PDF programma seminario del 20-11 a Codogno

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Ricerca francese: una transizione agro-ecologica è possibile

.L’INRA (Istituto Nazionale francese per la Ricerca in Agricoltura) ha pubblicato il 22 ottobre 2013 i risultati di uno studio ventennale sulle modalità per una transizione agro-ecologica di successo. Tale transizione risulta essere applicabile ad ogni tipo di agricoltura praticata. Si può effettuare una transizione di successo sia che si pratichi un’agricoltura tradizionale, intensiva estrema o anche biologica, basta tenere presente i tre pilastri individuati come fondamentali:

a) impiego della biodiversità;

b) gestione del paesaggio e del territorio;

c) comprensione dei grandi cicli degli elementi.
I risultati di questo studio assumono ancor maggior valore alla luce della nuova PAC che chiede a tutti i settori agricoli di muoversi verso una modalità più Green.

 

Miglior utilizzo della biodiversità
L’impiego di diverse varietà di grano si è rivelata una formula vincente in quanto non solo è stato rilevato un minor impatto della Puccinia graminis(ruggine del grano) ma anche si è stabilizzato il rendimento e migliorata la tenuta delle proteine, parametro importante ai fini dell’impiego nella panificazione.
La biodiversità varietale migliora la micorrizazione delle radici nelle coltivazioni perenni e, nei pomodori, si è anche vista una migliore resistenza delle piante allo stress.
Gli allevamenti misti hanno dato ottimi risultati, in particolare si è dimostrato che i pascoli misti di caprini e bovini hanno portato all’aumento delle prestazioni nei caprini con un maggiore consumo di foraggio e una maggiore resistenza ai parassiti.
Gli studi sono ancora aperti sulle soluzioni alternative agli antibiotici per diminuire il rischio di antibiotico-resistenza. La diversità genetica dell’ospite come quella del patogeno è una delle piste prese maggiormente in considerazione.

 

Gestione del territorio
Le attività agricole che si inseriscono nel paesaggio, tenendo conto degli elementi fissi (zone umide, fasce tampone inerbite)dimostrano un miglior impatto non solo paesaggistico, ma anche sul trasferimento di acqua e elementi nutritivi. Le zone umide artificiali hanno dimostrato di poter trattenere efficacemente i pesticidi irrorati sulle colture. Inoltre, modificare i sistemi di coltivazione e la loro dislocazione nello spazio e nel tempo in funzione della disponibilità d’acqua, permette di limitare e ottimizzare l’uso delle risorse idriche.
La presenza tra le varie colture di miscele di piante capaci di produrre nettare e polline, può favorire la presenza di impollinatori (es. api domestiche).
La regolazione dei bio-aggressori può essere ottenuta attraverso il mantenimento di una fauna ausiliare ottenibile con la messa in opera di spazi appositi (zone fiorite di facile manutenzione, alberi morti, …) idonei per la nidificazione di rapaci notturni o di pipistrelli.

 

Gestione sostenibile dei grandi cicli (C, N, P)
Per ridurre la dipendenza dei sistemi agricoli dai concimi minerali di sintesi, si può utilizzare la regolazione biologica del suolo.
Tra le azioni possibili, la migliore, cioè quella che meglio chiude i grandi cicli biochimici (cicli di carbonio, azoto, fosforo), è rappresentata dall’integrazione tra agricoltura e allevamento con l’impiego del materiale organico di scarto in agricoltura e la valorizzazione dei reflui per la produzione di energia (biometano).
Altrimenti è possibile aumentare la quantità di azoto nel terreno coltivando più leguminose. In questo caso, si limitano anche le emissioni ad effetto serra.
Infine, sulla base di un’approfondita conoscenza della biodiversità e fertilità del proprio suolo, si può creare un piano di fertilizzazione ad hoc.

Per saperne di più:

INRA
Nuova PAC

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“Greenwoolf”: come trasformare le lane di scarto in fertilizzanti azotati

Il progetto “GreenWoolf” è nato dalla collaborazione dei ricercatori del CNR di Biella, specializzati nella ricerca sulle fibre tessili, dei ricercatori del Politecnico di Torino, esperti in materia di progettazione, e l'azienda meccano tessile di Biella, Obem spa, specializzata nella produzione di macchinari per l'industria, soprattutto tessile, fin dal 1946. Il progetto punta a recuperare le lane di scarto trasformandole in fertilizzanti azotati attraverso la realizzazione di un'apposita apparecchiatura. Si tratta di un importante dialogo fra le conoscenze più teoriche e il “saper fare” più pratico, è la considerazione di Paolo Barchietto, contitolare di Obem Spa, che permette soluzioni applicabili da subito all’attività quotidiana.

Tre gli anni di sviluppo del progetto, come illustrato da Sicardi, docente di “Principi di Ingegneria Chimica” del Politecnico di Torino: vanno dall'idrolisi delle lane sudicie con acqua surriscaldata, allo studio dei parametri di reazione, la progettazione e costruzione dell'impianto prototipale, la sperimentazione sull'impianto, la valutazione in campo del fertilizzante otenuto e la diffusione dei risultati. Il progetto richiede un investimento di circa tre milioni di euro, finanziati al 50% dall'Unione europea nell’ambito del programma Life+.Prevede la realizzazione e sperimentazione di un innovativo impianto di idrolisi verde che trasforma in fertilizzante organico sia la lana di vecchi indumenti che quella degli scarti di tosatura. Si sfrutta acqua surriscaldata, attraverso un processo pulito di lavorazione, e si ottiene lana idrolizzata, un fertilizzante organico che aumenta il contenuto di carbonio e la capacità di trattenere l’acqua del terreno evitando l’uso di concimi di sintesi. Se l’efficacia del processo per riciclare lane di scarto, cascami, lana rigenerata o altri capi di abbigliamento a fine vita verrà dimostrata, la produzione di concime organico può divenire una realtà importante.

Il progetto, che si configura di elevata sostenibilità ambientale, può avere anche interessanti ricadute dal punto di vista economico se si pensa che secondo la normativa europea la cosiddetta lana sudicia, cioè grezza non lavata, ottenuta dopo la tosatura, è un rifiuto speciale e richiede quindi costi di smaltimento notevoli. Poiché abbandonare la lana sudicia nei campi è illegale, la tecnologia messa a punto da ISMAC-CNR rappresenta un modo efficace per riciclare questo tipo di biomassa, migliorando anche la qualità di pascoli e terreni. L'obiettivo, a lungo termine, è avviare un impianto pilota che possa dare vita a una vera e propria filiera, con prospettive occupazionali e di sviluppo in paesi caratterizzati da numerosi allevamenti di ovini.

Il progetto ha ottenuto l'appoggio della Confederazione Italiana Agricoltori, di “Po.in.tex”, Polo di innovazione tessile della Provincia di Biella e della Regione Piemonte.

Tra le ricadute positive del progetto non si può trascurare la formazione di giovani ricercatori in questo ambito specifico e la valorizzazione di personale che possa gestire il nuovo processo industriale.

Per saperne di più:

Almanacco della Scienza del CNR

Guida CRPA sui concimi azotati

Progetto Greenwoolf