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Più alberi nelle città per mitigare le temperature sempre più elevate

Si registrano temperature sempre più elevate, specie in estate e nelle città, con danni alla salute dei cittadini e costi per il condizionamento dell’aria. Una maggiore presenza di alberi nelle strade e di vegetazione sugli edifici urbani contribuirebbe a ridurre l’impatto delle temperature


La situazione climatica in Europa mostra un aumento delle temperature estive con livelli mai raggiunti finora, soprattutto nelle aree meridionali come Grecia e Italia dove le temperature hanno superato i 47 °C, toccando il massimo mai raggiunto a livello europeo in Sicilia, precisamente a Siracusa, dove lo scorso 11 agosto è stata registrata una temperatura di 48,8 °C (Figura 1).

 

Figura 1. Andamenti di temperatura, umidità relativa l'11 agosto 2021 a Siracusa-Contrada Monasteri (fonte: SIAS).

 

Le aree urbane, particolarmente quelle densamente popolate, sperimentano temperature dell'aria più alte di 4-5 °C rispetto alle aree rurali limitrofe a causa del fenomeno “isola di calore urbana(UHI), soprattutto di notte. L'UHI è causato dall'aumento della capacità termica delle città, dalle fonti di calore antropiche e dall'impermeabilità delle superfici urbane, che inibiscono il raffreddamento evaporativo (Lauwaet et al., 2016), oltre che alla velocità media del vento e al numero di giorni di sole. Importanti sono anche i parametri che si riferiscono alle dimensioni del centro urbano e alle caratteristiche della progettazione edilizia e della superficie disponibile di aree verdi. Tenuto conto che circa il 73 per cento degli abitanti dell’Unione europea vive in aree urbane e che le proiezioni indicano cheentro il 2050 circa 27 milioni di europei in più vivranno nelle aree urbane, è evidente che il fenomeno delle temperature elevate dell’aria nelle città, indotto dall’effetto “isola di calore urbana” sarà sempre più frequente e intenso. A questo proposito, tra le misure messe in campo dalla Commissione europea per contrastare tale fenomeno spicca la piantumazione di alberi nelle città e l’installazione di tetti e pareti verdi sugli edifici urbani. La Commissione sottolinea che solo il 44 per cento della popolazione urbana europea vive attualmente entro una distanza facilmente percorribile a piedi (300 m) per raggiungere un parco pubblicoe che gli spazi verdi presenti nelle città europee non superano il 40 per cento della superficie delle città, con una media di 18,2 m2 di spazi verdi accessibili per abitante (Figura 2).

 

Figura 2. Superfici verdi all’interno delle città (modificata da EEA Report No 12/2020)

 

Gli interventi per la forestazione delle città costituiscono uno tra i principali obiettivi che la Commissione si è proposta nell’ambito delle politiche di contrasto al fenomeno “isola di calore urbana”. Gli alberi, se posizionati strategicamente rispetto agli edifici, mediante l’ombreggiamento riducono la quantità di energia solare che colpisce le superfici esterne contribuendo a raffreddare l'aria attraverso l'evapotraspirazione. Una maggiore vegetazione nelle aree urbane riduce inoltre l’area pavimentata e aumenta la superficie di suolo libero in grado di assorbire acqua che, insieme alla vegetazione sugli edifici della città, facilita una maggiore evaporazione.


Per approfondire:

  • Urban adaptation in Europe: how citiesand towns respond to climate change. EEA Report No 12/2020.
  • Lauwaet, D., et al., 2015, 'Detailed urban heat island projections for cities worldwide: dynamical downscaling CMIP5 global climate models', Climate 3(2), pp. 391-415 (DOI: 10.3390/ cli3020391).
  • Maes, J., et al., 2019, Enhancing resilience of urban ecosystems through green infrastructure (EnRoute): final report, Joint Research Centre, European Commission (https://ec.europa.eu/jrc/en/ publication/enhancing-resilience-urban-ecosystems-through- green-infrastructure-enroute) accessed 13 August 2020.

 

Foto d’intestazione: Piazza del Risorgimento, Roma (foto: Carlo Alberto Campiotti)

riscaldamento globale

Neutralità climatica entro il 2050? Se ne parlerà a novembre alla COP26

I prossimi dieci anni saranno cruciali per il progressivo abbandono dell’energia fossile e per imboccare la strada della transizione ecologica sostenibile


Numerosi studi hanno confermato che le emissioni di origine antropica stanno mutando il bilancio energetico del pianeta. L'energia solare entra nel sistema terrestre, una parte di questa energia viene riflessa dalla superficie e/o dall'atmosfera terrestre nello spazio, il resto viene assorbito, riscalda il pianeta e viene quindi riemesso sotto forma di energia termica radiativa. Secondo i laboratori del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) di Mauna Loa, nelle Hawaii, i livelli di CO2 nell'atmosfera – la CO2 è riconosciuto come il principale responsabile della rottura dell’equilibrio termico tra Terra e Spazio – hanno raggiunto le 419 parti per milione nel 2020, una quota superiore del 50 rispetto a quella dell’era industriale (fine del XVIII secolo). Quando l'equilibrio energetico tra l'energia solare che raggiunge la Terra e l'energia radiante riemessa verso lo spazio (effetto serra) si mantiene in equilibrio non ci sono effetti negativi sulla temperatura ambientale. Quando invece l’effetto serra viene alterato a causa dell’eccesso di emissioni di gas serra prodotti dalle attività umane allora si verifica un aumento eccessivo della temperatura ambientale. L’effetto serra favorisce l’assorbimento di una maggiore quantità di radiazione solare sulla Terra producendo come risultato l’aumento della temperatura terrestre e il fenomeno del riscaldamento globale. Anche il metano (CH4), le cui emissioni sono legate principalmente all'attività di allevamento e allo smaltimento dei rifiuti, e il protossido di azoto (N2O), derivante principalmente dalle attività agricole, contribuiscono ad alterare l’effetto serra e ad aumentare la temperatura ambientale oltre i livelli necessari al raggiungimento dell’equilibrio termico. Il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato in Europa. Tra i maggiori problemi ambientali causati dal riscaldamento globale, conseguenza dell’aumento eccessivo dei gas serra, sono gli incendi che ormai caratterizzano il periodo estivo e che, secondo dati dell’European Forest Information System della Commissione europea, vedono l’Italia prima a livello europeo per numero di incendi, con più di 20 ettari devastati dal fuoco quest’anno (Figura 1).

 

Figura 1. Mappa della Nasa sui roghi in corso nel mondo (Fonte https://www.open.online/).

 

Secondo il VI Rapporto IPCC, se la temperatura globale dovesse aumentare di 1,5 °C (soglia limite prevista dall’Accordo di Parigi), si andrebbe incontro ad un aumento dei fenomeni climatici estremi quali ondate di calore, stagioni calde più lunghe e stagioni fredde più brevi. Se invece l’aumento della temperatura si dovesse attestate intorno a 2°C, le conseguenze per l’agricoltura e la salute sarebbero ancor più gravi. Il presidente del World Economic Forum Børge Brende in risposta al rapporto dell’IPCC ha affermato: "Gli incendi boschivi e le inondazioni delle ultime settimane hanno espresso un linguaggio chiaro. E così anche il rapporto IPCC: dobbiamo ridurre il carbonio nella nostra atmosfera ora". Pertanto, l’obiettivo prioritario della UN Climate Change Conference (COP26), che si terrà a Glasgow il prossimo novembre 2021, in partnership tra Regno Unito e Italia, sarà quello di convincere i Paesi partecipanti a rafforzare e mantenere i propri obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e soprattutto a rendere vincolanti gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015.


Per approfondire:

  • https://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_serra.
  • https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/.

 

Foto d’intestazione: Un modello di supercomputer della NASA mostra come l'anidride carbonica (CO2), un fattore chiave del riscaldamento globale, fluttua nell'atmosfera terrestre durante tutto l'anno. Le concentrazioni più elevate sono mostrate in rosso.

Fonte: Scientific Visualization Studio della NASA / Global Modeling and Assimilation Office della NASA.

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Azzerare le emissioni di CO2 per evitare il collasso climatico

Secondo l’IPCC, il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, le concentrazioni atmosferiche di CO2 nel 2019 sono state le più alte degli ultimi due milioni di anni. Le soglie previste dall’Accordo di Parigi in termini di aumento della temperatura globale saranno superate prima del previsto


Il VI rapporto dell'IPCC (Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico) rileva che le soglie previste dall’Accordo di Parigi del 2015 in termini di aumento della temperatura globale di 1,5 °C e 2 °C saranno superate prima della fine del secolo a meno che non si avviino azioni finalizzate ad una riduzione netta di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra. Stando ai dati attuali, nei prossimi venti anni si registrerà un aumento della temperatura globale superiore a 1,5 °C (rispetto ai livelli preindustriali). Il rapporto JRC 2020 mostra che, sebbene le emissioni di CO2 fossile a livello europeo (UE 28) siano state inferiori del 25,1 per cento nel 2019 – si sono attestate a 3,3 Gt di CO2, pari all’8,7 per cento delle emissioni di CO2 a livello globale – non ci sono ancora accordi precisi tra Stati Uniti, Unione europea e Regno Unito che spingano nella direzione della decarbonizzazione. Inoltre, occorre considerare che alcuni Paesi del G20, in particolare la Cina, non accettano una transizione ecologica troppo veloce per le loro economie. Tali posizioni sono confermate dal rapporto del JRC sulle emissioni globali di CO2 (Figura 1).  

 

Figura 1. Emissioni globali di CO2 fossile dal 1990 al 2019 delle principali economie

Nota: sono incluse le emissioni della combustione di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas), dall'uso di combustibili fossili (combustione, svasatura), processi industriali (cemento, acciaio, prodotti chimici, urea) e utilizzo del prodotto; le emissioni di CO2 sono incluse per tutti i settori. Fonte: JRC, 2020.

 

Per quanto riguarda le emissioni di CO2 fossile procapite del 2019, il rapporto JRC 2020 riporta che si sono fermate a 6,5 ​​t CO2/cap/anno, con unleggero calo rispetto all’anno precedente. Notevole è stato invece l’aumento registrato in Cina, che ha superato le 10 t CO2/cap/anno (Figura 2).

 

Figura 2. Emissioni di CO2 pro-capite (in t CO2/cap/anno) dall'uso di combustibili fossili, dai processi industriali e dall'uso di prodotti per la EU27+UK per i grandi paesi emettitori (China, EU27+UK, Russia, USA, World) e per la media mondiale (World).


Per approfondire:

  • IPCC Working Group 1 Report “Climate Change 2021: The Physical Science”.
  • Crippa, M., Guizzardi, D., Muntean, M., Schaaf, E., Solazzo, E., Monforti-Ferrario, F., Olivier, J.G.J., Vignati, E. FossilCO2emissions of allworld countries – 2020 Report, EUR 30358 EN, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2020, ISBN 978-92-76-21515-8,doi:10.2760/143674, JRC121460.

 

Foto d’intestazione: Changing by the artist Alisa Singer: “As we witness our planet transforming around us we watch, listen, measure … respond.”

"Mentre assistiamo alla trasformazione del nostro pianeta intorno a noi osserviamo, ascoltiamo, misuriamo… rispondiamo."

www.environmentalgraphiti.org – 2021 Alisa Singer.