Giornata internazionale del Volontariato: Incontri tra generazioni, popoli e culture

Centro Servizi per il Volontariato di Padova e Rovigo (CSV), come promotore, Associazioni e Istituzioni Scolastiche tre realtà per ritrovarsi, riconoscersi come facenti parte di una umanità sensibile che non si gira dall’altra parte.

Quanto sia importante il messaggio esplicitato al Liceo Ippolito Nievo sabato 2 dicembre 2023 lo si comprende da questo esempio. Una maratona di interventi fatti da Associazioni che operano nel volontariato sociale e in quello culturale/scientifico. Circa 600 ragazze e ragazzi dai 15 ai 18 anni che si confrontano con realtà animate da persone non più giovani ma determinate ad avere un ruolo nella società mettendo a disposizione tempo, esperienza e sensibilità. Le quattro associazioni elencate qui sotto sono solo una piccola frazione del grande numero coinvolto in questa particolare attività.

  1. CEAV – Cancro e assistenza volontaria – si occupa di supporto ai pazienti oncologici.
  2. Anziani a casa propria – associazione che promuove l’integrazione della persona anziana nella società.
  3. Università aperta vigontina associazione culturale che pone la cultura alla base della convivenza civile tra persone, promuovendo l’inclusione e la libertà di pensiero e di scelta.

Sito Web https://uniapertavigo.it/

  • Centro studi l’uomo e l’ambiente – Ambiente Risorse Salute. Idea di sviluppo che concilia azioni di protezione e gestione dell’ambiente nell’ottica della transizione ecologica.

Sito Web https://www.scienzaegoverno.org/

Le rappresentanti di ciascuna associazione hanno parlato ai ragazzi del supporto ai pazienti oncologici di tutte le età, del sostegno ad anziani soli, di cultura e conoscenza, basi della convivenza civile, di ambiente, sostenibilità e transizione ecologica. Ma hanno anche chiesto ai ragazzi il loro rapporto con i nonni; figure determinanti per tante famiglie perché sono in grado di donare tempo a nipoti e pronipoti; nonni che magari non sanno utilizzare speditamente uno strumento digitale. Ecco un punto di incontro sottolineato dalla relatrice. Il nipote che sa con due clic entrare nello SPID, il nonno che sa raccontare e ascoltare.

La maratona del Volontariato al Liceo Nievo di Padova è solo uno dei tanti esempi, uno dei tanti tasselli di un grande e variopinto mosaico che ci piace pensare stia all’interno del contenitore di Educazione alla Cittadinanza che troviamo trasversale in tutti i Piani di Offerta Formativa. La scuola come motore di cambiamento di paradigma. Le diverse generazioni hanno tanto da scambiare, da dare gratuitamente.

E questa è solo una piccola se pur grande realtà. Ci piace pensare ai volontari che si occupano dell’infanzia nei paesi più poveri: ai medici e tecnici dell’Associazione Medici Senza Frontiere, agli operatori di Save the Children, a quelli di Emergency e alle altre decine e decine di associazioni no profit e ONG che operano a livello internazionale. La 38° giornata internazionale del volontariato ci porta in un mondo che vogliamo pensare lontano da speculazioni e commerci. Ci piace davvero pensare che ciascuno di noi in qualsivoglia periodo della vita possa donare il proprio tempo per far stare meglio un proprio simile in difficoltà a prescindere dalla cultura, dal credo e dallo stato sociale.

Ci piace anche pensare che qualche studente che abbiamo incontrato, quando sarà adulto, medico, ricercatore, infermiere, scienziato, impiegato o semplicemente cittadino, trovi tempo da donare.

Alberta Vittadello

Petrini: la complessa relazione tra acqua e alimentazione

Un articolo di Carlo Petrini pubblicato su La Stampa del 16 ottobre 2023.
Fonte:
slowfood.it

“Facile come bere un bicchiere d’acqua”: chi di noi non l’ha mai detto, riferendosi a un’azione che per quanto semplice non necessita di essere pensata, riflettuta?
In realtà a partire da un bicchiere d’acqua si possono tessere interconnessioni che si dipanano a livello globale e che, per vie più o meno dirette, interessano il cibo.
Ed è proprio per questo che la FAO ha deciso di dedicare l’odierna [N.d.E. il riferimento è alla giornata di lunedì 16 ottobre] giornata mondiale dell’alimentazione all’acqua. Perché “l’acqua è vita, l’acqua ci nutre”.

La Terra è diventata così come la conosciamo grazie all’acqua che ricopre il 70% della superficie terrestre. Non a caso ci chiamiamo il pianeta blu, e non verde o marrone. Di tutta quest’acqua il 97% si trova nei mari e negli oceani. Il 2% circa è immagazzinato nei ghiacciai e il restante 1% – distribuito tra laghi, fiumi e falde acquifere – è la quantità che noi esseri umani riusciamo effettivamente a utilizzare. Una percentuale davvero esigua, nonché spartita fra molteplici e contrastanti pressioni e interessi, che fanno sì che il suo movimento non risponda solo alle leggi del ciclo naturale, ma anche a quelle della politica e della finanza che determinano chi, come, quando e perché può accedere all’acqua.

La Terra è diventata così come la conosciamo grazie all’acqua che ricopre il 70% della superficie terrestre. Non a caso ci chiamiamo il pianeta blu, e non verde o marrone. Di tutta quest’acqua il 97% si trova nei mari e negli oceani. Il 2% circa è immagazzinato nei ghiacciai e il restante 1% – distribuito tra laghi, fiumi e falde acquifere – è la quantità che noi esseri umani riusciamo effettivamente a utilizzare. Una percentuale davvero esigua, nonché spartita fra molteplici e contrastanti pressioni e interessi, che fanno sì che il suo movimento non risponda solo alle leggi del ciclo naturale, ma anche a quelle della politica e della finanza che determinano chi, come, quando e perché può accedere all’acqua.

L’agricoltura assetata di acqua

Il settore che ha più fame d’acqua è senz’altro quello agricolo, con il 70% dell’acqua dolce utilizzata, permettetemi di dire spesso inefficientemente, per questo scopo. Nelle grandi estensioni agricole si continua infatti a ricorrere principalmente all’irrigazione a pioggia: un sistema (c’è stata, qualche anno fa una proposta di legge per vietarlo, subito accantonata) che richiede grandi volumi d’acqua, parte dei quali evaporano ancora prima di toccare il suolo. Inoltre lo stoccaggio dell’acqua in sistemi di raccoglimento non è ancora pratica comune, così come mancano gli incentivi ad adottare pratiche di economia circolare quali il riutilizzo di acque reflue depurate per fini irrigui.

A questi aspetti si aggiunge l’uso massiccio di pesticidi (giovedì, in Commissione europea, l’Italia ha votato a favore del rinnovo dell’autorizzazione a favore dell’uso glifosato!) e fertilizzanti in agricoltura e di antibiotici nell’allevamento, che fanno sì che una parte residuale permei nel terreno e raggiunga le falde acquifere, oppure si riversi nei corsi d’acqua; generando in entrambi casi problemi di inquinamento e contaminazione.

L’agricoltura non è quindi efficiente nell’uso della risorsa idrica, se però il cibo prodotto venisse tutto consumato, in un certo qual modo potremmo ancora riuscire a giustificare la situazione. Invece no: annualmente sprechiamo il 30% del cibo, e siccome per produrlo si è impiegata molta acqua, è come se stessimo gettando una quantità pari al fabbisogno idrico della città di New York per i prossimi vent’anni.

Se la mancanza d’acqua la fa da padrone, non possiamo però ignorare le situazioni in cui è invece l’abbondanza a creare problemi. Pensiamo all’alluvione che colpì il Pakistan nel 2022 portando alla perdita di 1,7 milioni di ettari di terreni agricoli. Ma anche alle isole del Pacifico che devono fronteggiare le criticità legate all’innalzamento degli oceani a causa dello scioglimento dei ghiacciai. Qui la sicurezza alimentare è minacciata sia dalle frequenti inondazioni che salinizzano il suolo e distruggono campi e raccolti, sia dall’infiltrazione dell’acqua di mare nelle falde che forniscono l’acqua potabile alle abitazioni.

Siccità e inondazioni: la complessa relazione tra acqua e alimentazione

L’avanzare prepotente della crisi climatica sta poi rendendo la relazione tra acqua e alimentazione ancora più complessa. In un loro rapporto le Nazioni Unite hanno paragonato la siccità a una imminente pandemia, per la quale però non ci sono vaccini. Attualmente 1,5 miliardi di persone nel mondo vivono in condizioni di stress idrico, un percentuale che è stimata a salire al 47% nel 2030.

In Italia tra l’inizio del 2022 e la metà del 2023 abbiamo vissuto il periodo più siccitoso degli ultimi due secoli di storia, con profonde ripercussioni sulle rese agricole.

Nelle regioni sub sahariane la siccità ormai cronica favorisce il progredire della desertificazione e non lascia a molti pastori e contadini nessuna altra opzione di sopravvivenza se non migrare.

Se oltre alle cause tecniche e climatiche si aggiungono quelle economiche

Se oltre alle cause tecniche e climatiche si aggiungono quelle economiche

Abbiamo parlato di problemi di natura tecnica legati all’uso e alla conservazione inefficiente della risorsa idrica, di natura ambientale per via degli effetti della crisi climatica, ve ne sono poi altri di natura economica che rispondono a meschine dinamiche di potere. Faccio alcuni esempi. Per anni le comunità contadine del Rajasthan indiano si sono schierate contro i colossi mondiali delle bibite gassate accusandole di prosciugare le falde acquifere e lasciando così i contadini senza possibilità di irrigare i loro campi.

In molte aree del mondo l’attività mineraria è fonte prima accaparramento di acqua utilizzata per estrarre, lavorare, lavare i minerali e successivamente di inquinamento per il rilascio delle scorie nelle falde acquifere.

Tutto questo ai danni della sicurezza alimentare e della salute delle persone del territorio (spesso povere, poco istruite e privi di mezzi per contrastare il fenomeno). In ultimo un caso legato alle dinamiche economiche che fanno sì che il Nord globale importi dal Sud globale beni che richiedono una grande quantità di acqua per essere prodotti. Nei Paesi di produzione questo scambio può essere fonte di pressioni sulle risorse idriche che non vengono gestite in ottica di conservazione e distribuzione a livello locale, bensì di sfruttamento a favore di dinamiche commerciali profittevoli. In tal senso è emblematico il caso della regione desertica di Ica, in Perù, che da quasi due decenni è diventata il primo centro di produzione per l’export di asparagi al mondo. Gli asparagi, ortaggio di lusso, finiscono nei supermercati europei (principalmente Uk), e i contadini di piccola scala peruviani rimangono senza acqua nei loro pozzi e senza possibilità di fare agricoltura. Questi sono tutti esempi in cui l’acqua, bene comune precondizione per la sopravvivenza umana, viene incanalata a favore di interessi privati e fini di lucro.

La risorsa idrica, a cui noi in Italia (e così anche gli altri paesi del Nord globale), abbiamo il privilegio di accedere facilmente, arriva nelle nostre case – in forma di acqua o cibo – portandosi appresso un bagaglio di narrazioni complesse e spesso problematiche. Auspico che il dibattito intorno al tema non si esaurisca in una giornata, ma che sia di stimolo per l’elaborazione di politiche idriche e l’adozione di comportamenti virtuosi che sono quanto mai impellenti.

Articolo e immagini su slowfood.it

Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente Facebook

Vent’anni di Donne e scienza. Valorizzare la ricerca femminile tra presente e futuro

Un articolo di Federica D’Auria pubblicato il 18 novembre 2023 su “Il Bo Live” dell’Università di Padova

Sono venti le candeline che spegne quest’anno l’associazione Donne e scienza, che dal 2003 a questa parte è impegnata su diversi fronti per la promozione dei talenti femminili nel mondo della ricerca. Dai tentativi di dialogo con le istituzioni politiche, ai progetti nelle scuole, fino alle attività di comunicazione e sensibilizzazione, l’associazione cerca di contribuire alla diffusione di una cultura scientifica che riconosca il giusto valore ai meriti e alle esperienze femminili. Le disuguaglianze di genere ancora diffuse in questo settore non fanno altro che intralciare il progresso scientifico e tecnologico, creando alcuni fenomeni problematici come, ad esempio, la segregazione delle carriere (la distribuzione diseguale di uomini e donne tra i vari settori professionali e i diversi livelli di carriera non in base al merito e alle preferenze personali, ma a causa dei ruoli e delle aspettative che la società attribuisce loro a priori) e il mancato riconoscimento del merito e del lavoro delle scienziate.

Tali disparità sono dovute ad alcuni pregiudizi culturali radicati da secoli nel nostro immaginario collettivo. Combattere questi stereotipi è uno degli scopi principali di Donne e scienza, il cui ventesimo compleanno ha un significato importante per Sveva Avveduto, ricercatrice emerita del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e presidente dell’associazione dal 2017. “Donne e Scienza è stata fondata il 21 Novembre 2003 da un piccolo gruppo di studiose e scienziate di varie discipline, impegnate dagli anni Ottanta in poi in attività concernenti la presenza femminile nel mondo della ricerca e l’analisi della scienza contemporanea”, racconta Avveduto. “Negli anni, l’associazione è cresciuta grazie all’aggiunta di nuove socie (e soci, abbiamo infatti aperto l’accesso anche agli uomini) provenienti non solo dagli enti di ricerca e dalle università, ma anche dalla scuola, e dal mondo del giornalismo e della comunicazione scientifica.

La finalità di Donne e scienza è quella di promuovere la partecipazione delle donne all’attività scientifica sia quantitativamente sia qualitativamente, attraverso la ricerca e la riflessione, la documentazione e le relative pubblicazioni, la trasmissione e la comunicazione. Ci proponiamo di costruire una rete italiana per lo scambio di informazioni, progetti e iniziative e di approfondire la condizione delle donne coinvolte nella ricerca scientifica sia pubblica che privata. Più in generale, cerchiamo di contribuire alla costruzione di un più ampio dibattito sui rapporti tra scienza e società tenendo conto della cultura di genere in un periodo in cui gli sviluppi scientifici pongono scelte politiche, economiche ed etiche fondamentali riguardanti il presente e il futuro della vita di cittadini e cittadine. Tra gli scopi e le attività vi è anche la promozione dell’integrazione della dimensione di genere nella ricerca e nell’innovazione”.

Sono diverse le iniziative e i progetti organizzati dall’associazione per promuovere i talenti femminili e incoraggiare la partecipazione delle ragazze all’educazione scientifica. “Ci siamo recate in molte scuole a parlare con gli studenti e le studentesse con presentazioni e dibattiti sul tema”, prosegue Avveduto, “abbiamo inoltre coordinato o partecipato a diversi progetti e laboratori dedicati alla cultura scientifica con lo scopo di promuovere le soggettività e le esperienze femminili nel mondo della ricerca.

L’associazione ha inoltre aderito a diversi progetti europei contribuendo a valorizzare, promuovere e organizzare la partecipazione delle ricercatrici italiane alle iniziative italiane e internazionali. Donne e Scienza è componente e membro fondatore dell’European Platform of Women Scientists, un’organizzazione nata sotto l’egida della Commissione Europea che unisce in rete tutte le varie associazioni di scienziate dei paesi europei. Donne e Scienza ne detiene attualmente la presidenza ed è sempre stata presente con sue rappresentanti nel Board. L’associazione fa inoltre parte del Gruppo Women 20, engagement group del G20, con la presenza della sua presidente quale delegata italiana; tramite questo canale è possibile veicolare rilevanti indicazioni per la parità di genere che vengono poi recepite dal G20 e diffuse nei Paesi membri”.

Quanto al problema degli stereotipi culturali che esacerbano le disuguaglianze di genere, “una domanda che purtroppo non è ancora raro sentire è: Le donne hanno talento per la scienza?”, constata Avveduto. “Non solo il cosiddetto “uomo della strada” ma anche fior di scienziati e politici ancora rispondono negativamente  o almeno selettivamente – a questo interrogativo affermando, ad esempio, che le donne siano più portate per le professioni scientifiche di cura (preferibilmente nel ruolo di infermiere), e così via.

I fattori che scoraggiano la partecipazione femminile alla scienza scaturiscono da una combinazione di stereotipi culturali e sociali riguardo alle capacità di donne e ragazze. Queste ultime ricevono diversi messaggi più o meno espliciti rispetto alla loro presunta difficoltà ad affrontare gli studi e, successivamente, a una minore propensione per le carriere scientifiche. Talvolta sono gli stessi insegnanti delle scuole superiori o i genitori che ostacolano l’iscrizione delle ragazze alle facoltà STEM spesso inducendole a dubitare delle loro stesse capacità e, di conseguenza, a rinunciare. Tali stereotipi sono anche il motivo per cui il talento e il lavoro delle scienziate è spesso stato sottovalutato nel corso della storia, come dimostrano, ad esempio, il mancato riconoscimento del premo Nobel ad alcune grandi studiose che hanno contribuito all’avanzamento della scienza e alle scoperte tanto quanto i loro colleghi uomini”.

Per contrastare questi pregiudizi, come sostiene Avveduto, è necessaria la diffusione di alcune buone pratiche orientate alla costruzione di una cultura collettiva meno sessista sin dai primi livelli di istruzione. “Bisogna distribuire compiti e opportunità paritetiche fin dalla scuola dell’infanzia”, afferma la presidente di Donne e scienza. “Nei successivi cicli scolastici è molto importante che i docenti siano consapevoli dei messaggi anche impliciti che trasmettono agli allievi e alle allieve”. Per quanto riguarda invece la definizione di politiche finalizzate al raggiungimento della parità di genere e alla limitazione del numero di donne che abbandonano la carriera scientifica, Avveduto sottolinea quanto sia importante l’attuazione di misure di sostegno all’equilibrio vita/lavoro anche da parte dei singoli enti di ricerca e università. “Alcuni strumenti efficaci che si stanno pian piano diffondendo in questi contesti sono i piani di parità di genere (GEP) 

La promozione di una cultura scientifica inclusiva e la lotta alle discriminazioni di genere nel mondo della ricerca saranno tra gli argomenti approfonditi nella tavola rotonda su donne e scienza che Avveduto modererà durante il Convegno nazionale di comunicazione della scienza organizzato dalla Sissa di Trieste. “Parleremo delle tematiche in questione con uno sguardo al futuro”, spiega la presidente. È importante infatti monitorare la presenza delle donne negli ambiti di ricerca più innovativi della nostra epoca, che promettono di giocare un ruolo chiave nel progresso scientifico e tecnologico del futuro, come ad esempio l’intelligenza artificiale, le biotecnologie o la corsa al computer quantistico. “In questi settori – continua Avveduto – la partecipazione delle donne non è molto diffusa né tanto meno paritetica rispetto a quella degli uomini.

Per anni si è parlato e scritto di inclusione. . Nulla di male, anzi, qualcosa di necessario: più donne nella forza lavoro, meno divario salariale di genere, più azioni contro il gender digital divide (le disuguaglianze di genere nell’accesso alle tecnologie digitali, ndr), più ragazze iscritte nelle facoltà STEM, maggior numero di ricercatrici nelle accademie e nella ricerca pubblica e privata, e così via. È adesso però molto importante passare dall’inclusione all’empowerment: non basta avere un congruo numero di donne tout courma è necessaria una presenza femminile consistente nelle stanze che contano, ai tavoli che definiscono la politica della scienza e della ricerca e in tutte le posizioni di vertice che possono concretamente orientare il futuro dell’innovazione.

Per ottenere l’uguaglianza è importante, perciò, creare un quadro europeo per la diversità, l’inclusione e l’empowerment, colmando i divari di genere e tenendo in considerazione l’intersezionalità tra genere e altre categorie sociali spesso motivo di discriminazione, quali etnia, presenza di disabilità e orientamento sessuale. Solo così si potrà raggiungere la cosiddetta gendered innovation, ovvero l’integrazione della dimensione di genere nella ricerca”.  

Vai alla pagina dell’articolo

Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente Facebook