Migliorare la ventilazione per migliorare gli allevamenti

Il microclima è un fattore di vitale importanza per lo sviluppo ottimale del bestiame nell’allevamento intensivo. Con microclima si intende: pressione dell’aria, rumore, temperatura, umidità, velocità di circolazione dell’aria, calore, luce solare e ultravioletta, e, ovviamente, composizione dell’aria. L’aria in una stalla contiene diversi gas, quali: ossigeno(O2), ozono (O3), anidride carbonica (CO2), ammoniaca (NH3), acido solfidrico (H2S), particolato, polveri e microrganismi. Inoltre, a seconda del tipo di allevamento si aggiungono in concentrazioni diverse altri gas inquinanti, quali: metano, monossido di carbonio e gas maleodoranti (indolo, mercaptano, squalene…).
Per il benessere animale è di vitale importanza che il microclima soddisfi determinate caratteristiche e, nelle fattorie moderne, sia grandi che piccole, questo obiettivo viene raggiunto con la ventilazione. La ventilazione però a sua volta deve funzionare ad una velocità ottimale per non effettuare il ricambio dell’aria né troppo velocemente né troppo lentamente. Normalmente, si prevede un ricambio d’aria più volte all’ora, d’inverno e con ancora con maggior frequenza d’estate.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pristina in Mitrovica (Kosovo) ha pubblicato di recente sul Journal of Agriculture Innovations and Research, uno studio dove vengono presi in esame diversi impianti di ventilazione, applicati in stalle sia di piccole che di grandi dimensioni e con diverse tipologie di allevamento (bovini, ovini, suini e pollame).

Ad esempio, dallo studio emerge che per piccole strutture come porcilaie che ospitano una decina di scrofe o stalle con una decina di mucche è indicata una struttura bassa e lunga. La ventilazione in questo caso può essere garantita da ventole situate su fori disposti regolarmente a circa 2/3 metri dal suolo. Dei canali di ventilazione in entrata e in uscita possono essere installati al pavimento per poi arrivare fino al soffitto. Il drenaggio dell’aria inquinata avviene sfruttando il differenziale di temperatura: l’aria calda delle stalla sale e lascia spazio all’aria pulita, proveniente dall’esterno a temperatura inferiore.
Esempi dettagliati di questo tipo con disegni sono presenti all’interno dell’articolo. Vengono analizzate nel dettaglio diverse tipologie di allevamento, che variano per dimensioni, specie allevata, quantità di capi e struttura della stalla.
I metodi di ventilazione presi in esame vanno da quello naturale a quello combinato naturale-artificiale, idoneo per allevamenti intensivi e semi-intensivi.
La ventilazione artificiale analizzata è quella che funziona per sub-pressione, sovra-pressione e con un sistema combinato delle due.

Per saperne di più:
Università di Pristina in Mitrovica

La biodiversità si può salvaguardare anche con le coltivazioni intensive

In generale, l’intensificazione dell’uso delle terre agricole è sempre stato considerato come un rischio per la biodiversità. Finora tutti gli studi condotti hanno considerato soltanto singoli organismi o piccoli gruppi, tuttavia, ogni specie può rispondere in modo diverso alla modalità di utilizzo del terreno, pertanto l’impatto totale sulla biodiversità da parte del tipo di coltivazione non è sempre chiaro. Inoltre, non sono mai stati prese in considerazione le variazioni temporali, come ad esempio le variazioni annuali della coltivazione. Questo fattore può avere un forte impatto sulla biodiversità come sostenuto da alcuni ricercatori dell’Università di Berna che hanno di recente pubblicato sul “Proceedings of the National Academy of Science” la loro ricerca.
I proff. Eric Allan e Markus Fisher hanno coordinato un gruppo di ricerca formato da 58 scienziati svizzeri e tedeschi impegnati a raccogliere dati sulla biodiversità in 150 siti sparsi in tre regioni con diverse tipologie di coltivazione: non intensiva, mediamente intensiva e molto intensiva con largo uso di fertilizzanti.
Sono stati studiati molteplici organismi, dai batteri ai funghi fino a piante e animali. I risultati raccolti sono stati inseriti in un unico database.
Gli organismi sono stati raggruppati in 49 gruppi tassonomici e per misurare la biodiversità totale dell’ecosistema è stato introdotto il concetto di “multidiversità”.

Dallo studio emerge che la multidiversità diminuisce moltissimo con l’aumento dell’intensità di coltivazione e questo è particolarmente vero per le specie rare, quali cavallette e farfalle. Tuttavia, i cambiamenti temporali nell’intensità di coltivazione comportano un aumento di multidiversità.
Questo apre a possibili soluzioni fattibili e attuabili dagli agricoltori per proteggere la biodiversità mantenendo alta la produzione.
Si è visto che la diversità delle specie rare in terreni coltivati in modo intensivo e statico è pari al 18% della diversità possibile massima, mentre cresce al 31% quando la coltivazione, anche se intensiva, subisce delle variazioni. Sono soprattutto le specie rare a beneficiare di un alto livello di variazione interannuale nell’intensità di coltivazione.
Le variazioni che si possono apportare negli anni sono molteplici e possono consistere in: tipo e quantità di bestiame da pascolo, tipo di pascolo, frequenza delle falciature/anno, tipo di fertilizzazione (kg (N)/ha).
Dato che gli organismi presenti sulla superficie del terreno sono in genere più sensibili alla coltivazione intensiva rispetto agli organismi del sottosuolo, l’effetto delle variazioni interannuali sull’intensità di coltivazione è diverso per i due ecosistemi. Diversamente reagiscono anche gli organismi più comuni ed abbondanti, in genere poco sensibili alle coltivazioni intensive, rispetto a quelli rari, maggiormente colpiti da una coltivazioni intensiva dato il bisogno di un habitat più specifico. Ovviamente, esistendo una stretta correlazione tra l’ecosistema superficiale e quello del sottosuolo, l’effetto della variazione dell’intensità di coltivazione anche se non ha gli stessi effetti diretti sui diversi habitat e organismi, stimola la capacità di creare delle nicchie che consentono a tutte le specie di coesistere stabilmente.
Dallo studio emerge che ditteri, funghi micorrizici e pipistrelli non subiscono una diminuzione di biodiversità, mentre alcune piante e licheni come pure alcuni ortotteri, aracnidi e lepidotteri subiscono un rapido declino.
Inoltre, la frequenza di falciatura influisce molto di più sulla diminuzione della biodiversità rispetto all’impiego di fertilizzanti.

L’impiego del nuovo indice di multidiversità fornisce un supporto estremamente utile per la coltivazione intensiva dando indicazioni importanti su come ottimizzare la coltivazione conservando la biodiversità, aumentando di conseguenza la produzione di foraggio e la molteplicità di impollinatori capaci di promuove l’impollinazione delle coltivazioni vicine.

Per saperne di più:
Università di Berna
Articolo completo su Proceedings of the National Academy of Science

Scientificamente confermate le virtù terapeutiche dell’olio d’oliva

Una ricerca dell’Istituto di Biologia Cellulare e Neurologica del CNR(IBCN-CNR), di Roma, ha trovato la conferma scientifica a quanto sostenuto da secoli, a partire da Ippocrate e Omero, sulle virtù terapeutiche dell’olio di oliva. Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nutrition, nell'aprile 2013, ha dimostrato che la somministrazione di polifenoli estratti dall’olivo (Olea europaea L.) determina effetti sui livelli di Nerve growth factor (Ngf) e Brain-derived neurotrophic factor (Bdnf), due categorie di polipeptidi appartenenti alla famiglia dei fattori di crescita che sono in grado di stimolare l'incremento dei neuroni, la proliferazione e la differenziazione del cervello dei mammiferi.

“In passato diversi studi hanno mostrato come la presenza di polifenoli nella dieta possa proteggere contro il cancro e le malattie cardiometaboliche e neurovegetative” ha spiegato il ricercatore Marco Fiore tra gli autori della ricerca, questo studio lo ha dimostrato.

I polifenoli sono antiossidanti naturali presenti in una varietà estremamente ampia di piante, vegetali e nei prodotti da essi derivati, quali vino, tè, mirtilli, cacao e cioccolata.Sono molecole polifenoliche tipo bioflavonidi noti, come procianidine, proantocianidine, leucoantocianidine, piconogenoli, ecc.) e possono risultare utili nella prevenzione dell'ossidazione delle lipoproteine e nell'interazione con i radicali liberi, che eliminano; sono accertati inoltre effetti biomedici positivi, a livello cardiovascolare, su malattie legate alla senescenza e sulla crescita tumorale, che contribuiscono ad arrestare.

L'azione benefica dei polifenoli dell’olio, in particolare, è già da tempo riconosciuta dalla European Food Safety Authority e dall'americanaFood and Drugs Administration, che raccomandano un consumo quotidiano di due cucchiai di olio crudo al giorno per contribuire a prevenire l’insorgere di malattie cardiovascolari, infiammazioni e per contrastare lo stress ossidativo indotto dai radicali liberi.

Dalla ricerca emerge un aumento di Ngf e Bdnf in aree cerebrali cruciali del sistema limbico e dei bulbi olfattori, che svolgono un ruolo fondamentale nell’apprendimento, nei processi di memorizzazione e nella migrazione e proliferazione delle cellule endogene progenitrici presenti nel cervello.

Per questo motivo è stato ipotizzato un possibile ruolo protettivo dei polifenoli contro alcune patologie notoriamente caratterizzate da una produzione eccessiva di radicali liberi quali tumori e malattie neurodegenerative. Dai risultati ottenuti, si può ipotizzare, inoltre, che i polifenoli dell’olio extra vergine d’oliva possano potenziare la neurogenesi del cervello, proteggendolo contro la neurodegenerazione correlata all’età e svolgendo un’azione anti-invecchiamento.

Il team di ricerca del CNR ha anche voluto approfondire le caratteristiche dell'olio d'oliva associate all'area di produzione, fino a delineare una 'Una carta d'identità per l'olio extravergine'presentata in un video.

La Carta di Identità è presentata come strumento utile per la caratterizzazione di ogni produzione di olio extra vergine, alla sua promozione e valorizzazione con proprietà e finalità analoghe al documento di identità per le persone fisiche: contiene la descrizione e la “fotografia” del prodotto, associata a natura e provenienza. Il termine “Carta d’Identità” è già stato utilizzato per indicare uno strumento per la sicurezza alimentare; ora, per la prima volta, la carta viene studiata e progettata come strumento in grado di riassumere le principali informazioni previste dalle normative vigenti che "fotografa” il prodotto, ottenendo così uno strumento di tracciabilità in grado di accompagnare ogni confezione di OEVO dall’origine (produttore o oleificio confezionatore) fino allo scaffale del negozio, lungo l’intera filiera olivicola e la catena commerciale. La CDI OEVO può essere falsificata, ma un rapido controllo direttamente sull’olio, farebbe scoprire l’inganno.

Il test utilizzato dal team di ricercatori, e sviluppato con il progetto, si basa sulla caratterizzazione calorimetrica delle transizioni di fase (liquido ↔ solido) caratteristiche dell’olio extra vergine di oliva.

Per saperne di più: 
‘Effects of olive polyphenols administration on nerve growth factor and brain-derived neurotrophic factor in the mouse brain’ (Nutrition. 2013 Apr;29(4):681-7)

Almanacco della Scienza
Fonte: Cnr di Roma