Bovine da latte alla mangiatoia

Produzione di biocarburanti e di nuova biomassa da reflui zootecnici

Gli effluenti zootecnici rappresentano una risorsa interessante in quanto contengono ancora buone quantità di sostanza organica e nutrienti. Oltre all’impiego agronomico e all’ormai conosciuta produzione di biogas, un approccio alternativo alla valorizzazione dei reflui è legato all’idrolisi di cellulosa ed emicellulosa (contenuta nelle fibra in digerita o apportata dalla lettiera) per la produzione di zuccheri fermentescibili, poi potenzialmente fermentati ad etanolo, scopo del progetto ZOOTANOLO.

Nel presente lavoro sono stati considerati diversi campioni provenienti da allevamenti bovini, suini e avicoli. La sperimentazione condotta ha permesso di verificare la possibilità di produrre zuccheri riducenti (esosi e pentosi) con rese nell’intorno di 27 % e 33 % per i campioni avicoli e suini, mentre di circa 45 % per  quelli bovini. Le successive rese fermentative sono di circa un 50 % della resa teorica, questo a fronte soprattutto di una ridotta vitalità del lievito Pichia stipitis, utilizzato specificamente per la trasformazione in etanolo degli zuccheri pentosi.

Il progetto si è interessato anche alla gestione delle borlande di distillazione, principale scarto del processo. E’ stata quindi testata la possibilità di ottenere nuova biomassa rinnovabile valorizzando il notevole contenuto di nutrienti di questa matrice, attraverso la crescita di microalghe, quali Chlorella vulgaris e Scendesmus sp., specie particolarmente adatte alla rimozione di nutrienti in acque reflue o deiezioni zootecniche. Grazie ai test condotti si è potuta verificare una rimozione dell’azoto ammoniacale di circa 90 % a fronte di una crescita della popolazione di microalghe su borlande di bovini, suini e avicole diluite di circa 50 volte. 

barriera corallina

L’acida verità del nostro mare

Baudelaire diceva: ”Uomo libero sempre avrai caro il mare”. Ma noi esseri umani non abbiamo cari i nostri mari, i nostri oceani.  Giorno dopo giorno continuiamo a usarli come discarica personale. Allora possiamo ritenerci davvero liberi? Il continuo aumento di CO2 emessa nell’ambiente sta modificando i nostri oceani, alzando notevolmente il livello di acidità.  Ogni anno l’oceano assorbe circa il 25% di tutte le emissioni  di anidride carbonica di origine antropica e la sua acidità è aumentata del 30% dall’inizio della rivoluzione industriale. Tutto ciò non può che avere un impatto disastroso sugli organismi marini, barriere coralline e vari tipi di zooplancton e fitoplancton. Daniela Schimdt, una geologa della School of Earth Sciences dell’università di Bristol afferma:  “ Gli attuali tassi di acidificazione degli oceani sono senza pari nella storia della Terra”. L' oceanografa Claudine Hauri conferma questa drammatica situazione.

Inoltre la formazione di barriere coralline sta diminuendo in tutto il mondo e si prevede che la percentuale scenderà ancora del 60% nel corso dei prossimi cento anni, se la produzione antropica di CO2 si mantiene ai ritmi attuali (dall’inizio dell’era industriale il rilascio di anidride carbonica in atmosfera è aumentato di un terzo!). Quest’ultima, dissolvendosi nell’oceano, riduce il valore di ph, danneggiando specialmente coralli, crostacei e conchiglie, il cui guscio è fatto di carbonato di calcio.  La riduzione del ph nell’acqua marina sarà alla fine di questo secolo tre volte maggiore di quella mai osservata in corrispondenza delle oscillazioni della Terra dai periodi glaciali a quelli interglaciali.  La connessione tra aumento dell’anidride carbonica e “morte biologica” si può riscontrare già da epoche passate. Durante il Massimo Termico del Paleocene-Eocene, 55 milioni di anni fa, la temperatura globale aumentò di 5° in meno di diecimila anni, rilasciando un enorme quantità di anidride carbonica nell’atmosfera. A questo seguì l’acidificazione degli oceani e l’estinzione massiva del benthos foraminifero. Questo è solamente uno dei tanti esempi  di estinzioni di massa dovuti al riscaldamento globale e al conseguente aumento di CO2 in atmosfera.

La domanda che ora sorge spontanea è: come rimediare? È stato suggerito di gettare tonnellate di calce negli oceani per contrastare l’acidificazione. Soluzione praticamente inutile per il ricercatore Toby Tyrrel, del National Oceanography Centre di Southampton, sia per i costi che per la realizzazione. Una soluzione più efficace e radicale sta nel diminuire le emissioni di anidride carbonica. In questo anche il singolo può fare la differenza, impegnandosi, ad esempio, ad usare maggiormente i trasporti e a ridurre il riscaldamento negli edifici abitativi. Anche le politiche nazionali e mondiali devono intervenire e incentivare l’uso  di energie pulite e rinnovabili. “Ora più che mai abbiamo bisogno di nuove strategie politiche rivolte agli oceani e la creazione di un sistema di valutazione di riferimento per i non-scienziati da usare per orientare l'attività legislativa potrebbe avere importanti implicazioni a lungo termine”. Queste le parole di  Micheal Lombardi, ricercatore dell’ American Museum of Natural History.
Difendere gli oceani vuol dire difendere noi stessi e renderci liberi.

http://www.academia.edu/400649/The_Societal_challenge_of_ocean_acidification

http://www.southampton.ac.uk/oes/research/staff/lrtt.page#publications

 

 

Nuova generazione a rischio sovrappeso

Ai giorni nostri l’alimento principale al quale nessuno può resistere è la tanto amata merendina. Ma cos’è che rende la merendina una delizia per il palato? Grassi idrogenati, coloranti, emulsionanti, addensanti e chi più ne ha più ne metta. Queste aggiunte ad una cattiva educazione alimentare portano, molto spesso, all’obesità.  Ogni anno migliaia di famiglie si rivolgono all’ospedale Buzzi di Milano per avere consigli su come trattare tutte le problematiche legate al cibo e nel 30% dei casi sono stranieri. Quello che si evince, studiando i vari casi, è che spesso il cibo viene considerato più come un premio o come strumento per  tenere buono il bambino.

È fondamentale invece insegnare fin da piccoli una corretta alimentazione, imparando a mangiare ogni giorno il tanto temuto “ cibo verde”,come lo chiamano i bambini.
Secondo un’indagine finanziata dall’unione Europea e realizzata dal progetto Periscope in collaborazione con la Asi di Brindisi e le università di Aalborg e di medicina polacca della Silesia, risulta che addirittura il 27.5% non mangia mai verdura cruda e ben 4 su 10 non consuma mai verdura cotta. Da questo studio si evince anche che i bambini italiani sono quelli che si muovono meno e il 50% di loro, secondo quanto dichiarato dai genitori, non può giocare all’aperto contro l’11% ad esempio dei bambini danesi e polacchi.

Per contrastare questo fenomeno la Commissione europea ha finanziato anche per l’anno 2012/13 il programma “ Frutta nelle scuole”, introdotto dal regolamento (CE) n.1234  del Consiglio del 22 ottobre 2007  e dal regolamento (CE) n. 288 della Commissione del 7 aprile 2009. Questo programma dovrebbe incentivare  il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini e ad attuare iniziative che supportino più corrette abitudini alimentari e una nutrizione maggiormente equilibrata, nella fase in cui si formano le loro abitudini alimentari.
Quindi risulta chiaro che la risposta più efficace a questo problema è la prevenzione. Contrastare l’obesità infantile è possibile ma solo se si agisce in tempo e con costanza.
É importante ricordare che un bambino obeso sarà nella maggioranza dei casi un adulto obeso, sia per l'esclusione dalle normali attività motorie, sia per l'eccessivo aumento delle cellule adipose durante l'età dello sviluppo.
Quindi bisogna correlare a delle corrette abitudini alimentari un’adeguata attività motoria, appoggiandosi ad un professionista nel campo dell’educazione psicomotoria, che aiuti inoltre le famiglie ad educare il bambino a diventare un adulto sano.

 

      FONTI:

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

PERISCOPE

      Salute e Benessere