il giro del mondo nell'Antropocene

Il Giro del Mondo nell’Antropocene

Una mappa dell’umanità del futuro.
Carte di Francesco Ferrarese. 


Gli autori scelgono un contesto sostenuto da proiezioni e dati scientifici, nutrito da viaggi e sorvoli del pianeta tra geografia e fantasia come il famoso Giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne pubblicato esattamente mille anni fa. Già questo elemento mette il lettore in condizione di riflettere sulla relatività del tempo e dello spazio geografico, quest’ultimo mutevole da sempre ma con ordine temporale decisamente accelerato negli ultimi decenni. La struttura del testo permette di orientarsi e comprendere i cambiamenti prevedibili in ciascuno degli otto continenti dall’Africa all’Antartide che cambierà completamente e viene ribattezzata “Iperaustralia”. Importanti sono le finestre sull’Antropocene attuale con capitoli dedicati agli sconvolgimenti geografici e climatici presenti già in alcune aree del nostro pianeta.
Il campo profughi di Bidi Bidi nel nord dell’Uganda costituisce una vera e propria metropoli di baracche che ospitano centinaia di migliaia di sfollati. In Kenya e Somalia il campo Dadaab è nella stessa situazione. Ma perché migrano queste persone? Nella maggior parte a causa della siccità che provoca carenza alimentare di base, ma anche a causa di guerre religiose e scontri tra diverse etnie. Migrare diventa l’unica soluzione possibile anche se spesso è senza futuro. Nelle prime migrazioni i Sapiens, da poco comparsi sul pianeta andavano davvero incontro a luoghi più ospitali e con maggiori risorse: ciascuna migrazione ha dato origine allo sviluppo di nuovi rami di Sapiens e condivisione di tecnologie. Cicerone affermava Patria est ubicumque est bene, la patria è dovunque si sta bene. Purtroppo le migrazioni attualiinnescano altri conflitti e opposizioni politiche e ideologiche.
Nel capitolo titolato “deserti umani” vengono descritte le condizioni attuali di alcune aree medio orientali a partire dal lago di Aral oggi ridotto al 25% dei suoi 68.000 kmq e che ha perso il 60% della sua risorsa idrica. Lo stravolgimento ambientale era legato alla necessità di utilizzare le terre per la produzione del cotone promossa dall’URSS dopo la metà del XX secolo. Lo snaturamento del suolo per farlo diventare una monocoltura ha compromesso l’esistenza stessa del lago che rappresentava un bacino idrico fondamentale per le popolazioni kazache e Uzbeke. Ma oltre alla perdita della risorsa acqua, ciò che rimane è un’area fortemente inquinata da diserbanti e pesticidi. La popolazione rimasta fa i conti con malattie polmonari e varie altre patologie legate all’ambiente. Ancora una volta i Sapiens odierni dimostrano di vivere nel presente “qui e ora” senza pensare al futuro. E così è ben difficile distinguere un deserto naturale da uno umano.
L’elemento temporale si incontra nel capitolo ambientato nel futuro dedicato al continente Iperaustralia. La calotta polare antartica, nella ricostruzione del viaggio, si era definitivamente fusa nel 2570. I trecento anni precedenti avevano assistito a scontri continui per accaparrarsi le risorse da parte di tutti i paesi confinanti e non, in primis Cina e Stati Uniti ma anche l’Europa allargata che aveva in Antartide le basi scientifiche di monitoraggio ambientale. Proprio lì 800 anni prima le carote di ghiaccio antico avevano palesemente evidenziato i danni che l’umanità stava provocando all’equilibrio climatico.
La dimensione narrativa del viaggio immaginario, la dimensione scientifica della geografia fisica, le diverse realtà sociopolitiche, il linguaggio cartografico con tutta la sua capacità di visualizzazione intuitiva accompagnano il lettore a scoprire gli elementi fondamentali che stanno caratterizzando la nuova epoca geologica dove i Sapiens la fanno da padroni. Per questo l’opera si può definire un testo di denuncia: miopia, scarsa fiducia nella scienza, interesse economico e inettitudine, contraddistinguono e causano verosimilmente cambiamenti irreversibili.
Al lettore curioso possono interessare gli strumenti e le tecnologie utilizzati per la realizzazione delle cartografie che, ribadiamo, sono il risultato di elaborazione di dati reali e non sono frutto di fantasia. Le tavole che illustrano questo libro sono state realizzate con un software di disegno utilizzando i dati del Geographic Information System GIS. I modelli ottenuti permettono di visualizzare gli effetti di “allagamento” di territori tra zero e sessantacinque metri s.l.m.m attuali. Attraverso i Modelli di Elevazione Digitale DEM e alla loro manipolazione è stato possibile ottenere cartografie molto precise. È stato utilizzato il modello elaborato dai dati radar interferometrici raccolti dallo shuttle nel febbraio 2000 che copre tutta la superficie terrestre tranne i poli per le cui superfici è stato utilizzato Arctic DEM. Particolare interesse suscita la toponomastica, scelta per evidenziare i luoghi che avranno una connotazione fisiografica diversa a causa dell’innalzamento del livello marino.

Alberta Vittadello

 

Il campo rosso Zangrandi

Il campo rosso. Cronaca di un’estate-1946

A cura di Giuseppe Mendicino
Collana "personaggi"


La costruzione del Rifugio Antelao nel Cadore, sulla sella Pradonego a circa 1800 metri di quota con un’ampia vista verso le Marmarole, il lontano Comelico e i bastioni argentati dell’Antelao: “Il campo rosso” è il racconto di questa strenua avventura intrapresa nell’estate del 1946 da Giovanna Zangrandi, pseudonimo di Alma Bevilacqua, per realizzare il sogno che nel corso della Resistenza aveva condiviso con l’uomo amato, il comandante partigiano Severino Rizzardi. Sogno spezzato dalla morte di lui in una imboscata dei tedeschi il 26 aprile del 1945. Nell’estate del 1946, innamoratissima delle montagne e in particolare di quelle della Resistenza a cui aveva partecipato come staffetta dal 1943, Giovanna decide di procedere ugualmente alla costruzione del rifugio per gestirlo personalmente. Con coraggio e determinazione porterà a termine l’impresa. Dirigendo una squadra di pochi operai e manovali, affronta fatiche immani economiche e soprattutto fisiche per le difficoltà di reperire i materiali e traportarli sul luogo della costruzione, a dorso di mulo o su qualche jeep militare, oppure a piedi con gerla in spalla. Giovanna è coinvolta psicologicamente nelle vite degli operai e di chi le sta intorno, rischia lei stessa la perdita di un occhio, vive e combatte il risveglio di pulsioni sopite. Il titolo “Il campo rosso” richiama un campo di grano infiammato dai papaveri, caro ricordo dell’infanzia in pianura, ma anche dei rododendri dell’altopiano in cui sta per essere costruito il rifugio. Il racconto non è mera cronaca, stupisce per la qualità della scrittura. Fatti, episodi, avvenimenti di quell’estate, sono filtrati in metafore linguistiche di colori, suoni, dolcezze e asprezze della natura, respiri dell’animo. La durezza del presente si intreccia con il dramma della guerra appena finita, che è presente nella memoria in sottofondo. Giovanna non vuole abbandonarsi alla disperazione, usa una lingua scattante ma poetica per un racconto duro ed estremamente reale.
La soddisfazione per una impresa riuscita si scontra con una dura realtà, come racconta Mendicino nella prefazione. Dopo qualche anno Giovanna, che nel libro è Anna, mentre Severino è Dario, capisce che l’impresa più ardua è gestire il rifugio. In bellissima posizione panoramica, è però lontano dalle vie alpinistiche dell’Antelao e non agevole da raggiungere per gli escursionisti. Le nuoce poi un certo pregiudizio maschilista diffuso tra alpinisti e montanari. Nel 1951 cede il Rifugio Antelao al CAI di Treviso che lo gestisce tuttora. Cessata la gestione del rifugio, Giovanna Zangrandi inizia a scrivere, parecchi libri parlano dei Partigiani e della Resistenza.
Il libro edito da Ceschina nel 1959, non era stato ristampato. È stato riscoperto e pubblicato dal Club alpino italiano per la collana “personaggi” nel dicembre 2022.
Bella e interessante la prefazione in cui Giuseppe Mendicino, curatore del libro, presenta la complessa e ricca figura umana e letteraria di Giovanna Zangrandi, dalla sua nascita nel 1910 a Galliera in provincia di Bologna, fino alla sua morte a Pieve di Cadore il 20 gennaio del 1988.

Etta Artale

 

 

il reich segreto

IL REICH SEGRETO

Le basi tedesche tra l’Antartide e il Sud America 


In questo saggio un'approfondita indagine su occulte presenze tedesche in Sud America sia durante il secondo conflitto mondiale, sia nel dopoguerra. Dodici rcchi capitoli di storia e analisi e a conclusione una ricca documentazione. 
Il Terzo Reich nasconde ancora molti segreti.  Marco Zagni svolge un’approfondita indagine su alcuni misteri relativi alla Germania nazista, anche con il contributo diretto di ricerche e spedizioni effettuate in Bolivia, Perù e Brasile.
La Germania di Hitler ha veramente avuto delle basi segrete in Sud America e in Antartide? Di che cosa si occuparono e quali furono i veri scopi di queste missioni tedesche? Quali furono i comportamenti e le reazioni militari degli Alleati? L’Autore risponde a queste domande studiando e analizzando diversi documenti poco conosciuti o inediti, e riportando resoconti personali di viaggi e di operazioni svolte sul campo….(continua a leggere su /www.mursia.com/products/marco-zagni-il-reich-segreto

La Redazione