premio Carlo Scarpa 2020-21

Güllüdere e Kızılçukur: la Valle delle Rose e la Valle Rossa in Cappadocia

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2020-2021 XXXI edizione
A cura di Patrizia Boschiero e Luigi Latini
Coedizione: FONDAZIONE BENETTON STUDI RICERCHE-ANTIGA

264 pagine, 250 illustrazioni a colori e 26 in bianco e nero
È disponibile anche in edizione inglese. 

 


Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, creato nel 1990, si fonda sulla ricerca accurata, da parte della Fondazione Benetton Studi Ricerche, di un luogo particolarmente significativo per natura, memoria e invenzione, con lo scopo di far conoscere, al di fuori di ristrette comunità di specialisti, l'impegno intellettuale e manuale a salvaguardia e valorizzazione di importanti patrimoni naturali.
Quest’anno il premio è stato assegnato alla Valle delle Rose e la Valle Rossa (Güllüdere e Kızılçukur in lingua turca) un territorio dell’Asia Minore che è il risultato di lunghe trasformazioni storiche e geografiche della Cappadocia: due valli contigue scavate nella roccia vulcanica, dal suolo arido per le avversità climatiche e l'erosione dell’acqua e del vento.
Nel volume, corredato da splendide e significative illustrazioni, una disamina completa di tutti gli aspetti e le caratteristiche del territorio approfonditi da autori di diversa nazionalità, cultura e professione: la mappatura dell’estensione delle valli usando materiale fotografico satellitare, a cura di Thilo Folkerts; la storia e la natura del luogo; gli estesi altipiani pianeggianti favorevoli alla pratica agricola; gli edifici ricchi di dipinti, le stalle, le abitazioni rupestri; la struttura geologica e la natura vulcanica; i sistemi idraulici e le cavità antropogeniche del sottosuolo; le civiltà della Cappadocia; lo sviluppo del cristianesimo e il suo ruolo nella promozione delle arti visive; il diffondersi della cultura bizantina, con insediamenti eremitici e monastici, chiese e santuari; lo studio della pittura rupestre realizzata dalla Missione dell’Università della Tuscia in Cappadocia a partire da un progetto del 2006, il restauro delle Chiese e delle pitture anche da parte di altre università italiane; e in conclusione l’interessante articolo “Pasolini e Medea in Cappadocia” di Maria Andaloro, storica dell’arte, che è andata alla scoperta della Cappadocia attraverso le inquadrature del film di Pasolini e i suoi scritti di preparazione alle riprese.
Un volume di grande pregio per la realizzazione grafica, la profondità della ricerca, la curiosità che desta nei confronti di territori in cui la memoria del passato si armonizza con la civiltà del presente, nonostante i problemi del turismo di massa, turismo che oggi, a beneficio di quei luoghi ? è costretto a una pausa.

Etta Artale

 

 

terra ultima chiamata

Terra ultima chiamata

 


La gravità dell’emergenza ambientale non lascia più spazi a indugi, l’appello per salvare la Terra e quindi l’umanità tutta è perentorio: la drammaticità della situazione deve spingere a interventi tempestivi, incisivi, fruttuosi. Nel libro la diagnosi aggiornata sugli aspetti climatici, ambientali, sociali, economici e sanitari è lucida, ma la speranza non può e non deve morire. Questo il leit motiv di "TERRA ULTIMA CHIAMATA". E i giovani della generazione Greta sono i primi a potersi occupare della  cura.
Il volume, che rientra nel progetto “Mazzotti Contemporaneo” dell’Associazione “Premio Letterario Giuseppe Mazzotti”, raccoglie gli atti del convegno “Mai più l’ambiente preso in giro”, organizzato il 20 e 21 settembre 2019 ad Asiago in provincia di Vicenza, con lo scopo di far risaltare l’eredità culturale e ambientale trasmessa a ricercatori, divulgatori scientifici, glaciologi, climatologi, fotografi e scrittori, da Giuseppe Mazzotti (Treviso 1907–1981) alpinista, gastronomo, per anni consigliere del Touring Club Italiano, scrittore di alpinismo e di arte. Il titolo del convegno, dice il curatore Salvatore Giannella, si ispira a una pubblicazione giovanile (1931) di Mazzotti “La montagna presa in giro” che divenne una sorta di galateo dell’ambiente alpino. In un post scriptum del volume sono riportati anche quattro autorevoli interventi successivi al convegno, a testimonianza della sua vasta eco nel mondo scientifico e ambientalistico. 
Tra i divulgatori più anziani, interessante la relazione del climatologo Richard Samson Odingo “Il clima distrugge la meno colpevole Madre Africa”. E tra le analisi più appassionate, quella di una alpinista e ufficiale forestale dei Carabinieri, Paola Favero: “Quello che ci dicono i nostri boschi fragili feriti da Vaia”, o sempre sulla tempesta di Vaia (29 ottobre 2018) il servizio fotografico di Paolo Spigarol: “Se i boschi, un giorno…La crisi vista dagli alberi” con immagini drammaticamente suggestive di come la resilienza di alberi, raggiunta in migliaia e migliaia di anni, sia stata spezzata dai cambiamenti climatici provocati dal riscaldamento globale su larga scala.
Sotto forma di una lettera aperta ai giovani, Enrico De Mori, architetto, delegato FAI, invita a mettere al centro dei progetti il territorio come bene comune, raccontando in “Il vino di Rolle, ovvero dai borghi la grande chance” il progetto riuscito del recupero dell’antico viticolo nel Borgo di Rolle in provincia di Treviso.
Appassionato anche l’inno alla biodiversità di Antonella Fornari, "Ama la natura chi la conosce", dove amare è la parola chiave, la Natura viene definita un atto d’amore per ciò che ci dà e continuerà a darci se impareremo a rispettarla salvaguardando la biodiversità, "che è una diverstà che include genetica, specie ed ecosistema".

Etta Artale

 

questione di futuro

Questione di Futuro – Guida per famiglie Ecologiche


Interrogarsi sul futuro con il supporto di evidenze scientifiche, è questo il tema fondante del libro. E tante risposte alle domande attualmente ricorrenti come i cambiamenti climatici, hanno già un valore non opinabile: negli ultimi 100 anni l’uso di carburante fossile ha portato la CO2 nell’atmosfera a dati superiori a quelli presenti agli albori dell’umanità; 800.000 anni fa l’homo Erectus viveva in un’atmosfera con 280 parti per milione (ppm) di CO2, nell’ultimo secolo, questo gas è progressivamente aumentato fino alle attuali 410 ppm (settembre 2019). La conseguenza è il riscaldamento troppo veloce del pianeta a causa dell’effetto serra. Stiamo uscendo dall’Olocene entrando in un Antropocene, nel quale chi ha causato i cambiamenti continua in larga parte a non prenderne in considerazione le conseguenze per supposti interessi maggiori come quelli economici. E a pagare il prezzo non saranno solo le nuove generazione umane ma tutta la vita sulla Terra.
L’autrice di questo che possiamo definire manuale, racconta in modo semplice e immediato come lei stessa abbia fatto delle scelte personali e famigliari controcorrente mettendo in atto una notevole diminuzione dei consumi in ogni ambito di vita. Parte dal presupposto, semplice, che ciascuno di noi deve fare la propria parte per ridurre l’impatto ecologico individuale e planetario. Perché, banalmente, produrre meno rifiuti significa produrre meno imballi, minor utilizzo di energia da fonti non rinnovabili in una catena comprensibile anche ai bambini. Ma il messaggio deve giungere a quanti governano le nazioni, i politici, e a coloro che si occupano di economia: è così importante produrre e consumare innescando un circolo vizioso volto ad aumentare il PIL? L’Unione Europea si impegna a far la propria parte finanziando azioni precise ma è necessario fare un passo oltre, attingendo dai presupposti di Lathouche sulla decrescita felice. L’imperativo della crescita economica con attenzione al PIL deve essere superato. Già nel 1968 Robert Kennedy di fronte a una numerosa platea studentesca afferma: il PIL di una nazione non è indicatore di benessere, esso comprende infatti l’inquinamento, la produzione di armi, la pubblicità per vendita delle sigarette, le scorie radioattive, la distruzione delle foreste e dell’ambiente. Il PIL non quantifica il benessere delle generazioni future inteso come salute, istruzione, bellezza: misura tutto tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Queste riflessioni fatte 50 anni fa sono ancor più cogenti in questo periodo di pandemia nel quale l’attenzione alla salute non fa il paio con l’attenzione all’ambiente e ancor peggio sarà la post pandemia in ragione della necessità di rincorrere il profitto perso durante il lockdown in particolare dal settore terziario.
Si vive bene consumando meno? L’autrice ne è convinta, attraverso alcune semplici scelte di vita lo dimostra in modo convincente. Il punto è: se non lo fanno gli altri perché lo devo fare io? Se l’amministrazione pubblica non mi fornisce un trasporto facilmente fruibile, se i prodotti bio a km0 costano di più di quelli che trovo nella grande distribuzione, se è più comodo l’usa e getta? Sono forse domande legittime se ci pensiamo solo individui e non parte di una società che ha la responsabilità di lasciare alle generazioni future un pianeta vivibile e magari più verde e più ricco di biodiversità a partire dal suolo. Al lettore resta una riflessione: non possiamo più pensare che il piacere a breve termine possa pesare di più della sopravvivenza a lungo termine! Siamo gli unici animali presenti sul pianeta a danneggiarlo con consapevolezza!

Alberta Vittadello