terra ultima chiamata

Terra ultima chiamata

 


La gravità dell’emergenza ambientale non lascia più spazi a indugi, l’appello per salvare la Terra e quindi l’umanità tutta è perentorio: la drammaticità della situazione deve spingere a interventi tempestivi, incisivi, fruttuosi. Nel libro la diagnosi aggiornata sugli aspetti climatici, ambientali, sociali, economici e sanitari è lucida, ma la speranza non può e non deve morire. Questo il leit motiv di "TERRA ULTIMA CHIAMATA". E i giovani della generazione Greta sono i primi a potersi occupare della  cura.
Il volume, che rientra nel progetto “Mazzotti Contemporaneo” dell’Associazione “Premio Letterario Giuseppe Mazzotti”, raccoglie gli atti del convegno “Mai più l’ambiente preso in giro”, organizzato il 20 e 21 settembre 2019 ad Asiago in provincia di Vicenza, con lo scopo di far risaltare l’eredità culturale e ambientale trasmessa a ricercatori, divulgatori scientifici, glaciologi, climatologi, fotografi e scrittori, da Giuseppe Mazzotti (Treviso 1907–1981) alpinista, gastronomo, per anni consigliere del Touring Club Italiano, scrittore di alpinismo e di arte. Il titolo del convegno, dice il curatore Salvatore Giannella, si ispira a una pubblicazione giovanile (1931) di Mazzotti “La montagna presa in giro” che divenne una sorta di galateo dell’ambiente alpino. In un post scriptum del volume sono riportati anche quattro autorevoli interventi successivi al convegno, a testimonianza della sua vasta eco nel mondo scientifico e ambientalistico. 
Tra i divulgatori più anziani, interessante la relazione del climatologo Richard Samson Odingo “Il clima distrugge la meno colpevole Madre Africa”. E tra le analisi più appassionate, quella di una alpinista e ufficiale forestale dei Carabinieri, Paola Favero: “Quello che ci dicono i nostri boschi fragili feriti da Vaia”, o sempre sulla tempesta di Vaia (29 ottobre 2018) il servizio fotografico di Paolo Spigarol: “Se i boschi, un giorno…La crisi vista dagli alberi” con immagini drammaticamente suggestive di come la resilienza di alberi, raggiunta in migliaia e migliaia di anni, sia stata spezzata dai cambiamenti climatici provocati dal riscaldamento globale su larga scala.
Sotto forma di una lettera aperta ai giovani, Enrico De Mori, architetto, delegato FAI, invita a mettere al centro dei progetti il territorio come bene comune, raccontando in “Il vino di Rolle, ovvero dai borghi la grande chance” il progetto riuscito del recupero dell’antico viticolo nel Borgo di Rolle in provincia di Treviso.
Appassionato anche l’inno alla biodiversità di Antonella Fornari, "Ama la natura chi la conosce", dove amare è la parola chiave, la Natura viene definita un atto d’amore per ciò che ci dà e continuerà a darci se impareremo a rispettarla salvaguardando la biodiversità, "che è una diverstà che include genetica, specie ed ecosistema".

Etta Artale

 

questione di futuro

Questione di Futuro – Guida per famiglie Ecologiche


Interrogarsi sul futuro con il supporto di evidenze scientifiche, è questo il tema fondante del libro. E tante risposte alle domande attualmente ricorrenti come i cambiamenti climatici, hanno già un valore non opinabile: negli ultimi 100 anni l’uso di carburante fossile ha portato la CO2 nell’atmosfera a dati superiori a quelli presenti agli albori dell’umanità; 800.000 anni fa l’homo Erectus viveva in un’atmosfera con 280 parti per milione (ppm) di CO2, nell’ultimo secolo, questo gas è progressivamente aumentato fino alle attuali 410 ppm (settembre 2019). La conseguenza è il riscaldamento troppo veloce del pianeta a causa dell’effetto serra. Stiamo uscendo dall’Olocene entrando in un Antropocene, nel quale chi ha causato i cambiamenti continua in larga parte a non prenderne in considerazione le conseguenze per supposti interessi maggiori come quelli economici. E a pagare il prezzo non saranno solo le nuove generazione umane ma tutta la vita sulla Terra.
L’autrice di questo che possiamo definire manuale, racconta in modo semplice e immediato come lei stessa abbia fatto delle scelte personali e famigliari controcorrente mettendo in atto una notevole diminuzione dei consumi in ogni ambito di vita. Parte dal presupposto, semplice, che ciascuno di noi deve fare la propria parte per ridurre l’impatto ecologico individuale e planetario. Perché, banalmente, produrre meno rifiuti significa produrre meno imballi, minor utilizzo di energia da fonti non rinnovabili in una catena comprensibile anche ai bambini. Ma il messaggio deve giungere a quanti governano le nazioni, i politici, e a coloro che si occupano di economia: è così importante produrre e consumare innescando un circolo vizioso volto ad aumentare il PIL? L’Unione Europea si impegna a far la propria parte finanziando azioni precise ma è necessario fare un passo oltre, attingendo dai presupposti di Lathouche sulla decrescita felice. L’imperativo della crescita economica con attenzione al PIL deve essere superato. Già nel 1968 Robert Kennedy di fronte a una numerosa platea studentesca afferma: il PIL di una nazione non è indicatore di benessere, esso comprende infatti l’inquinamento, la produzione di armi, la pubblicità per vendita delle sigarette, le scorie radioattive, la distruzione delle foreste e dell’ambiente. Il PIL non quantifica il benessere delle generazioni future inteso come salute, istruzione, bellezza: misura tutto tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Queste riflessioni fatte 50 anni fa sono ancor più cogenti in questo periodo di pandemia nel quale l’attenzione alla salute non fa il paio con l’attenzione all’ambiente e ancor peggio sarà la post pandemia in ragione della necessità di rincorrere il profitto perso durante il lockdown in particolare dal settore terziario.
Si vive bene consumando meno? L’autrice ne è convinta, attraverso alcune semplici scelte di vita lo dimostra in modo convincente. Il punto è: se non lo fanno gli altri perché lo devo fare io? Se l’amministrazione pubblica non mi fornisce un trasporto facilmente fruibile, se i prodotti bio a km0 costano di più di quelli che trovo nella grande distribuzione, se è più comodo l’usa e getta? Sono forse domande legittime se ci pensiamo solo individui e non parte di una società che ha la responsabilità di lasciare alle generazioni future un pianeta vivibile e magari più verde e più ricco di biodiversità a partire dal suolo. Al lettore resta una riflessione: non possiamo più pensare che il piacere a breve termine possa pesare di più della sopravvivenza a lungo termine! Siamo gli unici animali presenti sul pianeta a danneggiarlo con consapevolezza!

Alberta Vittadello

alberi sapienti

Alberi sapienti Antiche foreste

UTET


L’uomo considera sé stesso l’anello evolutivo più elevato, l’apice della piramide della vita: ma che cosa forma il corpo intero della piramide? Foglie, legno, radici costituiscono il 98% dei viventi e sono proprio i vegetali che permettono al restante 2%, costituito dagli animali consumatori, eterotrofi di vivere. E all’uomo che si definisce Sapiens resta ancora tanto da imparare dalle piante e tanto da conoscere. L’autore, forestale per una vita, trasmette al lettore non solo conoscenza ma amore per le piante: alberi sapienti certo, sapienti perché sanno, conoscono e agiscono per salvaguardare se stessi, i propri simili e non solo. Comportamenti sociali messi in atto da esseri vegetali, singoli o in gruppi di individui che insieme trovano soluzione a problemi collettivi. Piacerebbe all’autore, e a noi, che fossero così anche i comportamenti sociali umani invece più propensi alla conflittualità o alla sopraffazione. Nel bosco invece le radici si danno la mano nel vero senso della parola, non sono proprio mani ma apici, ovvero le punte estreme che, con i loro sensori sono in grado di procedere nel terreno alla ricerca di acqua e nutrienti da trasferire a chi è magari in difficoltà. E come se non bastasse le radici sfruttano alleanze vantaggiose con viventi non vegetali come i funghi attraverso le micorrize, formando associazioni simbiotiche spesso co-evolutive.
Zovi accompagna il lettore, anche il meno specificamente preparato, alla conoscenza approfondita di ciascuna parte dei vegetali. Descrive gli alberi nelle sue parti principali: semi, radici, tronco, corteccia, chioma portandoci in una foresta che impariamo a comprendere con sempre maggior stupore.
Partendo dalle piante pioniere che colonizzano il terreno, anche il meno ospitale come i ghiaioni e le colate laviche, descrive la piccola betulla abbarbicata sulla roccia scura dell’Etna e il pino delle Canarie che spicca nel paesaggio quasi marziano di lave rosse dove espande le sue radici. Pionieri quindi che aprono la strada contribuendo alla formazione del substrato pedologico per altre piante e per le coltivazioni. Le piante si muovono, certo, anche se a scuola si insegna ancora che tra le loro funzioni è escluso proprio il movimento! Ma con i semi, tanti, anche 6 milioni all’anno per un pioppo, e le radici, ne fanno di strada, eccome!
La descrizione prosegue evidenziando come ciascuna parte della pianta contribuisca all’adattamento all’ambiente in uno sforzo sinergico per la sopravvivenza e per la riproduzione. E dal particolare di una pianta si continua un viaggio all’interno della foresta, antica, vergine o quasi, dove l’uomo è solo con sé stesso e con loro, le piante, che ci fanno star bene nel corpo e nella mente.
Un libro che potremmo definire sensoriale: immagini coloratissime, suoni come il canto dell’urogallo e la voce delle chiome, profumo di funghi, odore di sottobosco e di terra, sono elementi che arricchiscono informazioni e descrizioni. Se conoscere conduce al rispetto e all’amore, Zovi ci accompagna proprio lungo questi sentieri, sottolineando ancora una volta che facciamo parte di un unico mondo.

Alberta Vittadello