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Come sarà Roma nel 2030? Una ricerca prova a tracciare il futuro della Capitale

Al Tempio di Adriano, sede della Camera di Commercio di Roma, si è tenuta una giornata di dibattiti e proposte sul futuro della Capitale alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tagliavanti: "Dal futuro della Capitale dipende il futuro dell'Italia".


Come sarà Roma nel 2030? Sarà una città innovativa, una smart city attrattiva, una metropoli del turismo di qualità, avrà poteri rafforzati, riuscirà a competere con le altre capitali europee e del resto del mondo? A queste, e a molte altre domande, ha cercato di dare risposta un gruppo di esperti coordinato dal prof. Domenico De Masi in una ricerca dal titolo Roma 2030. Il destino della capitale nel prossimo futuro (edita da Einaudi). La ricerca, presentata mercoledì 18 settembre al Tempio di Adriano, sede suggestiva della Camera di Commercio di Roma (che l’ha commissionata), alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della Sindaca di Roma Virginia Raggi, rappresenta uno scenario dettagliato di come sarà Roma tra appena undici anni, cioè nel 2030, se il suo governo continuerà a seguire i criteri sinora adottati. Si tratta di una analisi sui punti di forza e quelli di debolezza della città di Roma, relativamente ad una serie di questioni. Dalla posizione strategica della città rispetto alle altre capitali europee, al ruolo esercitato dalla Chiesa cattolica sulla vita della città e dei suoi abitanti; dalle prospettive economiche, alla pubblica amministrazione e al terzo settore; dal sistema delle infrastrutture – che, sanno bene i romani, da anni riversano in uno stato di semiabbandono e incuria – al rilancio culturale, passando per la qualità della vita e le diseguaglianze sociali.

“La presenza del Capo della Stato in questa Sala, che appartiene a uno dei monumenti più straordinari della Roma antica, – ha affermato Lorenzo Tagliavanti, Presidente della Camera di Commercio di Roma – riveste un grande valore. Ci conferma, infatti, la validità della nostra convinzione che la città di Roma appartiene a tutti gli italiani e non solo ai romani, che pure si pregiano di viverci e lavorarci”. “Dal futuro della Capitale dipende il futuro dell'Italia. Ciò ci induce – ha continuato Tagliavanti – a sollecitare un impegno che chiama in causa tutto il Paese, in un’ottica di rilancio delle prospettive di sviluppo dell’Italia. Perché lo stato di salute economico e sociale di Roma coincide con lo stato di salute economico e sociale dell’intera nazione”. La provincia di Roma è quella che conta il maggior numero di occupati in Italia, oltre 1,8 milioni, ed è, accanto a Milano, il fulcro produttivo del Paese. Inoltre, nella sola città di Roma, operano più di 500 mila imprese e ciò significa che la Capitale non vive solamente di lavoro pubblico e turismo, ma gode anche di un rilevante tessuto produttivo. Perciò, se si traccia una nuova via da seguire per Roma, si valorizza un patrimonio produttivo – e culturale – che coinvolge non solo la città, bensì l'Italia intera. Di questo sono convinti gli esperti che hanno curato la ricerca e che hanno preso parte al convegno. “Per centrare l'obiettivo – ha sottolineato Tagliavanti – Roma merita di essere dotata di poteri adeguati a gestirne dimensione e complessità, in linea con quanto già avviene in tutte le grandi capitali europee, che beneficiano da tempo di una legislazione e di uno status speciale”.

Consapevole della necessità di un cambio di passo nella visione progettuale della città di Roma è anche Giuseppe De Rita, sociologo e fondatore del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali), nel gruppo di esperti che ha elaborato la ricerca. “Dopo Benito Mussolini – ha osservato de Rita – non c’è più stato un soggetto che abbia avuto l’ambizione di ridisegnare la città di Roma e, negli ultimi anni, abbiamo avuto sindaci sempre meno significativi”. “Bisogna uscire da questa situazione di mediocrità nella quale è caduta la città perché, difficilmente, potranno tornare uomini come Ernesto Nathan (che ha governato Roma dal 1907 al 1913 e che, nell’immaginario collettivo dei romani, rimane uno dei migliori sindaci che la città abbia mai avuto), ha ricordato De Rita. “Nei miei 45 anni di studio e di ricerca sulla città di Roma – ha sottolineato De Rita – ho capito che questa città ha bisogno soprattutto di semplificazione della sua struttura complessiva”. Il messaggio chiave lanciato dalla giornata organizzata dalla Camera di Commercio di Roma è che si passi finalmente dalle parole ai fatti, dalla fase previsionale a quella progettuale. Solo così, sottolinea la ricerca, Roma potrà tornare nel prossimo futuro a essere una città-guida a livello globale, una “città-mondo”.


Foto d’intestazione: Andrea Campiotti

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CARTA-DI-COURMAYEUR

Sottoscritta la carta di Courmayeur per gli eventi sportivi sostenibili

La Carta di Courmayeur, prima Carta Internazionale per gli Eventi Sportivi Sostenibili, è stata sottoscritta sabato 7 settembre. Alla firma hanno preso parte il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare, la Regione autonoma Valle d’Aosta e il Comune di Courmayeur, oltre ai primi organizzatori di eventi e promotori della Carta. 


Il documento  nasce dall’esigenza di affermare l’importanza della salvaguardia dell’ambiente e la necessità di adottare obiettivi che rendano ecologicamente sostenibili ggli eventi temporanei che portano persone a diretto contatto con elementi naturali quali le manifestazioni sportive, in special modo quelle outdoor.

La Carta si prefigge una serie di princìpi che promuovono una cultura sportiva basata su sostenibilità e circolarità nell’impiego delle risorse naturali, di cui tenere conto in fase di programmazione, pianificazione e gestione degli eventi sportivi. Alla firma da parte delle istituzioni ha fatto seguito una breve presentazione delle prime quattro gare aderenti – Ultramirage dalla Tunisia, Sila3vette dalla Calabria, il KeepCleanAndRun promosso da AICA e il Tor des Géants organizzato da VdATrailers. Quindi è stato il turno della sottoscrizione da parte dei promotori (Consorzio Nazionale Ricrea, il Consorzio Nazionale Corepla, il Consorzio Nazionale CiAL,  l’Associazione Nazionale Bioplastiche, Eurosintex, Greentire e Montura (Store Roma).

La Carta di Courmayeurredatta da AICA – Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale, è sottoscrivibile da qualunque manifestazione sportiva si riconosca nei suoi princìpi ambientali.

Per adesioni e informazioni scrivere a segreteria@envi.info

Foto da INIBO Magazine

Il riscaldamento globale influenza le alluvioni in Europa

Uno studio internazionale ha dimostrato, per la prima volta su scala europea, che il riscaldamento globale porta a modificare l’entità degli eventi alluvionali: aumentano nei paesi nord-occidentali, diminuiscono in quelli meridionali e orientali. Tuttavia, in Italia la situazione è più complessa.


I cambiamenti nell’entità delle alluvioni in Europa osservati negli ultimi decenni possono essere attribuiti ai cambiamenti climatici. A dimostrarlo è uno studio internazionale coordinato da Günter Blöschl, esperto di piene fluviali della Vienna University of Technology (Austria). Pubblicato su Nature, lo studio ha coinvolto 35 gruppi di ricerca europei tra i quali il Politecnico di Torino con il gruppo di ricerca composto da Alberto Viglione, Daniele Ganora e Pierluigi Claps, l’Università di Messina con Giuseppe T. Aronica, l’Università di Padova con Marco Borga, l’Università di Bologna con Attilio Castellarin ed Alberto Montanari, l’Università di Napoli Federico II con Giovanni B. Chirico e l’Università di Roma Tre con Elena Volpi.Il clima che cambia non produce però lo stesso effetto ovunque. Lo studio mostra infatti che gli eventi di piena stanno diventando sempre più intensi nell'Europa nord-occidentale, mentre l’entità delle alluvioni fluviali è generalmente diminuita nell'Europa meridionale e nell'Europa orientale. In Italia si nota una riduzione delle alluvioni dei corsi d’acqua di dimensione medio-grande, ma restano da valutare nel dettaglio fiumi e torrenti di dimensioni ridotte e i tratti urbani dei corsi d'acqua, che negli ultimi anni si sono rivelati particolarmente sensibili e piogge intense di breve durata, provocando anche conseguenze drammatiche.

 

Interazione tra clima ed eventi alluvionali

I fiumi che inondano le pianure alluvionali causano danni enormi in tutto il mondo: il danno alluvionale annuale a livello globale è stimato in oltre 100 miliardi di dollari ed è in continuo aumento. Fino ad oggi però la misura in cui i cambiamenti climatici influiscono sulla gravità delle piene fluviali non era stata accertata.
Analizzando i dati provenienti da 3.738 stazioni di misura di portate fluviali in tutta Europa per il periodo dal 1960 al 2010, questo nuovo studio internazionale offre una serie di indicazioni per chiarire la complessa interazione tra clima ed eventi alluvionali. L’analisi dei dati osservati ha infatti evidenziato tendenze differenti nelle diverse regioni d'Europa.
Nell'Europa centrale e nord-occidentale, tra Islanda e Austria, l’entità delle piene è in aumento a causa dell’aumento delle precipitazioni e dell’umidità del suolo. Nell'Europa meridionale invece i livelli di piena tendono a diminuire poiché i cambiamenti climatici si traducono in una riduzione delle precipitazioni e le temperature più elevate provocano una maggiore evaporazione dell'acqua dal suolo. Tuttavia, per i piccoli corsi d’acqua le piene potrebbero anche diventare più severe a causa di una maggiore frequenza nei temporali e di una differente gestione del territorio (per effetto, ad esempio, della deforestazione). E le piene stanno diminuendo anche nell'Europa orientale, caratterizzata da un clima più continentale, principalmente a causa delle più elevate temperature che riducono lo spessore dello strato di neve durante la stagione invernale.

 

Effetti importanti sul rischio d’alluvione in molte regioni d’Europa.

L'entità delle variazioni nelle portate di piena evidenziate nello studio è notevole: si passa infatti da una riduzione prevista del 23% ad un aumento dell'11% per decennio (rispetto alle medie di lungo termine). Se queste tendenze dovessero perdurare nel futuro, si potrebbero attendere effetti importanti sul rischio d’alluvione in molte regioni d’Europa. Secondo gli studiosi, questi dati sono un chiaro segnale di avviso che spinge a mettere in campo subito strategie efficaci per la gestione degli eventi alluvionali. Indipendentemente dagli sforzi necessari per mitigare i cambiamenti climatici, infatti, gli effetti del riscaldamento globale si faranno sempre più concreti nei prossimi decenni e la gestione delle piene dovrà quindi per forza di cose adattarsi a questa nuova realtà.

  

Le piene in Italia

Per quanto riguarda la situazione italiana, lo studio evidenzia come l’entità delle alluvioni dei corsi d’acqua di dimensione medio-grande, fatta eccezione per l’arco alpino, si sia in media ridotta negli ultimi cinquant’anni, coerentemente con quanto è accaduto in tutti i paesi del Mediterraneo. La frequenza con cui si verificano piene estreme dei grandi corsi d’acqua italiani sembra quindi generalmente diminuita. Gli studiosi sottolineano però che, per mancanza di osservazioni disponibili, questa tendenza non è accertata su fiumi e torrenti di dimensioni ridotte e sui tratti urbani dei corsi d'acqua: proprio i contesti che negli ultimi anni sono stati protagonisti dei più drammatici eventi alluvionali del nostro Paese. Essendo particolarmente sensibili alle piogge intense di breve durata, i piccoli corsi d’acqua e i tratti fluviali urbani sono infatti soggetti ad un quadro decisamente più complesso del rischio alluvionale.

Il link dal quale scaricare la ricerca

Fonte:

Ufficio stampa – Comin & Partners, Lucio Filipponio | lucio.filipponio@cominandpartners.com | 327 3281717
Università degli studi Roma Tre, Alessia del Noce – alessia.delnoce@uniroma3.it | 339 5304817