Parte II cap.4 La fertirrigazione

La fertirrigazione è una pratica di concimazione che consiste nella somministrazione dei concimi usando come vettore l’acqua dell’irrigazione. 
La tecnica si può applicare, con impianti di tipologia differente, sia per la concimazione minerale sia per quella organica (usando ad esempio i liquami) ma in genere si adotta per la concimazione minerale.

La fertirrigazione comporta infatti la miscelazione con l’acqua irrigua di una soluzione fluida di concimi, operazione impossibile da effettuarsi con la maggior parte dei fertilizzanti organici.
Il vantaggio della fertirrigazione consiste nell’ottimizzazione della nutrizione minerale, in quanto la somministrazione dei concimi può essere adattata alla dinamica dei fabbisogni nutritivi della coltura nel corso del ciclo: un impiego ottimale dell’impianto contempla anche la variazione del dosaggio e della formula di concimazione secondo la fase fenologica della coltura. La fertirrigazione si presta per essere adottata nei sistemi d’irrigazione in pressione, preferibilmente con distribuzione localizzata (irrigazione a goccia o altri sistemi di microirrigazione). Dati gli alti costi fissi degli impianti e i costi di esercizio non trascurabili, la fertirrigazione è in genere adottata in orticoltura, in frutticoltura, in floricoltura e nelle coltivazioni in serra. Non esistono, comunque, vincoli tecnici all’adozione sulle altre colture erbacee da pieno campo.


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Parte II cap.3 Opportunità d’impiego di acque reflue depurate

L’opportunità di ricorrere alle acque reflue depurate per l’irrigazione di aree verdi nasce dalla semplice considerazione che l’acqua deve essere considerata una risorsa rinnovabile ma limitata. E’ ormai noto che esiste un deficit crescente delle risorse idriche tradizionali, ed esso riguarda in primo luogo regioni a clima arido o semi-arido, ma comincia ad interessare anche aree con precipitazioni relativamente abbondanti, con locali squilibri tra risorse e fabbisogni, con conseguente necessità di reperire nuove fonti di approvvigionamento a distanze sempre maggiori.

L’agricoltura è il settore che, in Italia, più incide sul bilancio dei consumi idrici, di conseguenza appare chiaro che il riutilizzo dei reflui depurati nel settore agricolo per l’irrigazione, permetterebbe di ridurre notevolmente il consumo globale di acqua, consentendo di trasferire le risorse idriche migliori ad usi più appropriati, come quello idropotabile.


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Parte II cap.2 Metodi irrigui e ottimizzazione dei consumi

Il territorio del bacino del Po, ricchissimo d’acqua, è caratterizzato, nello stesso tempo, da un uso estremamente intensivo della risorsa disponibile. La grande disponibilità di acqua è dovuta alla presenza di un idrosistema eccellente grazie alla catena alpina che immagazzina l’acqua dolce, sotto forma di coltre nevosa e ghiacciai; una volta rilasciata, l’acqua confluisce in pianura, dove i grandi laghi raccolgono e modulano il deflusso. Da qui si dipartono le principali reti irrigue lombarde e piemontesi, che intercettano l’acqua prima che questa percoli nel sottosuolo permeabile dell’alta pianura. Parte dell’acqua percolata riemerge nella bassa pianura e poi defluisce nel Po.

La grande disponibilità idrica ha determinato un modello irriguo povero in termini di tecnologie innovative per un uso efficiente dell’acqua o risparmio idrico (le cosiddette tecnologie water saving).
Per la gran parte, la domanda di irrigazione è soddisfatta da sistemi collettivi (consorzi di bonifica), ma una quantità consistente di agricoltori si servono anche, o solo, di proprie infrastrutture di captazione (pozzi, laghetti, ecc.).
La gran parte delle reti di irrigazione non è a pressione. Ciò significa che l’acqua può essere incanalata solo sfruttando la gravità. Le modalità di allocazione tra le diverse colture sono rigide, basate su turni predefiniti, senza possibilità di attivare una fornitura in tempo reale alle colture più vulnerabili. L’effetto paradossale è quello di utilizzare enormi quantità di acqua per irrigare colture a basso valore aggiunto, e rischiare, nel contempo, di non averne abbastanza a disposizione per le colture a più elevato valore aggiunto, qualora queste ultime si trovino “in coda”, sia dal punto di vista geografico sia stagionale, nell’accesso alla risorsa. Questa rigidità ha ripercussioni negative soprattutto in situazioni stagionali anomale in quanto, essendo le scelte sulle coltivazioni da effettuare prese all’inizio di stagione, ci si trova nell’impossibilità di effettuare qualsiasi modifica.
A livello colturale, i sistemi di irrigazione più diffusi sono quelli a gravità (scorrimento, infiltrazione laterale, sommersione, ecc,) rispetto ai sistemi con acqua in pressione (aspersione e microirrigazione).

I problemi principali del settore irriguo riguardano:

  •  la disponibilità d’acqua, che va sempre più riducendosi;
  • la ridotta efficienza che caratterizza l’assetto irriguo dominante;
  • la qualità delle acque utilizzate, spesso degradata dagli impatti antropici, sia in termini microbiologici che per le alte concentrazioni saline e di microinquinanti.

 


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