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Nuova procedura per l’analisi del rischio alimentare

È stata messa a punto dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) la procedura sistematica per l’identificazione dei rischi chimici nel cibo e nella catena alimentare. Lo studio, pubblicato il 18 dicembre 2013 sul sito dell’EFSA, analizza gli eventuali impatti diretti e indiretti sulla salute, principalmente degli esseri umani, ma anche di animali e di piante. Questa procedura è nata per rispondere al mandato intrinseco dell’EFSA come esplicitato nel Regolamento n. 178/2002/CE.

La procedura messa a punto prende in considerazione tutti i tipi di rischi possibili e li suddivide in tre categorie:

  • intenzionali di origine industriale;
  • non intenzionali di origine industriale;
  • di origine naturale, ovvero dovuti a sostanze che in qualche modo entrano nella catena alimentare attraverso l’ambiente.

L’analisi delle sorgenti è fondamentale, in quanto le conoscenze ad esse correlate variano moltissimo. Infatti i prodotti industriali tossico-nocivi sono noti nei dettagli perché esiste l’obbligo di inserirli in appositi registri dove sono messe in evidenza tutte le loro caratteristiche. Le sostanze naturali o industriali ma non intenzionali possono essere poco note, ma è comunque necessario prevederne la tossicità.
Il modello comincia con la semplice integrazione dei dati sulla sorgente del rischio con i dati relativi alle sostanze chimiche incriminate, quali i comportamenti ambientali e la tossicità potenziale. Qualora non ci siano dati precisi, questi ultimi possono essere simulati in base alla struttura e alle proprietà chimico-fisiche della sostanza stessa.
La procedura continua con una serie di passaggi successivi atti a meglio identificare il problema e le sue potenzialità tossico-nocive, tipo: quantità di inquinante, provenienza, persistenza nell’ambiente, capacità di bioaccumulo, usi dispersivi, tossicità e comparto ambientale interessato (acqua, suolo e biota).
Per meglio determinare la presenza di una reale pericolosità per la salute umana, la procedura procede in modo molto articolato, prevedendo delle immissioni di dati a multistadio dove ogni risposta risulta essere il punto di partenza per il passaggio successivo. A seconda delle esigenze i dati possono essere inseriti in modo preciso oppure dando dei criteri di selezione. Nel primo caso si ottiene un risultato preciso applicabile al caso in esame, mentre nel secondo si ottengono previsioni su diversi possibili scenari.
I modelli computazionali impiegati per le previsioni sono strumenti in silico; questi modelli sono utilissimi per prevedere il destino ambientale della sostanza in esame. Le previsioni vengono quindi integrate con i dati presenti nelle banche dati delle sostanze potenzialmente dannose: eChem Portal e QSAR Toolbox.
La capacità di basarsi su modelli computazionali in silico permette al sistema si essere applicato anche su sostanze di cui si hanno scarse informazioni. I modelli utilizzati, infatti, sono in grado di prevedere, entro un certo limite, la tossicità e il destino ambientale di sostanze anche scarsamente note. Questa caratteristica rende possibile il prevedere stati di allerta potenziali e quindi consentire agli enti preposti di prendere provvedimenti adeguati.
Questa procedura ha comunque bisogno di essere affinata e testata sul campo, possibilmente in un progetto pilota prima di poter essere impiegata su vasta scala. L’utilizzo del database, infatti, è ancora complesso per poter essere di massa.

Per saperne di più:
EFSA
eChem Portal
QSAR Toolbox

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La lotta integrata diventa obbligo di legge

Dal 1° gennaio 2014 è scattato il recepimento da parte dell’Italia della Direttiva 2009/128 dell’Unione Europea sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi ed è stato pubblicato sulla G.U. n. 35 del 12 febbraio 2014, il decreto del MiPAAF del 22 gennaio 2014 “Adozione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n.150 recante: “Attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi”.

In virtù della nuova normativa gli agricoltori dovranno utilizzare con maggiore attenzione i fitofarmaci, con l’obiettivo di ridurre significativamente l’uso di agenti chimici in agricoltura, incrementando proporzionalmente l’adozione di sistemi alternativi di difesa delle colture (mezzi agronomici, genetici, igienici, impiego di organismi utili, utilizzo di agrofarmaci selettivi e a minor rischio possibile, dosi ridotte e ridotto numero di trattamenti, etc.).

Il nuovo decreto attua definitivamente la Direttiva 2009/128 e il Regolamento 1107/2009 dell’Unione Europea sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi. La riduzione del rischio per la salute umana e per l’ambiente si persegue in questo caso attraverso un quadro di azioni per l’impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari, lo sviluppo delle tecniche di agricoltura integrata e di approcci e tecniche alternative a quella tradizionale.

Con la nuova legge entra in vigore:

  •  l’obbligo di sottoporre ad ispezione le attrezzature per la distribuzione dei pesticidi;
  •  l’adozione di provvedimenti che assicurino un maggiore rispetto dell’ambiente e della salute anche durante le operazioni di manipolazione, stoccaggio, smaltimento delle confezioni e degli imballaggi dei prodotti fitosanitari;
  • l’adozione di provvedimenti orientati alla tutela dell’ambiente acquatico e delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile;
  • l’informazione e sensibilizzazione della popolazione.
  • In allegato al decreto si trova anche il PAN (Piano di Azione Nazionale) approvato in via definitiva, dove è chiara l’introduzione della difesa integrata e biologica per ridurre l’utilizzo di fitofarmaci.

Il Piano si articola sui seguenti obiettivi:

  •  ridurre l’impatto dei prodotti fitosanitari in aree sia agricole sia extra agricole e frequentate dalla popolazione;
  •   promuovere l’applicazione della difesa integrata, dell’agricoltura biologica e di altri approcci alternativi;
  •  ridurre i rischi e gli impatti dei prodotti fitosanitari sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità e proteggere gli utilizzatori dei prodotti fitosanitari e la popolazione interessata;
  •  tutelare i consumatori;
  •  salvaguardare l’ambiente acquatico e le acque potabili;
  •  conservare la biodiversità e tutelare gli ecosistemi.

Per il raggiungimento dei citati obiettivi il Piano si propone di:

  •  attuare una sistematica formazione per gli operatori;
  •  informare accuratamente la popolazione;
  •  controllare e monitorare le macchine irroratrici e le zone irrorabili;
  •  verificare l’adeguato metodo di trasporto, stoccaggio e smaltimento dei prodotti fitosanitari;
  • implementare la difesa integrata e biologica;
  •  mettere in atto misure specifiche per la tutela dell’ambiente acquatico.

Per meglio illustrare le novità normative, Condifesa Treviso ha organizzato il 19 febbraio scorso a Treviso un incontro formativo e informativo all’interno dell’8° Forum Fitoiatrico Interregionale. Al forum hanno partecipato anche diverse multinazionali che hanno presentato i loro nuovi prodotti a basso impatto ambientale.
Per saperne di più:

La Direttiva 2009/128
Il Regolamento 1107/2009
Piano di Azione Nazionale
Condifesa Treviso

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Una Desiree resistente alla peronospera

Ricercatori inglesi, coordinati dal professor Jonathan Jones del Sainsbury Laboratory, Norwich Research Park (Norwich, UK) hanno pubblicato di recente i risultati della loro ricerca sulla selezione di una nuova patata resistente alla peronospora (Phytophthora infestans). L’articolo, comparso sul Philosophical Transactions of the Royal Society B a metà febbraio di quest’anno, descrive la selezione in laboratorio di una patata, cv "Desiree" , incrociata con i geni di una patata selvatica sudamericana, la Solanum venturii.Quest’ultima varietà presenta una resistenza innata a Phytophthora infestans.

La ricerca iniziata tre anni fa aveva lo scopo di trovare un’alternativa all’impiego troppo massiccio di fitofarmaci nella coltivazione delle patate, principalmente necessari per combattere la peronospora. La peronospora è un microrganismo della famiglia degli oomyceti, che attacca principalmente le piante di patate e pomodori. Le piante infettate subiscono dei danni all’apparato fogliare con conseguente riduzione della fotosintesi e quindi dell’accumulo di sostanze di riserva nel tubero. La peronospora è una delle malattie più devastanti anche a causa della persistenza nel terreno e della capacità di superare le difese naturali delle colture.
Per sconfiggere questo oomyceto si ricorre ad un uso, a volte necessariamente massiccio, di fitofarmaci. Ma i fitofarmaci presentano costi ambientali non sostenibili, un impatto economico non marginale e ripercussioni non trascurabili sulla salute umana.
Per diminuire l’uso di fitofarmaci il gruppo di ricerca ha concentrato la propria attenzione sulle cultivar patogeno-resistenti senza però perdere di vista le caratteristiche organolettiche e produttive.
Come detto sopra la soluzione proposta dai ricercatori inglesi viene dall’incrocio di due patate: la prima, Desiree, comunemente coltivata in tutta Europa, e una seconda, Solanum venturii, presente in Sudamerica come specie selvatica. Questa varietà presenta resistenza genetica alla peronospora; i ricercatori hanno individuato nel gene Rpi-vnt1.1 la causa della resistenza. Una volta individuato il gene responsabile, i ricercatori hanno provveduto alla sua estrazione e quindi alla sua introduzione nella varietà comune Desiree.
La scelta della modificazione genetica, invece  della metodologia tradizionale a incroci successivi, è principalmente dettata dalla velocità ed efficacia del metodo. Infatti i tempi lunghi necessari con gli incroci normali possono consentire anche al patogeno di adattarsi alla nuova varietà rendendo così inutili gli sforzi di ricerca e selezione.
Le patate normalmente coltivate possiedono circa 750 geni di resistenza, ma nella maggior parte delle varietà la peronospora è in grado di superarli.
La patata ottenuta è a tutti gli effetti una Desiree, soltanto con una resistenza naturale alla Phytophthora infestans.
La sperimentazione è durata tre anni ed è avvenuta sui campi sperimentali del John Innes Centre, istituto di ricerca sulle piante di Norwich.
Un risultato particolarmente significativo è stato ottenuto nel 2012, quando, date le condizioni ambientali particolarmente favorevoli alla propagazione della peronospora, non si è provveduto ad inoculare il patogeno ma si è osservata la normale diffusione. All’inizio di agosto, il 100% delle patate non modificate erano infette, invece tutte le piante modificate sono risultate resistenti al patogeno fino al termine della sperimentazione. Inoltre si è ottenuto un secondo risultato molto importante: la resa delle piante modificate è risultata nettamente maggiore rispetto a quelle non modificate (da 6 a 13 kg di tuberi per blocco nel primo caso contro una resa variabile da 1,6 a 5 kg nel secondo).
Questa patata non è ancora disponibile sul mercato in quanto la normativa vigente in materia di specie modificate geneticamente richiede un’autorizzazione specifica della Comunità Europea. La ricerca è stata finanziata dal Consiglio di Ricerca per le Biotecnologie e Scienze Biologiche del Regno Unito e da imprese private.

Per saperne di più:
Philosophical Transactions of the Royal Society B
Sainsbury Laboratory, Norwich Research Park (Norwich, UK)