forestry

Le foreste “pozzi di carbonio” naturali per l’assorbimento di gas serra

La legge europea sul clima riconosce alle foreste il fondamentale ruolo di “pozzo di carbonio” naturale per l’assorbimento di gas serra. Ogni Stato membro sarà obbligato a compensare i cambiamenti nell’uso del suolo con il miglioramento o l’aumento della copertura forestale


L’IPCC (Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) evidenzia la necessità di ridurre le emissioni di gas serra del 7,6 per cento ogni anno nei prossimi dieci anni, al fine di contenere l’aumento della temperatura globale entro la soglia limite fissata dall’Accordo di Parigi di 1,5 °C (IPCC, 2018). Nel 2020 nel territorio dell’Unione europea (UE 27) c’erano circa 180 milioni di ettari di boschi e altri terreni boschivi, pari al 5 per cento dell’area forestale globale. Attualmente, l’area coperta da foreste e altri terreni boschivi risulta pari al 45,1% del territorio europeo (la superficie totale, esclusi laghi e grandi fiumi), ovvero una proporzione di poco superiore alla superficie di terreno adibita ad uso agricolo (Figura 1).

 

2020 (% di superficie boschiva)  1990 – 2020 (variazione in punti percentuali)

Figura 1. Agriculture, forestry and fishery statistics-2020 edition. Eurostat.

 

La silvicoltura e il disboscamento svolgono un ruolo importante per lo sviluppo economico di molte regioni rurali in tutta l’Ue. Recentemente, oltre alla protezione della biodiversità e ai tradizionali impieghi della silvicoltura e del disboscamento per le industrie a base di legno e per le imprese dell’energia, alle foreste europee è stato riconosciuto il ruolo fondamentale di “pozzi di carbonio” naturali. Secondo la Legge europea sul clima, per raggiungere il duplice obiettivo della riduzione di emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 e della neutralità climatica entro il 2050, gli Stati membri devono potenziare la rimozione di CO2 attraverso i propri pozzi naturali. Le emissioni e gli assorbimenti di gas serra da parte delle foreste e dei prodotti dell’attività forestale in Europa avranno un ruolo fondamentale per raggiungere l’obiettivo “meno 310 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2eq) entro il 2030. Viene definito “pozzo di carbonio” un sistema in grado di assorbire maggiori quantità di carbonio rispetto a quelle che emette. I principali pozzi di assorbimento naturali sono rappresentati dal suolo, dalle foreste, e dagli oceani. Stando alle stime attuali, i pozzi naturali rimuovono tra i 9.5 e gli 11 Gt di CO2 all'anno. Nel 2019, le emissioni globali di CO2 hanno superato di oltre tre volte (38.0 Gt) la capacità totale di assorbimento dei pozzi naturali. Attualmente, le foreste dell’Ue attraverso la fotosintesi assorbono l’equivalente dell’8,9 per cento di tutti i gas serra emessi ogni anno. Il Parlamento europeo, per evitare ulteriori emissioni causate da attività di deforestazione, ha introdotto l’obbligo per ogni Stato membro di compensare i cambiamenti nell’uso del suolo (deforestazione) con il miglioramento o l’aumento della loro copertura forestale. In pratica, nuove foreste dovrebbero controbilanciare eventuali attività di deforestazione. Queste misure sono in linea con l’Accordo di Parigi e con l’obiettivo 15 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che prevede di “proteggere, ripristinare e promuovere l'uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, combattere la desertificazione, arrestare e invertire il degrado del suolo e arrestare la perdita di biodiversità”. Le modalità mediante cui dovranno centrarsi questi obiettivi saranno al centro dei negoziati della COP26 (Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), che si terrà a Glasgow dall'1 al 12 novembre.


Per approfondire:

  • Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il raggiungimento della neutralità climatica e modifica i regolamenti (CE) n. 401/2009 e (UE) 2018/1999.
  • New EU Forest Strategy for 2030. COM(2021) 572 final.
  • Agriculture, forestry and fishery statistics-2020 edition. Statistical Books, Eurostat.

 

Foto d’intestazione: Carlo Alberto Campiotti

mondo

Crisi climatica, gli incendi minacciano le riserve di carbon legacy delle foreste

NASA Earth Observations

Il rapporto dell'IPCC 2021 stima che gli incendi aumenteranno anche in aree dove il caldo estremo e gli incendi sono stati poco frequenti. Se l’aumento della temperatura globale dovesse superare la soglia limite di 1,5 – 2 °C prevista dall’Accordo di Parigi, si andrebbe incontro al collasso climatico


Il VI rapporto dell'IPCC (Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico) sottolinea che le soglie di aumento della temperatura globale previste dall’Accordo di Parigi di 1,5 °C e 2 °C saranno superate prima della fine del secolo, a meno che nei prossimi dieci anni non si pongano in essere azioni che portino ad una riduzione netta di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra e si raggiunga la neutralità climatica entro il 2050. Secondo gli autori del rapporto, la temperatura media globale del pianeta nel decennio 2011-2020 è stata di 1,09 °C superiore a quella del periodo 1850-1900. Nel contempo, le emissioni antropiche dei principali gas serra sono ulteriormente cresciute, raggiungendo nel 2019 concentrazioni di 410 parti per milione (ppm) per la CO2 e 1866 parti per miliardo (ppb) per il metano. I numerosi incendi che sono divampati nel mondo nei mesi di luglio e agosto sono il segnale inequivocabile che le temperature dell’aria raggiungono ormai limiti incompatibili con i cicli naturali e con il benessere della vegetazione. In Europa, gli incendi hanno colpito la Siberia e soprattutto l'Europa meridionale con ondate di caldo, che in Grecia e in Italia hanno fatto registrare temperature superiori ai 47 °C. I danni causati dagli incendi non si riverberano solo sulle persone ma anche sulle foreste. Infatti, il sequestro di CO2 nei “pozzi di carbonio naturali”, rappresentati dalle foreste, costituisce il 13 per cento delle rimozioni nette delle emissioni totali di gas serra (GHG) a livello europeo e contribuisce alla mitigazione del riscaldamento globale. Circa un terzo – il 31 per cento per l’esattezza – dell’anidride carbonica delle foreste è sequestrata nella biomassa sopra il suolo, mentre il restante 69 per cento si accumula nel sottosuolo. Quando le foreste bruciano il carbonio sequestrato nelle foglie, nei rami e nei tronchi si disperde nell’aria dove aumenta la CO2 e, conseguentemente, il riscaldamento globale (Figura 1).

 

Figura 1. Emissioni annue di CO2 rilasciata durante gli incendi (Fonte: WWF, 2020).

 

I ricercatori del NASA/Xanthe Walker, Center for Ecosystem Science and Society presso la Northern Arizona University, hanno scoperto chel’aumento della frequenza con la quale accadono gli incendi, soprattutto nelle aree del Nord Europa, potrebbe portare alla distruzione dello strato di sostanza organica che contiene il carbon legacy. Si definisce in questo modo il carbonio più vecchio e protetto presente nelle foreste formatesi da più di settanta anni. Gli alberi che crescono nelle foreste richiedono mediamente tra 25 e 250 anni per raggiungere la capacità ottimale di sequestro della CO2 atmosferica. Durante gli incendi di foreste giovani, c’è il rischio che venga bruciato anche lo strato di sostanza organica che contiene il carbon legacy, poiché le foreste giovani hanno meno capacità di accumulare la quantità di materia organica necessaria per proteggere il carbonio più vecchio (carbon legacy). Pertanto, il fuoco altera il ciclo naturale del carbonio e contribuisce al rilascio di una quantità maggiore di carbonio rispetto a quella sequestrata. I ricercatori hanno inoltre verificato che quando le foreste ricrescono dopo gli incendi, hanno minore capacità di accumulare carbonio.


Per approfondire:

  • Jessica Merzdorf. 2019. https://climate.nasa.gov/news/2905/boreal-forest-fires-could-release-deep-soil-carbon/. Goddard Space Flight Center NASA.
  • IPCC Working Group 1 Report “Climate Change 2021: The Physical Science”.
  • Fires, Forests andtheFuture:a crisis raging out of control? © WWF, 2020.
siccità

Siccità in agricoltura: un’emergenza che richiede uno sforzo comune

Secondo la FAO, la siccità è responsabile del 34 per cento delle perdite vegetali e animali in agricoltura, con danni economici stimati in 37 miliardi di dollari. Le conseguenze più gravi si registrano nei paesi meno sviluppati e in quelli a reddito medio-basso


La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) sottolinea che l’agricoltura rappresenta attualmente il settore che subisce le maggiori ricadute economiche a causa degli eventi metereologici estremi. Incendi e piogge improvvisi e intensi, spesso causati da temperature eccessive e/o da lunghi periodi di siccità, sono ormai sempre più frequenti e confermano la necessità di attuare gli interventi contro il riscaldamento globale previsti dall’Accordo di Parigi del 2015 (Figura 1).

 

Figura 1. Aumento della temperatura superficiale media globale negli ultimi cinquant’annirispetto alperiodo di riferimento 1961-1980. Fonte: FAO 2021.

 

I dati ci dicono che la temperatura globale nel 2018 è stata di circa 1 °C in più rispetto a quella dell’età preindustriale e che senza adeguate strategie di mitigazione del riscaldamento globale si potrebbe toccare un aumento di 3 °C entro la fine di questo secolo (l’Accordo di Parigi prevede di contenere l’aumento della temperatura globale entro gli 1,5 – 2 °C). Secondo la FAO, saranno soprattutto i paesi meno sviluppati a subire danni maggiori. La siccità, in particolare, sarà la principale responsabile della perdita di produzione agricola, dopo le inondazioni, le tempeste, i parassiti e fitopatie, gli incendi boschivi, e si calcola che l’82 per cento delle perdite di produzione agricola e animale si registrerà a causa della siccità proprio nei paesi meno sviluppati e in quelli a reddito medio-basso (Figura 2).

 

Figura 2. Attuale sensibilità alla siccità (basata sul clima attuale e socio-economico). Fonte: Final reportof the JRC PESETA III project.

 

La FAO evidenzia che a causa di eventi metereologici estremi il settore primario perderà nei prossimi anni 280 miliardi di dollari, di cui il 39 per cento nei paesi LDC (paesi meno sviluppati) e LMIC (paesi a reddito medio-basso). A questo proposito, uno studio del JRC (Centro comune di ricerca della Commissione europea) riporta che il cambiamento climatico causerà periodi di siccità più frequenti e intensi nell'Europa occidentale meridionale e che l'impatto sull'economia europea potrebbe superare i 65 miliardi di euro all’anno entro il 2100. Per contrastare il riscaldamento globale, nell’ambito delle azioni previste dal Green Deal europeo, la Commissione con il Regolamento 2021/1119/UE, in vigore dal 29 luglio 2021, ha istituito la legge europea sul clima che impegna tutti gli Stati membri a ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento al 2030 per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Le misure finalizzate a contrastare gli effetti della siccità, sempre più frequente, intensa e diffusa, vanno attuate però mediante un’azione collettiva. Le economie più ricche dovranno mettere al primo posto la realizzazione di interventi mirati a rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento dei paesi colpiti da eventi climatici estremi mediante strategie, programmi e investimenti diretti soprattutto verso le economie meno ricche.


Per approfondire:

  • Climate impacts in Europe: Final reportof the JRC PESETA III project, EUR 29427 EN, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2018,ISBN 978-92-79-97218-8, doi:10.2760/93257, JRC112769.
  • FAO, 2021. The impact of disasters and crises on agriculture and food security: 2021. Rome. https://doi.org/10.4060/cb3673en.
  • Regolamento Parlamento europeo e Consiglio Ue 2021/1119/Ue. Quadro per il conseguimento della neutralità climatica – Normativa europea sul clima.

 

Foto d’intestazione: Da Wikimedia Commons, l'archivio di file multimediali liberi