variazione dell’inclinazione dell’asse con il conseguente diverso irraggiamento e riscaldamento delle zone del pianeta, eccentricità dell’orbita terrestre e la precessione degli equinozi. Conosciamo con buon dettaglio le variazioni degli ultimi 3 milioni di anni grazie agli archivi climatici forniti dai sedimenti marini, le calotte polari e i ghiacciai d’alta quota. Si tratta di un breve periodo se rapportato all’età geologica del nostro pianeta stimata intorno ai 4 miliardi e mezzo di anni ma importante per comprendere la ciclicità delle glaciazioni.
Altre variazioni repentine sono dovute a elementi atmosferici che possono essere innescati anche da esplosioni vulcaniche con conseguente diminuzione del riscaldamento della superficie terrestre. L’autore cita le ceneri vulcaniche repertate nelle carote che permettono la datazione di esplosioni vulcaniche. Le ceneri vulcaniche si distinguono per la grande concentrazione di ione solfato, questo dato ha permesso, per esempio, di datare con maggior precisone l’esplosione de vulcano Thera nell’isola di Santorini.
Il lettore quindi può porsi una legittima domanda: se nella storia geologica del nostro pianeta si sono sempre susseguiti periodi glaciali e interglaciali, attribuibili a cause naturali, perché allarmarci tanto sull’attuale climate change?
La risposta di Barbante è inequivocabile. I cicli climatici innestati da fattori astronomici hanno un susseguirsi cronologico che va da 23.000 a 400 mila anni a seconda del parametro considerato, tempi quindi che i Sapiens hanno sfiorato ma che sono scritti nelle rocce e nel ghiaccio. Il fattore più importante ricavabile dalle analisi dei carotaggi è la concentrazione del biossido di carbonio, responsabile in gran parte dell’effetto serra. Nei campioni degli ultimi 3 milioni di anni non aveva mai superato le 200 parti per milione, nel maggio del 2018 viene registrato il dato di 417ppm e la salita è costante negli ultimi 4 anni.
L’autore alternando aspetti tecnico-scientifici alla descrizione della vita quotidiana in ambienti estremi come l’Antartide e la Groenlandia riesce a coinvolgere il lettore diffondendo la conoscenza e l’importanza della cronologia ciclica dei cambiamenti climatici. Questo ci consente di evidenziare come i Sapiens siano responsabili del più grande sconvolgimento dell’equilibrio naturale dovuto alla liberazione nell’atmosfera, in pochi decenni, di quantità di CO2 immagazzinata in milioni di anni nei combustibili di origine fossile.
Il testo di Barbante diventa uno strumento di diffusione, grazie anche a un preciso e dettagliato glossario che si trova alla fine di ciascun capitolo. Anche il lettore comune può comprendere e fare propria la terminologia scientifica specifica degli elementi che determinano il clima come acqua, aria, venti, correnti, gas climalteranti, effetto serra. Un dizionario a portata di mano.

Alberta Vittadello

il gusto di camminare

Il Gusto di camminare

 


Spostamento territoriale e cultura gastronomica hanno caratterizzato l’essere umano sin dai suoi primordi. Le due autrici, Irene Pellegrini e Barbara Gizzi, hanno intrapreso un lungo viaggio, da Sud a Nord, da Marsala a Trieste, per la maggior parte attraverso il Sentiero Italia CAI, alla ricerca della cultura enogastronomica e naturalistica delle varie zone d’Italia. Lunghe tappe in cui il gusto del camminare lento si è incrociato col gusto del cibo identitario dei luoghi visitati. La tappa inizia a Marsala col suo omonimo vino, “che più che un vino è un’epopea corale…” e si conclude un anno dopo nella Trieste dai celebri caffè storici. In mezzo, tra l’altro, la storia del bergamotto in Calabria, la carbonara a Roma, l'amatriciana ad Amatrice, il pesce stocco di Mammola in Calabria, lo zafferano a Navelli, il "tortello alla lastra" del Casentino, i pizzoccheri in Lombardia. Nel libro la filosofia di Slow Food, editore del libro: camminare basandosi sul comune interesse di pratiche sostenibili, impegno nella difesa dell’ambiente e piacere della scoperta. Il viaggio è stato preceduto da uno studio largo e minuzioso delle tradizioni storiche, sociali, economiche, commerciali delle realtà da visitare, sicché è stato poi possibile alle autrici venire a contatto stretto con cuochi, ristoratori, testimoni locali, per ricostruire “storie fatte di spostamenti, di migrazioni, di carte nautiche, di transumanze, di passi di montagna, di mercanti e commercianti, di esploratori settecenteschi, di scambi intercontinentali, di baratti e di commerci” che hanno dato vita o mantenuto le tradizioni enogastronomiche locali tra tradizione e creatività.
La prefazione è di Paolo Rumiz che apprezza che una guida d’Italia parta dal Sud, dalle terre del sole che onorano le tavole imbandite con la forza omerica dell’ospitalità antica, dove i sapori più antichi e intensi si sprigionano dalle culture più trascurate del nostro Paese, quella greca, araba ed ebraica. Si sente però onorato che il viaggio finisca ai confini dell’Europa centrale, nella sua Trieste. E augura buon cammino a chi volesse vivere l’esperienza delle autrici. Più che una guida il libro è un saggio dove i percorsi enogastronomici si intrecciano con filosofia, storia, società, ambiente, sostenibilità. Suggerimenti pratici ed essenziali di viaggio vengono però dati nei capitoli intitolati “Consigli di viaggio lento” alla fine di ogni tappa, con indicazione del percorso consigliato e un codice QR per scaricare la traccia dell’itinerario.

Etta Artale