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Pdf abstract Bollettinon.90 IOBC..
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Il gruppo di lavoro "Insetti patogeni e Nematodi entomoparassiti" di International Organisation for Biological Control – IOBC, sezione regionale occidentale, ha dedicato quest’anno il suo 14° incontro al metodo di controllo delle infestazioni nella produzione agricola biologica e integrata. La scelta è dovuta alla considerazione dell’importante ruolo del controllo biologico di infestazioni da insetti e da limacce, attuato usando microrganismi e virus patogeni oltre che nematodi parassiti nella produzione alimentare sostenibile,
Negli ultimi anni si sono manifestati cambiamenti significativi nella considerazione del controllo biologico a livello sociale, politico e dell’industria del biocontrollo. I consumatori, sempre più numerosi, richiedono alimenti prodotti con metodi biologici o almeno coltivati con utilizzo molto ridotto di pesticidi chimici. Inoltre, nell’Unione Europea, l’esecutività della direttiva 2009/128/EC, sull’uso sostenibile dei pesticidi, ne impone l’uso limitato per ridurne i rischi. I due fattori citati contribuiscono a dare priorità alle misure di controllo delle infestazioni non basate su prodotti chimici di sintesi, ovvero al controllo biologico. Di conseguenza cresce il mercato relativo all’industria del biocontrollo e le compagnie multinazionali riscoprono il loro interesse nei prodotti del settore come promettenti capisaldi nella gamma di produzione.
All’incontro tenutosi a Zagabria al 16 al 20 giugno 2013, in 49 relazioni e 41 poster, 2 workshop e una tavola rotonda, sono stati presentati e discussi i più recenti progressi e le nuove sfide nell’uso di insetti patogeni e nematodi entomoparassiti.
La sessione plenaria dell’incontro ha affrontato la questione, molto attuale, delle autorizzazioni degli agenti di controllo biologico. Sulla scorta del Regolamento UE 1107/2009 e della Direttiva 2009/128/EC, si potrebbe pensare a una chiara priorità attribuita a prodotti pesticidi alternativi, non chimici. La realtà appare essere diversa, gli Stati Membri sembrano ignorare Regolamento e Direttiva e le autorizzazioni a strumenti di biocontrollo scarseggiano, mentre persistono le autorizzazioni provvisorie a pesticidi chimici per le ricorrenti emergenze di controllo di qualche parassita. Le grandi multinazionali della chimica, invece, stanno acquisendo, su larga scala, piccole aziende di ricerca e produzione di sistemi di biocontrollo per poter avere accesso alla biodiversità e al know-how, puntando a una forte presenza sul mercato.
Sempre nella sessione plenaria sono stati approfonditi due strumenti di biocontrollo che presentano aspetti di produzione e utilizzo particolari. Essi sono i baculovirus, in grado di attaccare lepidotteri, ditteri e imenotteri parassiti delle piante o molesti, e la vasta galassia dei funghi patogenici di insetti compresi nell’ordine Hypocreales.
Esistono più di settecento baculovirus registrati ma solo una parte di questi sono stati sviluppati e registrati come agenti di biocontrollo. Essi sono considerati sicuri per la salute umana e per gli animali non target anche quando usati in colture alimentari. Gli inconvenienti legati alla lentezza d’azione e alla sensibilità ai raggi ultravioletti possono essere mitigati con appropriate tecniche di distribuzione e usando formulazioni adatte. L’uso dei baculovirus era stato promosso negli anni ’70, a seguito della presa di coscienza sulla “primavera silenziosa” provocata dall’uso di pesticidi che colpivano su larga scala gli insetti non target. Esso è stato poi abbandonato. Le ricerche sono state riprese in anni recenti e hanno messo in luce la capacità dei baculovirus di comportarsi come parassiti specie specifici. Possono perciò risultare molto utili nel biocontrollo, se la ricerca riuscirà a individuare I genotipi di baculovirus che riconoscono l’ospite specifico, in questo caso un infestante per le colture agricole, da infettare.
Dell’ordine dei funghi Hypocreales sono state considerate le specie del genere Metarhizium, in particolare anisopliae che potrebbe ora comprendere anche M. brunneum eM. robertsii. La relazione dedicata a queste specie fungine ha esplorato la difficoltà della ricerca di campo, della corretta individuazione delle specie fungine utilizzate, a causa del loro numero immenso e dei modi di trasmissione della malattia in natura. Si sta ora approfondendo l’interazione, a livello molecolare, tra il fungo patogeno e l’insetto ospite. Sono anche prese in considerazioni le strategie di biocontrollo, ovvero i metodi di distribuzione dei preparati insetticidi.
Fonte: IOBC-WPRS, presentazione e relazioni del 14° incontro.
Allegato: Bollettino IOBC-WPRS n. 90, 2013 – Abstracts
Consumatori attenti, informati e consapevoli delle caratteristiche di qualità che il prodotto enologico deve avere, spingono gli imprenditori del comparto vinicolo a ricercare nuove tecnologie per quanto riguarda sia i processi fermentativi che di conservazione.
In due recenti convegni tenutisi a Udine (19 Giugno) e a Cavaion Veronese (20 Giugno) dal titolo “Biodiversità in cantina: nuove prospettive per i non-Saccharomyces”, promossi da Lallemand, azienda canadese produttrice di lieviti, in collaborazione con la Società Italiana di Viticoltura ed Enologia – SIVE -, l’Università di Udine e il Centro per la Sperimentazione in Vitivinicoltura della Provincia di Verona, alcuni tra i maggiori esperti italiani e francesi sui lieviti non convenzionali hanno esposto i risultati delle loro ricerche sull’uso dei lieviti non saccaromiceti in enologia.
Molti sono i progressi scientifici sulle dinamiche di popolazione dei lieviti durante la fermentazione alcolica: nuove conoscenze chiariscono infatti sempre più approfonditamente la basi fisiologiche di ciò che fino a poco tempo fa appariva come la pura casualità delle vinificazioni spontanee.
Grazie a queste ricerche molti lieviti non-Saccharomyces (detti non convenzionali) sono stati studiati e selezionati in natura per identificarne le proprietà complementari da abbinare alle capacità fermentative di Saccharomyces; tra le proprietà complementari: l’incremento della complessità aromatica e gustativa, la riduzione dell’acidità volatile in particolare nei vini passiti, la valorizzazione dei precursori varietali di alcune cultivar aromatiche, fino alle prospettive per la riduzione del tenore alcolico nei vini.
Altro importante contributo viene dal Centro di ricerca per l'enologia di Asti – struttura che fa capo al Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra-Eno) che ha messo a punto una ricerca sui Brett (Brettanomyces, grande famiglia dei Saccaromiceti). Emilia Garcia-Moruno, direttrice di Cra-Eno, anticipa i risultati della ricerca, che verrà ultimata entro l'anno. Il Centro di Asti è punto di riferimento per l'enologia, vi viene conservata una collezione di più di 1.500 lieviti e circa 300 batteri d'interesse enologico, che permette di studiare e applicare tecniche di moltiplicazione in vitro e metodi di conservazione delle colture, ma anche l'identificazione molecolare e la caratterizzazione dei microrganismi.
L'utilizzo dei lieviti Brett può provocare cattivi odori e lasciare residui nel vino. Per igienizzare la barrique e quindi ridurre le contaminazioni di Brettanomyces, il Cra-Eno ha messo a punto la "criosabbiatura" del legno che, essendo materiale poroso, è facilmente colonizzabile da microrganismi presenti naturalmente nel vino. Secondo la ricercatrice, l'uso del ghiaccio secco sarebbe molto più efficace delle procedure normalmente utilizzate in cantina per ammorbidire i Brett. Gli attuali metodi di decontaminazione si basano sull'utilizzo di coadiuvanti di natura chimica, quali la bruciatura di capsule di zolfo all'interno della botte o il lavaggio con soluzioni di anidride solforosa liquida, il cui impiego può avere effetti tossici che ne limitano l'impiego. Metodi più salutari, come i normali lavaggi con acqua corrente a pressione normale o alta sia calda che fredda, non sono in grado di sanificare in profondità il legno. Tra i trattamenti alternativi si sta rivelando utile la criosabbiatura con ghiaccio secco, anidride carbonica allo stato solido alla temperatura di -78°C. L'azione svolta dal ghiaccio secco è duplice: da una parte genera uno stress termico in grado di svolgere un'azione antimicrobica; dall'altra agisce meccanicamente attraverso l'asportazione di un leggero strato di superficie da trattare, senza lasciare residui. Senza contare che le tecnologie criogeniche hanno il vantaggio di funzionare con gas inerti presenti in natura e pertanto lavorazione, impianti ed emissioni derivate dal processo hanno un impatto ambientale irrilevante.
Fonti: Lallemand, Cra – Enologia di Asti