Tetti verdi e orti di comunità per la rigenerazione urbana

Di Alessandro Campiotti

Decarbonizzare, rigenerare, gentrificare, sono tra le parole chiave che hanno caratterizzato la VII edizione della Milano Green Week 2024. L’evento “Coltiviamo case green per decarbonizzare la città” è stato l’occasione per illustrare alla cittadinanza un esempio ecologico di riqualificazione edilizia nella periferia milanese.


Esempi di verde urbano. Foto di Alessandro Campiotti

Lo scorso 26 settembre, nell’ambito della Milano Green Week 2024, si è tenuto il convegno dal titolo “Coltiviamo case green per decarbonizzare la città”, organizzato da Prospecta Formazione con il contributo di Ricehouse, allo scopo di divulgare i risultati di un esempio di riqualificazione edilizia in chiave green. L’evento ha avuto luogo nel quartiere Barona della periferia sud-ovest di Milano, precisamente in Via Russoli, dove sorge un complesso di edilizia popolare di proprietà dell’Aler (Azienda Lombarda di Edilizia Residenziale) costruito negli anni ’80 e composto da quattro torri che ospitano circa 200 alloggi. Tra il 2022 e il 2024, gli edifici sono stati riqualificati nell’ambito di un progetto che ha visto la partecipazione di un partenariato misto tra pubblico e privato, a cui sono state aggiunte le risorse del Superbonus 110%, per un costo complessivo di 15 milioni di euro. Le torri sono state dotate di un cappotto termico per la coibentazione delle pareti esterne realizzato con un mix di materiali di origine naturale, costituito da legno e paglia di riso, provenienti da aziende agricole locali. Inoltre, sono stati migliorati i tetti e i lastrici solari, che hanno subito delle modifiche strutturali per ospitare giardini e orti urbani di comunità realizzati a 30 metri da terra.

Nonostante l’evento fosse rivolto in particolare ai professionisti del settore della bioedilizia – ingegneri, architetti, agronomi, geometri – ha riscontrato l’interesse di un pubblico più ampio, in quanto il programma ha previsto l’alternanza di interventi e contributi da parte dei diversi stakeholders che operano nel campo della rigenerazione urbana: dagli attori istituzionali alle associazioni civiche, dal mondo delle imprese a quello delle startup. Ad aprire il convegno è stato l’assessore all’ambiente e al verde del Comune di Milano Elena Grandi, che ha sottolineato la visione olistica alla base del progetto, in cui ampio spazio è stato dedicato agli aspetti tecnici, senza tuttavia dimenticare i risvolti legati alla sostenibilità economica e sociale. A questo proposito, l’architetto Tiziana Monterisi, CEO e co-fondatrice di Ricehouse, nonché tra le responsabili del progetto, ha ripercorso le tappe che hanno condotto alla realizzazione dell’opera, mettendo in risalto l’importanza che hanno avuto il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei condomini ai fini di una migliore riuscita dei lavori. L’idea nasce nel 2014 ed è ispirata alla riflessione dell’artista Michelangelo Pistoletto, che, tramite la mostra Terzo Paradiso – coltivare la città, proponeva di avviare processi di rigenerazione urbana, massimizzando la presenza dell’elemento naturale, per stimolare le persone ad una maggiore connessione con la natura. Riguardo gli aspetti tecnici dell’opera, i relatori hanno spiegato che la realizzazione di pannelli prefabbricati di facile applicabilità, ha consentito di operare in acrobatica, ovvero senza l’ausilio di ponteggi, il che ha contribuito a comprimere fortemente i tempi e i costi dell’intervento, oltre a ridurre lo stress per i condomini. Particolare attenzione è stata rivolta all’applicazione di accorgimenti finalizzati a migliorare l’efficienza energetica degli edifici, che in questo modo risultano più freschi in estate e più caldi in inverno, comportando un minor ricorso ai sistemi di raffrescamento e riscaldamento dell’aria. In entrambi i casi, si ottiene un risparmio in termini di energia elettrica, che si traduce anche in una riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera e in un risparmio economico in bolletta, utile a contrastare la povertà energetica. A questo proposito, nel 2024 il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva “case green”, che dovrà essere recepita dagli stati membri dell’UE entro il maggio del 2026, con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20/22% entro il 2035.

Di questo, e di altro ancora, si è discusso nella tavola rotonda a chiusura dell’evento, dove è stato affrontato il tema della manutenzione necessaria a gestire i tetti verdi. I relatori hanno introdotto le principali differenze che caratterizzano i substrati delle coperture vegetali, che possono essere più o meno profondi in relazione alle piante che dovranno ospitare: dai semplici prati melliferi, che richiedono 14 centimetri (tetto estensivo), alle specie arboree che hanno bisogno di 50 centimetri per sviluppare l’apparato radicale (tetto intensivo). Pertanto, è stato chiarito che, mentre un tetto verde non praticabile richiede un paio di interventi annui, gli orti sugli edifici necessitano di una manutenzione frequente, che peraltro può essere gestita dai condomini stessi in una logica di social housing. In questo caso, una gestione condotta dagli inquilini contribuisce a promuovere il senso di appartenenza alla comunità, ma allo stesso tempo rafforza la responsabilità di custodire gli spazi comuni, anche per contrastare il fenomeno delle occupazioni abusive. È stato sottolineato, inoltre, come gli orti urbani, realizzati in prossimità del suolo o sul tetto di un edificio, possano assumere la funzione di giardino terapeutico per persone affette da disabilità come autismo e Alzheimer, consentendo loro di entrare a contatto con la natura e contribuire a coltivarne i frutti. Alla domanda finale in merito alla possibilità di mangiare ortaggi e frutti prodotti in città, dove l’aria è spesso molto inquinata, il pubblico è stato tranquillizzato, in quanto i prodotti sono stati analizzati, ed eccetto alcune verdure a foglia larga come gli spinaci, sono risultati perfettamente commestibili, a patto che non si dimentichi di effettuare la consueta pulizia con acqua corrente prima di servirli a tavola.

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Inquinamento atmosferico e salute umana: l’importanza di migliorare l’aria che respiriamo

di Alessandro Campiotti



Polveri sottili, ozono, biossido di azoto, sono solo alcuni degli inquinanti atmosferici classificati dall’OMS come nocivi per la salute umana, dal momento che causano ogni anno cinque milioni di vittime nel mondo. Investire sul miglioramento della qualità dell’aria è indispensabile per ottenere benefici di carattere sociale, economico e ambientale.

Veduta di Vienna. Foto di Alessandro Campiotti


“Le città dovrebbero essere costruite in campagna; l’aria lì è più salubre” scriveva nel 1851 lo scrittore francese Jean Louis Commerson, esprimendo ironicamente un pensiero nostalgico sull’avvento della rivoluzione industriale in Europa. Quasi due secoli dopo, l’inquinamento atmosferico si conferma tra i principali problemi della società contemporanea, causando ogni anno circa cinque milioni di decessi prematuri nel mondo, di cui oltre 250.000 in Unione Europea e 60.000 in Italia. A questo proposito, un recente rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) sulla qualità dell’aria, fotografa un diffuso inquinamento atmosferico sul territorio europeo, con evidenti picchi nelle aree urbane, dove la concentrazione dei principali inquinanti supera spesso le soglie limite stabilite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Quest’ultima ha classificato gli inquinanti dell’aria in funzione della pericolosità per la salute umana, indicando tra i più nocivi le polveri sottili come il particolato atmosferico (soprattutto PM2,5), e una serie di gas quali l’ozono (O3), il biossido di azoto (NO2), l’anidride solforosa (SO2) e l’ammoniaca (NH3). Infatti, l’esposizione prolungata nel tempo ad elevate concentrazioni di questi inquinanti può incidere negativamente sulla salute umana, provocando principalmente malattie respiratorie e cardiovascolari sui soggetti più vulnerabili.

Sebbene capiti di pensare che l’inquinamento atmosferico sia imputabile in larga parte ai motori dei mezzi di trasporto e ai relativi gas di scarico, va chiarito che la sua formazione è il risultato di un mix di numerose fonti di origine antropica e naturale. Tuttavia, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie e al progressivo inasprimento delle norme europee in materia di qualità dell’aria, negli ultimi decenni è stata rilevata una graduale riduzione delle concentrazioni di polveri sottili e gas nocivi. In Italia, per esempio, le emissioni di PM sono diminuite del 40% dal 1990, e la quota relativa al trasporto stradale è scesa al 10%, mentre più del 60% deriva dai processi industriali e dagli impianti di riscaldamento residenziali. Un’ulteriore quota di inquinamento è causata dal settore agricolo convenzionale e dagli allevamenti zootecnici intensivi, dove il massiccio impiego di prodotti chimici di sintesi e l’alimentazione a cui sono sottoposti gli animali, causano un’elevata produzione di metano e ammoniaca, due gas precursori di altri inquinanti come il PM e l’ozono. Inoltre, contrariamente a quanto si possa pensare, l’inquinamento dell’aria non riguarda solo l’ambiente esterno, bensì anche gli ambienti interni delle nostre abitazioni, uffici e scuole. Basti pensare che la maggioranza della popolazione trascorre oltre l’80% della giornata in ambienti confinati, dove la scarsa ventilazione e il ridotto ricambio d’aria favoriscono l’aumento di concentrazione degli inquinanti indoor, tra i quali spiccano i composti organici volatili (VOC), sostanze chimiche ad elevata volatilità generate da una serie di fonti di uso comune come vernici, colle, stampanti, fumo di tabacco, prodotti per la pulizia, combustione del gas di cucine, stufe e camini.

In questo contesto, una maggiore attenzione da parte degli attori istituzionali nell’attuazione di interventi di miglioramento della qualità dell’aria non è solo doverosa, ma, se ben gestita, può comportare anche risvolti positivi dal punto di vista economico. A questo proposito, un recente studio sui rapporti tra inquinamento e salute pubblicato dalla rivista di ricerca medica The Lancet, ha stimato che negli USA dal 1970 al 2018 è stato ottenuto un ritorno economico di circa 30 dollari per ogni dollaro investito per contenere l’inquinamento atmosferico. L’elevato moltiplicatore sarebbe legato al miglioramento delle condizioni di salute della popolazione, che, ammalandosi meno, garantirebbe nel tempo la stessa produttività lavorativa e graverebbe meno sui costi del sistema sanitario. Per tali ragioni, e su spinta delle politiche promosse dall’UE all’insegna della sostenibilità ambientale, nel dicembre del 2021 l’Italia ha approvato il Programma nazionale per il controllo dell’inquinamento atmosferico (PNCIA), individuando una serie di temi cruciali su cui intervenire con azioni concrete. Le principali soluzioni proposte riguardano l’introduzione di limiti alla circolazione dei veicoli più inquinanti, l’incentivazione di interventi di efficientamento energetico degli edifici, l’adozione di pratiche agricole sostenibili che vietino lo spandimento di liquami zootecnici e la combustione all’aperto dei residui vegetali, la sostituzione degli impianti di riscaldamento residenziale basati sulle biomasse, la maggiore produzione di energie rinnovabili e la realizzazione di infrastrutture verdi urbane per favorire la fitodepurazione dell’aria.


Per approfondire:

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), Qualità dell’Aria, Position Paper 2022, Gruppo di lavoro sul Goal 11 “Città e comunità sostenibili”, maggio 2022;

European Environmental Agency (EEA) https://www.eea.europa.eu/en/topics/in-depth/air-pollution

Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), Programma Nazionale Controllo Inquinamento Atmosferico – PNCIA, https://www.mase.gov.it/pagina/programma-nazionale-controllo-inquinamento-atmosferico-pncia;

Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Linee guida globali OMS sulla qualità dell’aria: Particolato (PM2,5 e PM10), ozono, biossido di azoto, anidride solforosa e monossido di carbonio. Sintesi. Copenaghen: OMS Ufficio Regionale per l’Europa; 2022. Licenza: CC BY-NC-SA 3.0 IGO.

The Lancet Commission on pollution and health, The Lancet, Volume 391, Issue 10119, 2018, Pages 462-512, ISSN 0140-6736, https://doi.org/10.1016/S0140-6736(17)32345-0.

Vilcins D, Christofferson RC, Yoon JH, Nazli SN, Sly PD, Cormier SA, Shen G. Updates in Air Pollution: Current Research and Future Challenges. Ann Glob Health. 2024 Feb 1;90(1):9. doi: 10.5334/aogh.4363. PMID: 38312715; PMCID: PMC10836163.

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“Sponge cities”: città più verdi, sostenibili e resilienti

di Alessandro Campiotti

Le città occupano appena il 3% della superficie terrestre, ma consumano il 75% delle risorse del pianeta. L’idea di sponge city (città spugna) rinnova i tradizionali canoni di pianificazione urbana, purché si proceda di pari passo ad una riduzione del consumo di suolo.


In un’intervista di qualche anno fa il celebre architetto Renzo Piano definiva la città come “ una stupenda emozione dell’uomo…anzi come l’invenzione dell’uomo ”, eppure, nel corso del tempo, quell’emozione ha assunto sempre più una valenza di carattere negativo. A livello globale le città occupano appena il 3% della superficie terrestre, ma sono responsabili del 75% del consumo di risorse materiali, del 70% del consumo energetico e dell’80% delle emissioni di gas climalteranti, contribuendo fortemente al riscaldamento globale. Numerosi studi prevedono che, entro il 2050, il 70% della popolazione mondiale risiederà nelle città che diventeranno luoghi sempre più caotici, energivori, inquinati e difficili da gestire. Un recente rapporto pubblicato dall’Agenzia europea dell’Ambiente (AEA) mette in guardia sui rischi legati ai cambiamenti climatici, con particolare attenzione a siccità, inondazioni, inquinamento idrico e atmosferico, sottolineando la necessità di agire al più presto per mitigare gli effetti di tali fenomeni, e in questo modo tutelare l’ambiente e la salute umana. Una possibile risposta a questi problemi fu concettualizzata in Cina all’inizio degli anni 2000, e si riferisce ad un nuovo paradigma di città, definita sponge city (città spugna). Si tratta di concepire lo sviluppo urbano in funzione di quattro proprietà principali – naturale, sociale, economica e tecnica – realizzando una pianificazione che massimizzi la presenza di spazi verdi e promuova quei servizi ecosistemici legati alla gestione delle acque, con l’obiettivo di mitigare i fenomeni di allagamento e inondazione causati dalle sempre più frequenti “bombe d’acqua”. Negli ultimi anni, numerose città europee hanno avviato progetti di rigenerazione urbana basati sul concetto di sponge city, da Parigi a Madrid, da Londra ad Amsterdam, da Milano a Copenaghen. A questo proposito, sono stati realizzati interventi di devamping (depavimentazione), dove il tradizionale asfalto è stato sostituito da coperture vegetali o da innovativi asfalti porosi, drenanti e ad alto albedo (capacità di riflettere la luce), per aumentare la permeabilità superficiale e ridurre l’assorbimento di energia solare. Al contempo sono stati progettati nuovi parchi urbani secondo la logica del rain garden (giardino della pioggia), caratterizzati da leggere depressioni per favorire il drenaggio e il deflusso delle acque piovane; sullo stesso concetto sono sorte le water square (piazze d’acqua), per migliorare la raccolta idrica all’interno di serbatoi sotterranei, e in questo modo consentirne il riutilizzo per l’irrigazione e la pulizia delle strade. Ulteriori interventi hanno riguardato la realizzazione di tetti e pareti verdi, per ridurre l’incidenza delle piogge, promuovere la biodiversità animale e vegetale, abbassare la concentrazione di CO2 atmosferica, migliorare l’efficienza energetica degli edifici e contribuire al contenimento del fenomeno “isola di calore”. Tuttavia, va sottolineato che l’attuazione di tali interventi di rigenerazione urbana dovrebbe correre di pari passo ad una decisa riduzione del consumo di suolo, che in Italia viene cementificato alla velocità di 2,4 metri al secondo, con numerose conseguenze negative sugli ecosistemi naturali, sulla sicurezza alimentare e sulla sostenibilità della città. Pertanto, solo un’azione parallela su questi due binari, condivisa da amministratori e cittadini, consentirà di migliorare l’efficacia degli interventi adattativi, promuovere lo sviluppo urbano sostenibile e rendere le città sempre più verdi, sostenibili e resilienti.

Per approfondire

Ali Hamidi, Bahman Ramavandi, George A. Sorial, Sponge City — An emerging concept in sustainable water resource management: A scientometric analysis, Resources, Environment and Sustainability, Volume 5, 2021, 100028, ISSN 2666-9161, https://doi.org/10.1016/j.resenv.2021.100028;

European Environmental Agency (EEA),
I rischi climatici per la salute posti dalle inondazioni, dalla siccità e dalla qualità dell’acqua richiedono un intervento urgente, 2024,
https://www.eea.europa.eu/it/highlights/i-rischi-climatici-per-la;


Ma J, Liu D, Wang Z. Sponge City Construction and Urban Economic Sustainable Development: An Ecological Philosophical Perspective. Int J Environ Res Public Health. 2023 Jan 17;20(3):1694. doi: 10.3390/ijerph20031694. PMID: 36767061; PMCID: PMC9914648.

Foto di intestazione: Redazione

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