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Fare impresa a zero emissioni è possibile

È tutta italiana, sarda per la precisione, la prima impresa completamente ecosostenibile a ridottissimo impatto ambientale che impiega come materie “prime” materiali di scarto principalmente provenienti dall’agricoltura e li trasforma dando vita a materiali di qualità che trovano impiego nell’edilizia. I residui maggiormente impiegati sono residui di processi produttivi, come i reflui della lavorazione del latte e le sottolavorazioni della lana, salvando questi prodotti dallo smaltimento e immettendoli nuovamente nel ciclo produttivo, nel pieno rispetto della strategia europea di riuso e riciclo. Il progetto nel suo complesso si chiama “Casa Verde CO2.0” e al suo interno operano due imprese: Edilana e Edilatte.

Il primo materiale di scarto ad essere stato riutilizzato è stata la lana. L’industria tessile utilizza le fibre lunghe mentre le corte vengono normalmente bruciate come rifiuto speciale. L’idea di Daniela Ducato, fondatrice della Casa Verde CO2.0, nasce dall’impiego nell’edilizia di questo materiale, la lana, così ricco di proprietà solo parzialmente sfruttate.
La lana, infatti, è un ottimo isolante termico. L’isolamento termico è dato dalla capacità di trattenere l’aria al proprio interno. La lana possiede delle scaglie che danno alla fibra una certa ruvidezza e con i loro interstizi ne aumentano la superficie. Questo permette alle fibre di trattenere una maggior quantità d’aria e dunque avere ottime capacità di isolamento termico superiori a qualsiasi altro materiale naturale.
Il suo potere isolante rimane costante anche in presenza di umidità, in quanto la lana di pecora è la fibra più igroscopica che esista in natura, è in grado cioè di assorbire vapore acqueo fino ad un terzo del suo peso senza risultare bagnata, senza gonfiarsi o modificare la sua struttura. Al tempo stesso è capace di cedere lentamente l’acqua assorbita regolando l’umidità dell’ambiente. La materia cerosa (lanolina) che riveste le fibre rende la lana idrorepellente. Inoltre, l’eccellente controllo dell’umidità, con sviluppo di calore nella fase di assorbimento, evita fenomeni di condensa.
La lana di pecora possiede anche un elevato potere ignifugo: prende fuoco con difficoltà, è autoestinguente, non fonde, non gocciola, carbonizza velocemente e non trasmette la fiamma, sviluppa poco calore e poco fumo.
Le fibre della lana di pecora (lattifera) grazie alla struttura fortemente proteica, non sono attaccabili dalle muffe ma addirittura ne contrastano la formazione.
La ricchezza cheratinica della fibra di lana dona la capacità alla lana stessa di legare ed eliminare le alcune sostanze anche tossiche.
La fibra della lana ha un’uncinatura molto ricca e sinuosa, fortemente spiraliforme che permette di abbattere l’inquinamento uditivo con il risultato di essere un buon isolante acustico.
La lana inoltre grazie alla scarsa elettricità statica non attira e non accumula polvere.

A seguito di tutte le suddette considerazioni è partita la realizzazione di pannelli isolanti per tetti e pareti in lana di pecora sarda. Rimane di particolare importanza il mantenere un bassissimo impatto ambientale su tutta la linea produttiva, pertanto nell’azienda: la materia prima utilizzata (la lana di pecora) è una risorsa rinnovabile;

  •  il ciclo produttivo è a km zero;
  •  il trasporto è a Km scambiato;
  •  l’imballaggio ecologico in carta certificata;
  • il ciclo produttivo cattura ed azzera CO2 (1m3 di pannello in lana elimina 230 kg di CO2 contro l’emissione di 170 – 240 kg di CO2 per la produzione di 1m3 di lana di roccia di polistirene);
  • il materiale cartaceo usato per la comunicazione sono realizzate in carta-alga prodotta con l’eccesso di alghe provenienti dalla laguna di Venezia.

L’idea e la realizzazione dei pannelli in lana ha portato la fondatrice di Casa Verde CO2.0, Daniela Ducato, ad essere insignita, lo scorso novembre 2013, della medaglia d’oro per il miglior prodotto rispettoso dell’ambiente in occasione della quarta conferenza mondiale organizzata ad anni alterni da Euwiin e Gwiin a Stoccolma, in Svezia.

Per saperne di più:
Euwiin International Awards
Edilana
Edilatte

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Nuove frontiere nella coltivazione della camomilla

La camomilla (Matricaria recutita) è una pianta medicinale impiegata in medicina tradizionale, alternativa e veterinaria. Mentre l’impiego della camomilla aumenta, specie nel trattamento di problemi di stomaco e intestino, la sua coltivazione in Europa è limitata. Si importa camomilla da Sud America, Egitto e Europa dell’Est, ma la coltivazione potrebbe trovare spazio anche in Europa e dimostrarsi economicamente vantaggiosa se fosse possibile selezionare una varietà che fiorisca per periodi più lunghi e con tempi di raccolta più dilazionati. Dovrebbe anche trattarsi di una varietà facile da sradicare, in modo da rendere possibile l’uso del terreno per altre colture nell’annata successiva. Questa condizione è facilmente ottenibile impiegando piante che producano per la maggior parte semi sterili.
Le varietà con le suddette caratteristiche sono in genere facili da ottenere, perché tipiche delle piante in forma triploide (cellule con tre set cromosomici aploidi anziché i normali due, diploidi). Le piante cambiano spontaneamente e naturalmente il numero di cromosomi per adattarsi meglio alle variazioni ambientali. L’aumento di adattabilità dei poliploidi a condizioni ambientali estreme è dato dal fatto che contengono una maggior varietà genetica e quindi una maggiore probabilità di produrre il genotipo più idoneo. Il ri-arrangiamento genomico e l’instabilità delle piante poliploidi giocano un ruolo nello sviluppo e ne determinano la sterilità. Questa non risulta comunque essere l’unica causa, infatti si ipotizza che lo stesso accrescimento delle dimensioni della cellula possa influenzare la riproduzione.

La camomilla presenta però una genetica conservativa e quindi non produce né spontaneamente né facilmente varietà poliploidi. Infatti all’interno della stessa cultivar i livelli di omogenità ploide è altissima, basti pensare che l’omogeneità raggiunge il 98% per la cultivar Degumille ed è addirittura del 100% per la varietà Bona.

La strada percorsa dai ricercatori dell’Università di Vienna, guidati da Bettina Fähnrich dell’Istituto di Nutrizione Animale dell’Università di Vienna, si è concentrata sia sulla creazione in laboratorio di varietà triploidi sia sull’analisi dell’intero ciclo riproduttivo della camomilla e la creazione di incroci tra varietà diverse.
La ricerca sulla produzione di varietà triploidi in laboratorio non ha ottenuto successi in quanto non solo si sono ottenute solo forme tetraploidi (con quattro set di cromosomi), ma queste forme non presentavano le caratteristiche desiderate, anzi si sono dimostrate meno stabili delle varietà naturali.
I risultati importanti ed interessanti si sono ottenuti dalla ricerca sul ciclo produttivo e sulla conseguente creazione di nuove varietà per incrocio sistematico.
Infatti, da incroci successivi si sono attenute cultivar di buona qualità, con caratteristiche che si avvicinano ai requisiti richiesti e con un maggior grado di sterilità.
Questi risultati aprono quindi una nuova strada alla ricerca presso l’Università di Vienna come altrove, e lasciano sperare nell’arrivo in un prossimo futuro di varietà di camomilla economicamente più vantaggiose nonché di facile coltivazione.

Per saperne di più:
Journal for Applied Botany and Food Quality
University of Veterinary Medicines, Vienna, Austria

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Rizza fig. 2

Picco cromatografico del  metobromuron, relativo al primo campione di lattuga, rilevato mediante un  cromatografo liquido TSQ QUANTUM ACCESS  MAX-LC MS/TP