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Il Made in Italy al tempo del Covid-19

Il Covid-19 colpisce il settore agroalimentare, che in Italia occupa oltre 3 milioni di lavoratori e vale un quarto del PIL nazionale. Diverse le misure messe in campo dal Governo per sostenere il settore. Su iniziativa di Coldiretti e Filiera Italia nasce l’alleanza salva spesa Made in Italy con l’obiettivo di garantire la regolarità delle forniture e combattere qualsiasi forma di speculazione sul cibo durante l'emergenza.


La pandemia colpisce le produzioni agricole

Il settore agroalimentare, così come la maggior parte dei settori produttivi del Paese, sta subendo danni rilevanti a causa della pandemia di Covid-19. Per far fronte alla situazione di emergenza, il decreto-legge “Cura Italia” ha messo in campo una serie di misure volte a sostenere il settore agroalimentare e le sue diverse filiere (produttiva, logistica e distributiva), garantendo l’approvvigionamento dei beni alimentari su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, le misure contenute nel decreto-legge non riescono a sostenere pienamente il problema rappresentato dalla mancanza di braccianti stagionali impegnati nell'agricoltura, per lo più provenienti dai paesi dell'Est Europa, che non stanno più venendo in Italia a causa della chiusura delle frontiere e del timore di essere contagiati. A questo proposito, le organizzazioni sindacali del mondo agricolo hanno avanzato la richiesta di semplificare il voucher “agricolo” in modo tale da consentire a studenti e pensionati italiani di poter svolgere attività lavorative nelle campagne non solo come opportunità di reddito ma anche per sopperire alla mancanza di lavoratori stagionali stranieri (Figura 1). Sono infatti molte le imprese dei distretti agricoli che cominciano a risentire della scarsa disponibilità di braccianti e ad avere problemi per la raccolta nei campi, vedendo andare male anche parte dei loro raccolti. In particolare, sono state colpite le produzioni di fragole e asparagi in Veneto, di mele in Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna, di uva e kiwi in Piemonte, di finocchi e pomodori in Lazio, Puglia e Sicilia. Questa situazione riguarda anche gli allevamenti da latte e i caseifici, che si vedono costretti a rallentare le lavorazioni per mancanza di personale, con una diminuzione delle produzioni.

 

Figura 1. Raccoglitori di arance.

 

Misure di sostegno al settore agroalimentare

Tra i provvedimenti governativi a favore dell'agricoltura e dell'industria agroalimentare, la proroga fino al 15 giugno dei permessi di soggiorno in scadenza ad aprile per il lavoro stagionale degli immigrati da parte del Ministero delle Politiche Agricole (decreto-legge n. 18 del 2020, art. 103, c. 2), con l’obiettivo di garantire la presenza di decine di migliaia di lavoratori stranieri impegnati nelle attività ortofrutticole e di produzione di latte e formaggi. Altro provvedimento riguarda il comparto del florovivaismo, che occupa 27 mila imprese per un valore di circa 3 miliardi di euro, al quale è stato consentito di svolgere l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di prodotti agricoli e alimentari, di semi, piante e fiori ornamentali, ammendamenti e altri prodotti simili  (D.p.c.m. 22 marzo 2020, art. 1, c. 1, lett. f). Sempre al fine di sostenere il settore, la Commissione europea ha elaborato delle linee guida per la gestione delle frontiere interne dell’Unione per agevolare l’approvvigionamento delle merci. Secondo tali linee guida, gli Stati membri sono infatti tenuti a designare delle “corsie verdi” (green lines) per il trasporto delle merci, sospendendo durante il periodo di emergenza le restrizioni di accesso stradale in vigore a livello nazionale. Con le nuove regole, l’attraversamento delle frontiere interne, compresi gli eventuali controlli e screening sanitari, non dovrebbe richiedere più di 15 minuti. Si tratta di una misura concepita per agevolare soprattutto il trasporto di farmaci e dispositivi medici destinati al personale sanitario, ma che andrà a sostegno anche delle imprese del settore agroalimentare. Inoltre, nei giorni scorsi, Coldiretti e Filiera Italia hanno dato vita all’alleanza salva spesa Made in Italy, che coinvolge agricoltori, industrie alimentari e distribuzione commerciale, con l’obiettivo di garantire la regolarità delle forniture dei prodotti alimentari e combattere qualsiasi forma di speculazione sul cibo. Tra gli aderenti all’iniziativa spiccano i nomi di importanti catene, tra le quali Coop, Conad, Auchan, Bennet, Cadoro, Carrefour, Decò, Despar, Esselunga, Famila, Iper, Italmark, Metro, Gabrielli, Tigre, Oasi, Pam, Panorama, Penny, Prix, Selex, Superconti, Unes, Vegè.

 

L’indagine del CREA sui lavoratori agricoli

Nel 2017, secondo un’indagine del CREA, gli operai agricoli con regolare contratto a tempo indeterminato o determinato erano 1.059.998, di cui 695.613 italiani e 364.385 stranieri (343.977 a tempo determinato). Considerando i paesi di provenienza dei lavoratori e aggregandoli in macro-aree (UNSD, 2017), emerge che oltre il 65 per cento dei lavoratori agricoli iscritti all’INPS erano italiani, il 14,8 per cento erano lavoratori provenienti dall’Est Europa e il 4,6 per percento venivano dall’Africa settentrionale (Figura 2).

 

Figura 2. Elaborazioni CREA su dati INPS

 

L'emergenza Covid-19 mostra chiaramente che il Made in Italy agroalimentare non può fare a meno della manodopera straniera. Le diverse filiere del sistema agricolo-alimentare nazionale, secondo dati della Coldiretti, costituiscono una rete diffusa di piccole e grandi imprese agricole che impegnano complessivamente oltre 3 milioni di lavoratori, per un valore di 538 miliardi di euro, pari al 25 per cento del PIL nazionale. Usciti dall’emergenza, occorrerà riconsiderare la produzione di beni alimentari, spesso effettuata a spese delle fasce più deboli, secondo una dimensione operativa basata su modelli di sviluppo che valorizzano il territorio, l’ambiente e la sicurezza sociale e alimentare dei lavoratori e dei consumatori.


Foto d'intestazione: mercato di "Ballarò", Palermo (Foto: www.ecowave.it)

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Agricoltura e agroindustria settori chiave per l’economia europea

La nuova PAC 2021-2027 si propone di promuovere l’agricoltura biologica e la filiera corta, azzerando le emissioni di CO2 e riducendo gli sprechi alimentari del 50 per cento. La Commissione europea, causa la crisi epidemiologica provocata dal Covid-19, pubblica linee guida che impegnano gli Stati membri a designare “corsie verdi” per agevolare il trasporto delle merci in Ue. Favorite 294 mila imprese che operano nel settore agroalimentare e in quello delle bevande 


La Commissione europea promuove “corsie verdi” per agevolare il trasporto delle merci

Il sistema agricolo-alimentare dell’Unione europea, Regno Unito compreso, contribuisce significativamente al benessere alimentare di oltre 500 milioni di cittadini europei e rappresenta una delle principali produzioni a livello globale. Circa 22 milioni di lavoratori operano nel settore agricolo e almeno il doppio di essi è occupato nell’agroindustria, nella trasformazione dei prodotti agroalimentari, nell’energia e nel turismo. Fondamentale è il ruolo rivestito dagli agricoltori nel preservare e migliorare l’ambiente naturale, il suolo, l’acqua, la biodiversità e i pozzi di assorbimento del carbonio (Figura 1).

 

Figura 1. Il settore agricolo nell’Unione europea a 28 (COM(2017) 713 final)

 

Nei giorni scorsi, a causa della crisi epidemiologica provocata dal Covid-19, la Commissione europea ha elaborato delle linee guida per la gestione delle frontiere interne dell’Ue, al fine di agevolare la catena di approvvigionamento garantendo il flusso continuo delle merci. Secondo tali linee guida, gli Stati membri sono tenuti a designare come “corsie verdi” (Figura 2) tutte le frontiere interne che fanno parte delle reti di trasporto transeuropee (TEN-T), sospendendo temporaneamente le restrizioni di accesso stradale in vigore a livello nazionale. Con le nuove regole, l’attraversamento delle frontiere interne, compresi gli eventuali controlli e screening sanitari, non dovrebbe richiedere più di 15 minuti.

 

Figura 2. Mappa delle “corsie verdi” per la circolazione agevolata delle merci sul territorio dell’Ue

 

Le linee guida tracciate dalla Commissione europea sono state accolte favorevolmente dalle organizzazioni che rappresentano gli interessi degli agricoltori europei, in quanto contribuiranno ad assicurare il reddito alle 294 mila imprese che operano nel settore agroalimentare e in quello delle bevande, tra le quali vanno ricomprese anche circa 22 mila cooperative agricole (Figura 3).

 

Figura 3. Il settore agroalimentare nell’Unione europea (le cifre indicano il numero di posti di lavoro nei settori corrispondenti (elaborato da COM(2017) 713 final)

 

L’agricoltura nel Green Deal europeo

Il sistema agricolo-alimentare è parte integrante del Green deal, l’ambizioso pacchetto di misure lanciato dalla Commissione europea, che prevede investimenti per 1000 miliardi di euro con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra e raggiungere la “neutralità climatica” entro il 2050. Si tratta di obiettivi indispensabili per contenere l’aumento del riscaldamento globale entro gli 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali (1850), in linea con quanto fissato dall’Accordo di Parigi. L’Unione europea si è infatti impegnata ad azzerare le proprie emissioni di CO2, che ancora rappresentano il 9 per cento delle emissioni a livello globale, entro il 2050, contribuendo al contempo all’obiettivo intermedio che prevede la riduzione del 55 per cento delle emissioni di CO2 entro il 2030. Un ruolo fondamentale per centrare gli obiettivi sarà giocato dalla PAC 2021-2027 che, con la strategia “Farm to Fork”, si propone di promuovere l’agricoltura biologica e la filiera corta, al fine di azzerare le emissioni di CO2 e ridurre gli sprechi alimentari del 50 per cento. Tra gli obiettivi contenuti nella nuova PAC figura anche quello che prevede una significativa riduzione del consumo di fertilizzanti minerali, che l’Eurostat (Ufficio statistico dell'Unione europea) ha valutato in 11,6 milioni di tonnellate di azoto e 1,3 milioni di tonnellate di fosforo, alle quali va aggiunto un consumo di pesticidi di 400 mila tonnellate di principi attivi (Figura 4).

 

Figura 4. Consumo di pesticidi al 2017 (Elaborata da Eurostat 2018)

 

Un sistema agricolo-alimentare più sostenibile sarà in grado di garantire redditi più adeguati agli agricoltori che, secondo il Copa-Cogeca (Comitato delle organizzazioni agricole professionali-Confederazione generale delle cooperative agricole), il principale gruppo d’interesse per gli agricoltori europei, ricevono mediamente solo il 21 per cento della quota del valore del prodotto agricolo, a fronte del 28 per cento che è destinato alla trasformazione e del 51 per cento che va ai rivenditori. A questo proposito, tra gli obiettivi del Green Deal europeo c’è anche quello che punta a sostenere la ri-territorializzazione delle produzioni e l’impiego di processi di produzione e trasformazione dei prodotti alimentari più sostenibili sotto il profilo ambientale ed energetico. I nuovi paradigmi di produzione richiedono infatti un cambio di mentalità e una diversa organizzazione delle imprese e del lavoro degli agricoltori. Occorrono processi e pratiche agricole più moderne e in grado di salvaguardare la qualità dei prodotti e di minimizzare i consumi di acqua, suolo ed energia. In questo modo di potrà aprire la strada alla decarbonizzazione del sistema agricolo-alimentare, tra gli obiettivi del Green Deal, e contrastare il Global change, cioè l’insieme dei mutamenti che si registrano nei differenti ecosistemi terrestri a causa dei cambiamenti climatici. 


Per approfondire:

  • Il futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura. COM(2017) 713 final.

  • The European Green Deal. COM(2019) 640 final.

  • EFSA (http://www.efsa.europa.eu/it). 

  • Eurostat 2018 (dati per i pesticidi) e Eurostat 2019 (dati per i fertilizzanti minerali).

 

Foto d'intestazione: panorama agricolo nella provincia di Ragusa, in Sicilia (Foto: Carlo Alberto Campiotti)

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Covid-19: nato in natura e non in laboratorio

Il Covid-19 rappresenta un’emergenza sanitaria globale senza precedenti. Le ipotesi avanzate sulla sua origine sono diverse ma nessuna di esse può dirsi conclusiva. Tuttavia, i ricercatori ritengono che i pipistrelli potrebbero essere il serbatoio da cui è partita la diffusione del virus. 


Attacco del Covid-19 alle cellule umane

L’ingresso dei Coronavirus nelle cellule dipende dal legame delle proteine virali spike, dette anche proteine S ai recettori cellulari e dall’adescamento della proteina S da particolari proteasi della cellula ospite. Nell’articolo pubblicato da Hoffmann et al. su Cell il 5 marzo 2020, si afferma che il 2019-nCoV utilizza il recettore del SARS-CoV ACE2 per l’ingresso nella cellula e la serina proteasi TMPRSS2 per l’adescamento delle proteine S (Figura 1).Il nome ufficiale del SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2) attribuito dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) alla sindrome causata dal virus è Covid-19 (dall'inglese COronaVIrus Disease-2019).

 

Figura 1. Ingresso del virus nella cellula ospite. (Fonte: Hoffmann et al., SARS-CoV-2 Cell Entry Depends on ACE2 and TMPRSS2 and Is Blocked by a ClinicallyProven Protease Inhibitor, Cell (2020)

 

L'origine del virus

Il primo focolaio di SARS-CoV-2 è scoppiato ufficialmente a dicembre 2019 nella città di Wuhan, capoluogo della provincia di Hubei, in Cina. Nelle settimane successive il virus si è diffuso in tutto il mondo, creando altri focolai in Europa e, ormai, anche negli Stati Uniti. Secondo i ricercatori il virus è il prodotto dell'evoluzione naturale (Kristian G. Andersen et al. The proximal origin of SARS-CoV-2. Nature Medicine, 2020; DOI: 10.1038/s41591-020-0820-9). Lo studio è stato realizzato grazie al finanziamento dell’Istituto Nazionale della Sanità e del Dipartimento della Salute e dei Diritti Umani degli Stati Uniti e del Consiglio Europeo della Ricerca (Agenzia dell’Unione Europea per il supporto alla ricerca scientifica). Tuttavia, sull’origine di questo coronavirus e sulla sua evoluzione in una forma così fortemente contagiosa e letale per l’uomo non ci sono ancora evidenze conclusive ma solo ipotesi (Figura 2). Le principali ipotesi di contagio proposte dai ricercatori sono le seguenti:

 

Prima ipotesi

Il virus si è evoluto in forma patogena attraverso la selezione naturale in un ospite non umano ed è poi saltato sull'uomo. I precedenti focolai di coronavirus rilevati sul genere umano sarebbero infatti nati dopo avere contratto il virus attraverso il contatto con zibetti (SARS) e cammelli (MERS). Per quanto riguarda il SARS-CoV-2 (Covid-19), i ricercatori hanno proposto i pipistrelli (Rhinolophus affinis) come il serbatoio più probabile dell’infezione. Tuttavia, finora non sono stati documentati casi di trasmissione diretta dal pipistrello all’uomo, sebbene rimanga l’interrogativo di un ospite intermedio coinvolto tra pipistrelli e umani.

 

Seconda ipotesi

Una versione non patogena del virus è passata da un ospite animale a un essere umano e si è poi evoluta nel suo stato patogeno attuale nella popolazione umana. Ad esempio, alcuni coronavirus di pangolini (Manis javanica), mammiferi simili ad armadilli trovati in Asia e in Africa, hanno una struttura RBD molto simile a quella della SARS-CoV-2. Un coronavirus avrebbe potuto essere trasmesso da un pangolino a un essere umano, direttamente o attraverso un ospite intermedio come uno zibetto o  un furetto.

 

Terza ipotesi

In qualche modo il virus potrebbe essere sfuggito al controllodurante un esperimento svolto dai ricercatori in laboratorio. Tuttavia, le ricerche genomiche riportano che è praticamente impossibile che il Covid-19 sia il frutto di un esperimento di ingegneria genetica perché i domini del legame del recettore (RBD) sono mutati per adattarsi ai recettori umani attraverso un processo naturale. Perciò, secondo i ricercatori, il Covid-19 ha senza ombra di dubbio un’origine naturale, da rintracciarsi probabilmente nel contagio con un pipistrello.

 

Figura 2. Ipotesi sull’origine del Covid-19 (figura rielaborata dall’autore)

 
 

Inquinamento atmosferico e Covid-19 

Tra le ipotesi proposte dai ricercatori vi è anche quella secondo cui l’inquinamento atmosferico avrebbe influito significativamente sulla diffusione del virus. In particolare, i ricercatori hanno osservato che il particolato fine agisce da vettore di ogni tipo di inquinante, dai metalli pesanti agli idrocarburi policiclici aromatici, dai batteri ai virus. A questo proposito, il position paper della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sime) ha evidenziato che la velocità di incremento dei casi di contagio che ha interessato in particolare alcune aree del Nord Italia potrebbe essere legata proprio alle condizioni di inquinamento atmosferico da particolato che ha esercitato un’azione di carrier e di boost”. Infine, ci sono supposizioni che ritengono che la diffusione del Covid-19 sia legata ai cambiamenti climatici in atto. Un team di scienziati della Ohio State University e del Joint Genome Institute del Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti ha recentemente affermato sulla piattaforma bioRxiv.org di aver trovato 28 gruppi di virus sconosciuti congelati in uno strato di ghiaccio risalente a 15 mila anni fa situato nella parte cinese dell’altopiano tibetano, a ovest dei Monti Kunlun, nel ghiacciaio di Guliya (Figura 3). Secondo i ricercatori “lo scioglimento dei ghiacci, provocato dal cambiamento climatico, potrebbe favorire il rilascio di agenti patogeni nell'ambiente”. I virus verrebbero quindi liberati nell’aria e nell’acqua dove entrerebbero in contatto con le falde acquifere, causando la diffusione di nuove e sconosciute infezioni che potrebbero sorgere in futuro. 

 

Figura 3. Sito dove sono stati ritrovati trovati 28 gruppi di virus sconosciuti

 

La conferma dai satelliti

Il blocco totale imposto dapprima in Cina e in seguito in Italia per evitare il contagio da Covid-19 ha avuto l’effetto desiderato di ridurre lo smog in entrambi i Paesi. Infatti, sia la Cina che il Nord Italia hanno mostrato significativi cali di diossido di azoto (NO2), un gas inquinante generato dalla combustione di combustibili fossili, fortemente legato alla produzione industriale, agli impianti di riscaldamento e al traffico stradale (Figura 4). Di qui l’ipotesi di una possibile associazione tra l’inquinamento atmosferico e la diffusione del virus.

 

Figura 4. Dati da satellite sull’inquinamento atmosferico in Cina e Italia

 

Tuttavia, la Società italiana di aerosol (Ias)ha pubblicato un documento dove si legge che “leattuali conoscenze relative all’interazione tra i livelli di inquinamento da polveri sottili e ladiffusione del Covid-19 sono ancora molto limitate e ciò impone di utilizzare la massimacautela nell’interpretazione dei dati disponibili”. Il documento è stato firmato da 70 scienziati provenienti da vari enti e istituzionidi ricerca, tra i quali Cnr, Infn, ENEA e le Agenzie regionali per la protezione ambientale (Arpa) di Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte, nonché dalle maggiori università italiane.

 

Il virus sopravvive sulle superfici che tocchiamo

Secondo uno recente studio condotto da un team di scienziati e accademici statunitensi pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine, la sopravvivenza del coronavirus ha durata variabile: 72 ore su plastica e acciaio inossidabile, 24 ore sul cartone e 4 ore sul rame. Lo studio ha anche dimostrato che il virus sopravvivere soprattutto  in piccole goccioline (aerosol) in grado di rimanere sospese nell'aria per un tempo che varia da mezz'ora a un'ora, a seconda del flusso d'aria. La pulizia frequente di controsoffitti, maniglie delle porte e altre superfici con disinfettanti e detergenti elimina l’eventuale presenza del virus. Infine, uno studio della Johns Hopkins University ha rilevato che il periodo medio di incubazione è di 5,1 giorni e che il 97,5 per cento di coloro che contraggono il virus sviluppano sintomi entro 11,5 giorni.


Foto d’intestazione: Microfotografia elettronica a trasmissione del coronavirus Covid-19, National Institutes of Health (NIH)