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Bioraffinerie per l’agricoltura e l’agroindustria

Il giorno 6 dicembre 2013 si è svolto a Torino il workshop “Le bioraffinerie per l'agricoltura e l'agroindustria”, organizzato dal CRA, Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura.
Il workshop si è concentrato sulla sostenibilità dei processi produttivi agricoli, agrozootecnici e agroindustriali.
Un modo per incrementare il valore aggiunto e il reddito dell’impresa agricola è quello di valorizzare i sottoprodotti e gli scarti. L’impresa si trasforma di conseguenza in una bioraffineria che, riutilizzando i propri residui, contribuisce a ridurne il carico inquinante, aumenta la sostenibilità ambientale e allo stesso tempo migliora il bilancio economico.
A conclusione del convegno Legacoop Agroalimentare ha illustrato lo scale up di un processo pilota realizzato all’interno del progetto coordinato dal CRA-RPS: “BioMolEner – Recupero di scarti derivanti da attività agro-zootecniche ed agroindustriali per la produzione di biomolecole ad elevato valore aggiunto e biocombustibili”.
Il progetto è nato con lo scopo di creare un modello di bioraffineria realizzabile in aziende agricole di tipo agro-zootecnico e/o lattiero-caseario. Il modello già creato si basa su un sistema integrato di riutilizzo dei principali effluenti: liquami zootecnici, siero di latte e scotta (liquido residuale dopo l’estrazione della proteina e del grasso dal latte o dal siero di latte).
Il progetto prevede la produzione di biocombustibili per via biotecnologica, pertanto senza investimento di superfici agricole dedicate e senza entrare in competizione con produzioni di possibile destinazione alimentare, utilizzando esclusivamente scarti e residui, dopo aver massimizzato la valorizzazione di questi ultimi mediante l’estrazione e produzione di composti ad alto valore aggiunto.

Dal siero di latte si possono ottenere proteine, bioplasiche, acido lattico e bioetanolo.
Il siero viene pretrattato con un processo di precipitazione termocalcica e ultrafiltrazione al fine di recuperare la frazione lipidica e proteica. Il processo messo a punto non necessita del controllo della sterilità durante la fermentazione. Il processo di fermentazione creato in semicontinuo ha una resa in etanolo pressoché pari alla resa teorica massima sia con siero che con scotta. Il risultato ottenuto è particolarmente importante proprio per la scotta, perché mentre il siero può trovare varie forme di reimpiego, la scotta è un rifiuto che comporta solo un costo per lo smaltimento.
Questi processi generano a loro volta residui che possono a loro volta essere ancora riutilizzati.

Per la produzione di biodiesel è stata impiegata l’alga Scenedesmus obliquus per il trattamento di reflui gassosi e liquidi, contenenti rispettivamente CO2 e composti azotati. S.obliquus ha dimostrato la capacità di ridurre gli inquinanti presenti nel refluo, in particolare l’ammonio, con un consumo pari al 64% in 72 ore.
Bio-idrogeno e bio-metanovengono ottenuti dai liquami zootecnici con un processo di digestione anaerobica.
In particolare, il bio-idrogeno viene prodotto mediante un processo di digestione in doppio stadio in condizioni di dark fermentation. A tale scopo sono impiegati consorzi microbici selezionati su matrici complesse.
La produzione di biometano avviene invece in micro-reattori (microcosmi). La resa in biometano da siero di latte viene nettamente migliorata dall’aggiunta di effluenti zootecnici con incremento progressivo fino alla quota del 50% di liquame. E’ stata messa a punto una tecnologia innovativa a doppio stadio di codigestione di siero e liquami in continuo con fase acidogenica e metanogenica concentriche, mediante la quale le rese e la qualità di biometano sono significativamente maggiori rispetto alle digestioni a singolo stadio o a doppio stadio tradizionali.

I reflui di questi processi miscelati con gli effluenti derivanti dalle lavorazioni del siero di latte possono essere destinati alla produzione di biomassa microalgale.
L’impianto pilota realizzato e presentato al convegno è idoneo per la produzione di bioplastiche da siero di latte e di biocombustibili gassosi. La produzione di biocombustibili può avvenire o in doppio stadio, il primo per la produzione di idrogeno e il secondo volto alla produzione di metano, o con processo interamente dedicato alla produzione di metano.

Per saperne di più:
Progetto BioMolEner
Articolo sulla co-digestione siero di latte reflui zootecnici “Innovative two-stage anaerobic process for effective codigestion of cheese whey and cattle manure”

Articolo sulla produzione di bio-etanolo dall’industria casearia:
Production of bioethanol from effluents of the dairy industry by Kluyveromyces marxianus

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Horizon 2020 a sostegno della ricerca e dell’innovazione

Una opportunità per le imprese italiane che intendono innovare e per i ricercatori è l’approvazione a Strasburgo di Horizon 2020, il Programma Quadro  che incrementa il supporto alle PMI, al settore scientifico e alla ricerca sull’energia non fossile.
Il programma di ricerca contiene tre principali capitoli:

  • Leadership industriale (17 miliardi di Euro, 3,4 dei quali destinati alle PMI) per nuovi investimenti nel campo della biotecnologia e della tecnologia spaziale, e per l’accesso al capitale di rischio per le piccole e medie imprese che sviluppano processi innovativi.
  • Eccellenza scientifica (24 miliardi di Euro) per sovvenzioni a singoli ricercatori e nuovi investimenti in tecnologie e formazione per i futuri scienziati.
  • Sfide per la società (29 miliardi di Euro) per settori multidisciplinari che prevedono nuovi investimenti nella sanità, sicurezza, libertà, energia, trasporti, agricoltura e progetti dedicati alle azioni sul clima.

Parte anche il programma per la competitività delle imprese e PMI (Cosme) con uno stanziamento di 2,3 miliardi di Euro di cui 1,4 saranno utilizzati per facilitare l’accesso al credito per le PMI attraverso garanzie su finanziamenti fino a 150 mila Euro.
Novità anche per la rapidità di finanziamento: avranno una corsia preferenziale i progetti in grado di avere un impatto immediato sull’occupazione o altamente innovativi.
Ilperiodo tra la presentazione del progetto e il finanziamento dovrebbe riguardare un ambito di otto mesi.
La distribuzione delle risorse non prevede quote di fondi per ogni Paese. I fondi verranno erogati ai singoli progetti sulla base di una classifica stabilita da valutatori indipendenti. Il cofinanziamento da parte UE può arrivare al 100% dei costi diretti ammissibili per quanto riguarda la ricerca, al 70% per l’innovazione, a meno che non si tratti di ONG. Ogni bando avrà un termine di scadenza per la presentazione delle domande, che potranno essere formalizzate attraverso un portale unico. I primi bandi vengono ufficialmente lanciati l’11 dicembre.

Horizon 2020 sarà in stretta sinergia sia a livello nazionale che regionale con il 7° Programma di Azione Ambientale dell’UE, che guiderà le scelte politiche europee in materia di politica ambientale e climatica per i prossimi sette anni. Il Programma individua i seguenti obiettivi prioritari: protezione della natura, rafforzamento della resilienza ecologica, supporto alla crescita sostenibile a basso tenore di carbonio ed efficiente dal punto di vista delle risorse, e lotta alle minacce per la salute.

La commissione Europea ha promosso 22 programmi atti a promuovere prodotti agricoli all’interno della UE e nei paesi terzi. Gli stanziamenti sono di 70 milioni di Euro su 3 anni e la UE contribuisce per il 50%. Tra i progetti selezionati l’Italia compare due volte. La prima con il Consorzio della pera dell’Emilia Romagna, in unione con il Consorzio pesca e nettarina di Romagna e il Consorzio del radicchio di Treviso. Il secondo vede insieme il Consorzio di tutela del formaggio Stelvio con il Consorzio mela Alto Adige e il Consorzio tutela Speck Alto Adige. Il finanziamento totale ammonta a poco meno di 2 milioni di Euro.

Il 1° gennaio 2014 partirà ICT-AGRI-2 (Information and Communication Technologies and Robotics for Sustainable Agriculture) e durerà fino al 31.12.2017. Otto sono già i progetti che sono già stati finanziati, a due partecipa anche l’Italia:

  • ICT in grandi e piccoli allevamenti di mucche da latte, con la partecipazione dell’Università di Padova.
  • Impiego di tecniche affidabili e ambientalmente sane in agricoltura di precisione, con la partecipazione del Politecnico di Milano.

Per saperne di più:
Horizon 2020
7 Programma di azione Ambientale
UE Promozione Agricoltura
EU-PLF Smart Agricolture
APRE, agenzia per la promozione sulla ricerca europea

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Un fungo patogeno per la lotta biologica alle zecche

Le zecche rappresentano un problema per gli allevatori di pecore in quanto portatrici della febbre ricorrente delle zecche (TBF – Tick-Borne Fever), una febbre alta che abbassa le difese immunitarie. Pertanto gli animali affetti da TBF possono essere colpiti anche gravemente da malattie che comunemente sono ben tollerate.
Negli ultimi decenni la concentrazione di zecche è aumentata soprattutto nelle zone temperate dell’emisfero nord. Le zecche sono anche possibili vettori di malattie nell’uomo, alcune delle quali mortali, come la meningite, o possono indurre allergie, ad esempio alla carne rossa; inoltre una stessa zecca può veicolare più infezioni in una sola volta, con conseguente impatto più devastante sull’organismo recettivo.

Una ricerca condotta in collaborazione tra Ingeborg Klingen, dell’Istituto per l’Ambiente e l’Agricoltura di Bioforsk, dipartimento “Protezione e Salute delle Piante” e BIOPESCO, dipartimento dell’Università di Innsbruck (Austria), ha portato all’introduzione di interessanti novità sul controllo biologico delle zecche tramite l’impiego di un fungo patogeno, il Metarhizium. Questo fungo era già noto con il nome di Entomophthora anisopliae ed è un fungo che vive abitualmente nel suolo in tutto il mondo e causa malattie in vari insetti agendo come parassitoide. È un fungo mitosporico con riproduzione asessuata. Il Metarhizium viene già impiegato per il controllo biologico di elateridi, oziorrinchi, grillotalpa e di altri coleotteri terricoli.
La novità consiste nel determinare la sua possibilità di impiego anche nel controllo biologico delle zecche e si fonda proprio sulla possibilità di diffondere in natura grandi quantità di questo fungo, la cui azione biologica risulta essere nella lotta alle zecche una importante alternativa a quella del controllo chimico.
La sorte che attende le zecche colpite dal fungo è terribile: il fungo si deposita sulla cute dove incomincia a germinare; successivamente penetra all’interno e si diffonde in tutto il corpo, producendo durante la sua crescita sostanze tossiche e letali per la zecca. Il fungo quindi continua a proliferare fino a riempire tutto il corpo,poi fuoriesce sulla cute e vi forma nuove spore in grado di diffondersi poi su altre zecche.

Tale nuovo prodotto a base di Metarhizium, chiamato BIPESCO 5, è stato già incluso nell’elenco positivo dei pesticidi dell’Unione Europea in quanto ha superato tutti i test di tossicità su animali e esseri umani, e di permanenza in natura. Infatti, la permanenza in natura risulta entro i limiti e non sono stati riscontrati effetti collaterali inaccettabili ovvero dannosi per l’ambiente e la salute umana.
Oggi detto prodotto è testato su isole o sentieri con alta percentuale di zecche e i risultati sembrano promettenti. In futuro lo si vorrebbe poter impiegare anche in aree ricreative delimitate, da qui la necessità che la ricerca continui, magari in combinazione con altri metodi da sviluppare insieme a Istituti di Salute Pubblica. Attualmente si è in attesa dell’approvazione del prodotto a livello dei singoli Stati. La Norvegia, ad esempio, richiede ulteriori prove sul tempo esatto di permanenza sul terreno in un ambiente freddo e inospitale quale quello del suo territorio.

Per saperne di più:
Bioforsk
BIPESCO