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Il decreto-legge “Cura Italia” sostiene l’agricoltura contro l’emergenza Covid-19

Il decreto-legge “Cura Italia” stanzia 25 miliardi di euro in misure per potenziare il Servizio sanitario nazionale e sostenere famiglie, imprese e lavoratori per fare fronte all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Provvedimenti anche per il settore agroalimentare: pronto un fondo da 150 milioni di euro per la promozione del "Made in Italy" all’estero.


Il decreto-legge “Cura Italia” n. 18 del 17 marzo 2020 recante “misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19” sosterrà anche la filiera produttiva del sistema agricolo-alimentare, come annunciato in videoconferenza lo scorso 10 marzo dal ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova. Come ha affermato la Bellanova, “dietro ai prodotti agroalimentari c’è il lavoro, l’impegno, il sacrificio di moltissime imprese e lavoratori: garantirle e sostenerle anche con l’acquisto dei loro prodotti significa garantire e sostenere una parte fondamentale della nostra economia e del nostro Paese”. Prova ne sia che, finora, non sono mai mancati i prodotti sugli scaffali della grande distribuzione e su quelli delle migliaia di piccoli negozi e imprese a conduzione familiare. Tuttavia, era evidente che per proseguire le attività produttive e commerciali, il settore aveva necessità di adeguati livelli di protezione e sicurezza anti-contagio. La sottoscrizione del "Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro" di concerto tra i Ministeri dell’economia, del lavoro e delle politiche sociali, dello Sviluppo economico e della salute è stato perciò favorevolmente accolto dal comparto agroalimentare, dove è più difficile ricorre a forme di smart working. Grazie alle misure del Protocollo, il comparto riuscirà a garantire migliori condizioni di salubrità e sicurezza negli ambienti e nelle modalità di lavoro.

Tra le misure più importanti messe in campo per contrastare l’emergenza Covid-19, le autorità scientifiche e sanitarie indicano: la rarefazione delle presenze all’interno dei luoghi di lavoro; il rispetto della “distanza interpersonale di un metro; la disponibilità di strumenti di protezione individuale come mascherine, guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc.; la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti e delle postazioni di lavoro. Il d.l. “Cura Italia”, oltre alle misure di carattere generale, come la sospensione di versamenti tributari, previdenziali e assistenziali per le imprese fino a due milioni di euro, contiene una serie di misure specifiche per il settore primario, tra le quali:

 

  • un fondo da 100 milioni a sostegno delle imprese agricole;
  • stanziamento di 100 milioni di euro per favorire l'accesso al credito;
  • aumento dal 50 al 70 per cento degli anticipi dei contributi della PAC per un valore complessivo di oltre un miliardo di euro;
  • cassa integrazione in deroga per tutti i lavoratori agricoli e tutele per i lavoratori stagionali senza continuità di rapporti di lavoro;
  • indennità per i lavoratori agricoli a tempo determinato;
  • aumento del fondo indigenti di 50 milioni di euro per assicurare la distribuzione delle derrate alimentari, che si aggiungono ai 6 milioni già destinati nei giorni scorsi all'acquisto di latte crudo, in accordo con il tavolo di coordinamento ministeriale contro gli sprechi alimentari;
  • sospensione delle rate fino al 30 settembre per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie.

 

Ulteriori misure sono state messe in campo dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal quale dipende il commercio estero. Tra queste, una che prevede un piano di 760 milioni di euro a sostegno della competitività delle imprese italiane e di contrasto alle pretese avanzate da altri paesi di certificare i prodotti Made in Italy come “virus free”, nonostante l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) abbiano più volte ribadito che non esistono prove scientifiche che la trasmissione del Covid-19 avvenga attraverso il cibo e un’altra che rende disponibile un fondo da 150 milioni di euro per la promozione del Made in Italy all’estero, per il sostegno alle esportazioni e all’internazionalizzazione delle imprese del sistema agricolo-alimentare.

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Il consumo di cibo al tempo del Covid-19

Secondo l’EFSA (European Food Safety Authority) non ci sono ancora prove che il Covid-19 possa trasmettersi all’uomo attraverso il contatto con il cibo e altri beni di consumo. L’ISS (Istituto Superiore di Sanità) raccomanda di usare alcune indicazioni per il consumo di cibo e lo smaltimento dei rifiuti.


La trasmissione all’uomo del Covid-19 avviene per via aerea mediante lo stresso contatto con una persona già affetta e quindi trasportatrice del virus. Essa avviene soprattutto attraverso le “goccioline” respiratorie che le persone emanano quando respirano, tossiscono o starnutiscono. Nonostante l’EFSA (European Food Safety Authority) abbia sottolineato che ad oggi non ci sono prove che il virus possa trasmettersi all’uomo attraverso il contatto con il cibo e altri beni di consumo, i prodotti “Made in China”, e ormai anche quelli “Made in Italy”, hanno subito una forte caduta in termini di appeal tra i consumatori di tutto il mondo. Secondo una recente indagine pubblicata su FoodNavigator.com, la domanda di cibo cinese da parte dei consumatori è scesa del 33 per cento, mentre quella di cibo italiano del 24 per cento a livello globale. Per quanto riguarda il nostro Paese, le stime di Confcommercio prevedono perdite comprese tra i 5 e i 7 miliardi di euro, se l’emergenza Covid-19 continuerà fino a maggio. Inoltre, stando a quando ci dice la Coldiretti, l’emergenza in atto sta fortemente danneggiando la filiera agroalimentare nazionale, sia a livello di catena di produzione sia a livello di ristorazione, che in Italia vale oltre 500 miliardi di euro ogni anno, pari al 25 per cento del PIL nazionale, e occupa 3,8 milioni di occupati.

Va inoltre sottolineato che nel 2019 il nostro Paese, con 824 prodotti enogastronomici certificati come DOP (Denominazione di origine protetta), IGP (Indicazione geografica protetta) e STG (Specialità tradizionale garantita), si è aggiudicato il titolo di primo sistema agricolo-alimentare al mondo. Perciò, al tempo del Covid-19, che sta mettendo a dura prova la filiera a tutti i livelli, è importante privilegiare l’acquisto di prodotti “Made in Italy”. Il tutto adottando alcune fondamentali norme igieniche e di comportamento. A questo proposito, gli esperti raccomandano di utilizzare guanti per la spesa e la manipolazione di prodotti alimentari e per lavare frutta e verdura. In particolare, le principali agenzie internazionali, in primo luogo l’EFSA e l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), e il nostro ISS (Istituto Superiore di Sanità) raccomandano di seguire alcune indicazioni per il consumo di cibo.

 

Regole igieniche:

  • Lavarsi accuratamente le mani con acqua corrente e sapone o con un gel igienizzante. I virus non hanno membrana di protezione come i batteri, perciò possono essere facilmente eliminati;
  • Evitare di consumare alimenti freschi come frutta e verdura o appena prodotti come carne, pesce, uova e latte, poiché il tempo che intercorre tra la produzione e la raccolta e il loro consumo è utile per ridurre la vitalità dei virus;
  • L’OMS esorta a lavare sempre frutta e verdura prima di consumarla per evitare un’eventuale diffusione del virus. Il rischio maggiore risiede infatti nel maneggiare prodotti freschi e merci confezionate che siano state manipolate senza le dovute precauzioni o con le quali sia entrata in contatto una persona infetta. A tal proposito, l'emittente televisiva statunitense NBC2 ha riferito che il Covid-19 può vivere per ore su frutta e verdura e, di conseguenza, c’è il rischio di contaminazione;
  • Conservare e preparare separatamente prodotti a base di carne cruda e altri alimenti, soprattutto se questi non siano stati prima riscaldati.

 

Poiché i virus muoiono quando sottoposti al calore, il rischio di infezione può essere eliminato trattando i pasti a base di carne, pesce e uova con temperature non inferiori a 70 °C per almeno 2 minuti. È improbabile, secondo l’EFSA, che il virus sopravviva se è stato riscaldato perché gli studi scientifici precedenti, portati avanti su altri virus simili come la SARS, hanno dimostrato che una cottura accurata è efficace nell’uccidere il virus. Ovviamente, le attrezzature e le superfici venute a contatto con i prodotti alimentari devono essere lavati accuratamente con acqua calda e/o sapone detergente. Inoltre, l’OMS raccomanda di evitare potenziali contaminazioni tra cibi cotti e non, soprattutto durante la conservazione degli alimenti in frigorifero o nel congelatore, tenendo rigorosamente separati gli alimenti cotti da quelli crudi mediante contenitori sigillati.

 

Smaltimento dei rifiuti

Le linee guida realizzate dall’Istituto Superiore di Sanità per far fronte all’emergenza Covid-19 raccomandano di smaltire immediatamente i materiali di imballaggio e l'acqua di scongelamento dei prodotti. In particolare, se non si è positivi al virus, la raccolta differenziata può continuare come sempre, usando però qualche accorgimento in più rispetto al passato: in caso di raffreddore, l’ISS consiglia di smaltire i fazzoletti di carta nella raccolta indifferenziata, così da evitare la possibilità di contagio; invece, nell’ipotesi di quarantena obbligatoria, i rifiuti non devono essere differenziati, ma chiusi in sacchetti resistenti e isolati in locali inaccessibili agli animali domestici.  

 

Figura 1. Distribuzione geografica del numero cumulativo di casi COVID19 segnalati per 100000 abitanti, in tutto il mondo, al 14 marzo 2020 (European Centre for Disease Prevention and Control-An agency of the European Union).

 

I primi focolai da Covid-19 sono stati rilevati nella città di Wuhan (11 milioni di abitanti), capoluogo della provincia di Hubei, situata nella Cina orientale. Oggi la diffusione del virus, catalogata nei giorni scorsi dall’OMS come pandemia, ha contagiato 132 mila persone in 123 paesi del mondo, oltre 21 mila delle quali solo in Italia, e rappresenta una minaccia per la salute e l’economia a livello globale. 

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Città più sostenibili e con meno emissioni, le NBS rappresentano una soluzione

Le città ospitano il 50 per cento della popolazione mondiale, sono responsabili del 70 per cento delle emissioni di CO2 e consumano il 75 per cento delle risorse naturali. Le NBS (Nature Based Solutions) giocano un ruolo fondamentale per raggiungere la “carbon neutrality”, uno dei principali obiettivi del Green deal europeo.


Nell'Unione europea il 40 per cento dell'energia finale per il riscaldamento e il raffreddamento è consumata nel settore residenziale, il 37 per cento nell'industria, il 18 per cento nei servizi (COM(2016) 51 final). A questo proposito, la Direttiva 2010/31/UE prevede che gli edifici privati che verranno realizzati dopo il 31 dicembre 2020 abbiano prestazioni energetiche "quasi pari a zero" (NZEB), mentre per quelli che appartengono alle pubbliche amministrazioni, tale obbligo vale già dal 2018. Successivamente, con la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, l’Unione europea ha stabilito un quadro comune di misure per una strategia a lungo termine per la ristrutturazione degli edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati, all'insegna dell'efficienza energetica. Tra le misure considerate per contenere i consumi energetici degli edifici e per sviluppare percorsi di edilizia virtuosi e paradigmi abitativi innovativi anche sotto il profilo ambientale, particolare importanza viene riconosciuta all’elemento vegetale rispetto alla riduzione dei consumi per il riscaldamento e il raffrescamento, come evidenziano la COM(2013) 249 final “Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa” e la Direttiva (UE) 2018/844 del 30 maggio 2018, che modifica la precedente Direttiva 2010/31/UE. Entrambe, infatti, favoriscono lo sviluppo di soluzioni NBS (Nature Based Solutions) per sostenere la rigenerazione urbana, la diminuzione delle emissioni di gas serra, la resilienza e il miglioramento dell’efficienza energetica nelle città.

 

Fig. 1. Verde sui tetti (Manchester, GB)

 

Fig. 2. Verde sui balconi (Padova)

 

La "ri-naturalizzazione" urbana attraverso l’applicazione di soluzioni NBS è riconosciuta tra le principali azioni per raggiungere uno sviluppo urbano equo, inclusivo e sostenibile (European Commission, Towards an EU Research and Innovation policy agenda for Nature-Based Solutions & Re-Naturing Cities, 2015). Le NBS, inoltre, si presentano come soluzioni funzionali allo sviluppo di azioni volte a proteggere e ripristinare, ove necessario, gli ecosistemi naturali o modificati delle aree metropolitane, contribuendo al contempo a migliorare il benessere umano, la biodiversità animale e vegetale, la mitigazione e il contrasto al cambiamento climatico.

Il concetto di “renaturing cities” è stato recentemente riconosciuto dall’Unione europea come strategico per guidare lo sviluppo urbano sostenibile e inserito tra gli SDGs (Sustainable Development Goals) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite come trasversale rispetto agli altri 17 obiettivi. A questo proposito, il Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC), elaborato dal Ministero dello Sviluppo economico, ha posto tra i suoi temi prioritari la decarbonizzazione e l'efficienza enegertica, invitando le amministrazioni locali a impegnarsi per sviluppare appositi piani di sviluppo che pongano le NBS al centro del processo di rigenerazione delle città. L’impiego di sistemi vegetali si colloca poi all’interno degli obiettivi previsti dal Patto dei Sindaci del 2008 (The Covenant of Mayors) e tra quelli del più recente Global Covenant of Mayors for Climate and Energy del 2017.

 

Fig. 3. Verde sulle facciate (Roma)

 

Particolare attenzione è rivolta al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici attraverso la realizzazione di coltri vegetali disposte in modo orizzontale o verticale sugli edifici. Si tratta di una prospettiva per la progettazione di edifici "future proof", cioè "a prova di futuro", in linea con quanto indica il position paper dell’Alliance to Save Energy “Energy Efficiency: A Tool for Climate Change Adaptation. Tuttavia, da un lato, i sistemi vegetali contribuiscono a migliorare la sostenibilità ambientale ed energetica degli edifici, delle città e dei territori, dall’altro rappresentano un elemento vivo e dinamico che si sottrae alle regole di un’analisi prestazionale pensata e normalizzata per involucri di edilizia tradizionali. La crescita e lo sviluppo delle specie vegetali nelle aree urbane risulta, infatti, condizionata dalla stagionalità climatica e dalle caratteristiche termo-fisiche e ambientali delle aree costruite. Pertanto, le NBS richiedono valutazioni che comprendano sia la variabilità delle specie vegetali, sia la definizione dei parametri climatico-ambientali che caratterizzano il sito e le caratteristiche dei materiali costruttivi degli edifici sui quali si colloca il verde. La loro diffusione concorre alla ricostruzione di una dimensione ecologica delle aree metropolitane: la creazione di spazi naturali favorisce la nidificazione degli uccelli e la crescita di fioriture per le api; la realizzazione di orti urbani è utile alle economie famigliari e giardini pensili e tetti verdi contribuiscono a diminuire i deflussi della pioggia e a raccogliere l'acqua piovana per l'irrigazione degli stessi sistemi vegetali. I benefici derivanti dall'adozione di questo tipo di soluzioni si riflettono anche nella mitigazione del clima urbano, nella diminuzione del fenomeno delle "isole di calore" e, grazie all'ombreggiamento nei confronti della radiazione solare, in minori costi per la climatizzazione degli edifici (le facciate dell'edificio si riscaldano di meno). Tenuto conto che le città, dove vive il 50 per cento della popolazione mondiale, sono responsabili del 70 per cento delle emissioni di CO2 e del consumo del 75 per cento delle risorse naturali a livello globale, le NBS giocano un ruolo fondamentale per raggiungere l’obiettivo della “carbon neutrality”, contenuto nel Green deal, che impegna gli Stati membri dell’Unione europea a non emettere più gas serra di quanti ne possano assorbire i carbon sink, ossia i "dispositivi" naturali di sequestro della CO2 (agricoltura, foreste, parchi urbani, pareti verdi, ecc.).


Foto nell'articolo: www.ecowave.it