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“Schemi idrici 4.0: il settore dell’acqua pronto alla digitalizzazione”

Promosso da Nonsoloambiente.it si è svolto lo scorso 28 febbraio a Milano, presso la Centrale dell’Acqua, il convegno “Schemi idrici 4.0: il settore dell’acqua pronto alla digitalizzazione”, con la partecipazione dei referenti delle principali aziende del settore idrico e la presentazione di tre discorsi chiave riguardanti:

  • la possibilità e visione su investimenti nazionali, europei ed extraeuropei nel settore idrico;
  • la presentazione di una ricerca condotta da Nonsoloambiente.it in collaborazione con EMG Acqua sul percepito della risorsa acqua;
  • un contributo a cura di ASVIS sul tema dell’acqua, risorsa sostenibile. 

Tre le sessioni, una istituzionale e due tecniche, una sulla movimentazione fluidi e una sulla digitalizzazione, Il convegno dopo i saluti istituzionali è proseguito con la relazione del Direttore Generale di Utilitalia, Giordano Colarullo. “Nonostante la riforma iniziata nel 1994 con la Legge Galli non sia ancora del tutto compiuta – ha spiegato Colarullo  quello del servizio idrico integrato è un comparto in movimento. Grazie anche alla regolazione dell’ARERA, nell’ultimo quadriennio la media degli investimenti pro capite è passata da 34,4 a 41,5 euro, di cui il 76,6% finanziato da tariffa e il restante 23,4% proveniente da contributi e finanziamenti pubblici. Per quanto riguarda gli utili, che sono l’indicatore di un gestore efficiente capace di ridurre i costi e gli sprechi, solo l’11% viene distribuito a soci privati: il 17% viene distribuito a soci pubblici e il restante 73% viene trattenuto in azienda. Al contempo si registra un impegno sempre maggiore delle aziende verso la digitalizzazione dei servizi e il miglioramento della trasparenza e del rapporto con l’utenza. In questo quadro– ha continuato – si inserisce la proposta di legge in discussione alla Camera dei Deputati, che rischia di riportare indietro le lancette di quasi 30 anni, e di reintrodurre quei vincoli che sono all’origine del gap infrastrutturale oggi esistente: l’alternanza di finanziamenti legati alle stagionalità politiche anziché alle logiche progettuali e industriali”.

Riguardo al tema degli investimenti e delle risorse disponibili, Andrea Gallo, Publisher FASI.biz, dice che “Il settore idrico ha centinaia di milioni di finanziamenti in Italia, Europa e resto del mondo, sia per le infrastrutture che per innovare la tecnologia che le gestisce. Per sfruttare queste opportunità e metterle a sistema con benefici per le aziende, i territori e la collettività – continua Gallo – è necessario uno sforzo conoscitivo, sviluppo di competenze e supporto consulenziale strategico. La chiave per far crescere il settore sta nella relazione tra infrastrutture, innovazione tecnologica e attrazione della finanza privata per la realizzazione degli investimenti”.

Il primo gruppo tecnico, moderato da Maurizio Brancaleoni, presidente ATI Lombardia, si è posto come obiettivo quello di fornire uno stato dell’arte sui prodotti e la tecnologia vigente nel settore nel comparto strumentazione e movimentazione. Ad aprire la sessione Nicola Baraldi, di Caprari SpA che ha fin da subito puntualizzato come confrontarsi per innovare”, tema centrale del convegno, siano parole che esprimono numerosi concetti alla base del fare oggi buona impresa. Innanzitutto “confrontarsi” – spiega Baraldi – significa dare ascolto alle necessità di un mercato sempre più difficile, mentre “innovare” dare delle risposte concrete a queste domande creando, al tempo stesso, del valore aggiunto per il proprio business e per il sistema paese. Caprari da 75 anni – continua Baraldi– fonda ancora il suo sviluppo su queste direttrici ed è grazie a questi pilastri che oggi l’Azienda vende i suoi prodotti in tutto il mondo e dà lavoro a 700 persone su 4 continenti”.

In questa era digitale a proporsi nuovo leader tecnologico è ABB che, come dichiara Luca Grimoldi, Business Development Settore Idrico Italia e Sud, “passando da una cultura prettamente di prodotto, alla fornitura di un servizio basata sul know how di processo e automazione, si posiziona sul mercato come partner di innovazione per sviluppare soluzioni digitali mirate, creare valore e supportare lo sviluppo sostenibile del settore”

A parlare di digitalizzazione nel Gruppo tecnico sulla trasformazione dell’impianto idrico e delle relazioni con l’utente anche Giuliano Ceseri con “Water 4.0 – W 4.0”. Il gruppo telecontrollo di ANIE Automazione, l’Associazione confindustriale a cui aderiscono le aziende elettrotecniche ed elettroniche – spiega Ceseri– ha dato vita alla Task Force Acqua (TFA), che è impegnata in azioni e progetti volti a portare il sistema idrico del Paese all’eccellenza, divenendo interlocutore privilegiato di ARERA e di tutti i soggetti coinvolti nella gestione del servizio idrico integrato. Il tema di maggior interesse per TFA è, appunto – conclude Ceseri -la Digitalizzazione Water 4.0 (W 4.0)”. 

La digitalizzazione, dunque, come perno su cui ha ruotato il convegno Schemi idrici 4.0 è tema fondante della ricerca condotta e presentata da Fabrizio Masia, Direttore Generale di EMG Acqua, “Osservatorio sull’acqua in Italia”. Dal sondaggio emerge come circa il 65% degli italiani ritenga i servizi digitali utili per una risoluzione tempestiva dei problemi e per tenere sotto controllo bollette e contratti. Tuttavia, molte di queste persone non conosce in modo approfondito e non utilizza quotidianamente la strumentazione digitale e, ancora peggio, la ricerca ha fatto emergere come tre italiani su quattro dichiari di non informarsi proprio sulle questioni relative all’acqua. Disinformazione e digitalizzazione non ancora interiorizzata sono quindi i due punti nodali che sono parsi evidenti nel sondaggio di Fabrizio Masia.

Oltre a questo problema di carattere sociale, le nuove sfide, sostiene Stefano Tanì di MM S.p.A., riguardano “innovazione, sostenibilità e resilienza che si trovano oggi a fronteggiare i gestori dei servizi idrici nel contesto di una continua e profonda trasformazione digitale delle città. La visione industriale del Servizio Idrico di Milano è supportata da alcuni elementi gestionali e strumentali quali:

  • una strategia di lungo termine fino al 2037 che ha consentito di definire un percorso programmato e sostenibile per lo sviluppo delle infrastrutture con una copertura integrale dell'intero fabbisogno finanziario per gli investimenti, pari a circa 800 milioni di euro in 20 anni anche mediante l’emissione di un bond per 100 milioni di euro e un finanziamento da BEI per 70 milioni di euro;
  • la struttura multiservizio in house di MM S.p.A., con una divisione di ingegneria che assume un ruolo di centro di competenze, è un elemento strategico a supporto del Servizio Idrico. Le competenze di ingegneria supportano il percorso di innovazione del servizio con l’introduzione di tecnologie evolute: contatori smart, la posa in opera e il recupero senza scavo di tubazioni (No-Dig), l’installazione diffusa di sensoristica IoT sulla rete;
  • il rilevante impatto positivo generato dal Servizio Idrico Integrato di Metropolitana Milanese e dal suo sviluppo infrastrutturale in termini di occupazione nel territorio, sia con effetto diretto nel settore, sia con effetto indiretto sull’indotto.

Il rapporto qualità/prezzo dell’acqua distribuita, raccolta e depurata a Milano non teme confronti né in Italia né all’estero.“L’acqua è anche un tema fondamentale dell’agenda ONU 2030” evidenzia Luigi Di Marco, Coordinatore gruppo di lavoro Goals 6 e 14 di ASviS,“e non rappresenta solo il Goal 6 ma coinvolge anche le altre tematiche ambientali, quali l’integrità degli ecosistemi, tematiche sociali, essendo l’acqua riconosciuta come diritto umano fondamentale, e aspetti infrastrutturali e tecnologici. La visione olistica della tematica è essenziale per il conseguimento dei traguardi legati all’acqua e degli altri Goals dell’agenda 2030”.

In conclusione,  dichiara Emilio Benati,“Il mondo dell’acqua è pronto per l’applicazione delle opportunità tecnologiche che si profilano nel panorama internazionale. La rapidità con cui il processo avverrà –continua Benati – dipende da molti fattori sociali che riguardano soprattutto la prospettiva che vogliono darsi le utility; quanto vogliono investire in competenze; quanto vogliono investire sulla soluzione di figure giovani e quindi vicine all’utilizzo di tecnologie smart, ed infine, quanto vorranno essere vicine al servizio efficiente dei cittadini”.

Italia ed economia circolare

Cosa emerge dal primo Rapporto Nazionale sull’Economia Circolare in Italia

Secondo i dati del Rapporto Nazionale sull’Economia Circolare 2019, l’Italia si conferma al primo posto in Europa per indice complessivo di circolarità, ma cresce meno rispetto ad altri paesi europei. Tra le proposte del rapporto anche quella che prevede l’istituzione di un’Agenzia Nazionale per l’uso efficiente delle risorse.


L’Italia prima in Europa per indice complessivo di circolarità

L’Italia, con 103 punti, si conferma al primo posto in Europa per quanto riguarda l’indice complessivo di circolarità, ovvero il valore attribuito all’utilizzo di materie prime seconde e al livello di innovazione nella produzione, nel consumo e nella gestione dei rifiuti. Seguono Regno Unito con 90 punti, Germania con 88, Francia con 87 e Spagna con 81. Tuttavia, in confronto agli altri paesi europei, il nostro cresce di meno. Infatti, rispetto alle valutazioni del 2018, l’Italia ha guadagnato un solo punto (lo scorso anno l’indice complessivo di circolarità era di 102 punti), a dispetto di altri paesi come la Francia, che nel 2018 aveva totalizzato 80 punti e oggi si trova ad 87, o la Spagna, che ha scalato la classifica europea guadagnando 13 punti in un solo anno (lo scorso anno aveva un indice complessivo di circolarità di 67 punti). Questo è quanto emerge dal Rapporto sull’Economia Circolare in Italia 2019, realizzato dal Circular Economy Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da 13 aziende e associazioni di impresa, insieme con l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), e presentato il 1° marzo in occasione della Conferenza Nazionale dell’Economia Circolare organizzata a Roma.

“L’Italia vanta grandi risultati data la rilevanza che l’economia circolare ha avuto e ha nel nostro Paese”, ha commentato il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e del Circular Economy Network Edo Ronchi. “Dobbiamo però impegnarci a tenere alto il livello delle nostre performances. Servono un piano e una strategia nazionale, una regolazione sui decreti End of Waste che permetta ai numerosi progetti industriali in attesa di autorizzazione di partire”. “Ma serve anche una visione politica e amministrativa – ha sottolineato Ronchi – che manovri le leve della fiscalità, degli incentivi all’innovazione in favore dell’economia circolare, che va pensata non come un comparto, ma come un vero e proprio cambiamento profondo di modello economico”. Per passare dalla parole ai fatti, il rapporto individua un decalogo di obiettivi che l’Italia deve seguire se vuole rilanciare l’economia circolare, puntare sulla sostenibilità ambientale, ridurre le emissioni di gas serra e accrescere la propria competitività in Europa.
 

Un decalogo per lo sviluppo dell’economia circolare

  1. Diffondere e arricchire la visione, le conoscenze, la ricerca e le buone pratiche dell’economia circolare, puntando sul risparmio e su un uso più efficiente delle materie prime e dell’energia, sull’utilizzo di prodotti di maggiore durata, riparabili e riutilizzabili, basati sugli utilizzi condivisi, sulla riduzione della produzione e dello smaltimento di rifiuti e sullo sviluppo del loro riciclo.
     
  2. Implementare una Strategia nazionale e un Piano d’azione per l’economia circolare coerenti con la strategia europea e con le più avanzate esperienze internazionali, che puntino a valorizzare le rilevanti potenzialità dell’Italia e ad affrontare carenze e ritardi. Tali strumenti devono promuovere in modo organico, efficiente e senza appesantimenti procedurali e burocratici, il modello circolare nella produzione, nel consumo, nella gestione dei rifiuti puntando su innovazione, sviluppo degli investimenti e occupazione.
     
  3. Migliorare l’utilizzo degli strumenti economici per l’economia circolare, valutando gli incentivi pubblici esistenti e riallocando quelli che producono effetti in contrasto con l’economia circolare. La responsabilità estesa dei produttori per il ciclo di vita (compreso il fine vita) dei prodotti e quella condivisa dei diversi soggetti coinvolti nel consumo, sono strumenti economici importanti per orientare il mercato verso la circolarità.
     
  4. Promuovere la bioeconomia rigenerativacome parte importante di un’economia circolare che assicuri prioritariamente la sicurezza alimentare e l’agricoltura di qualità e che alimenti anche le filiere innovative, integrate nei territori, dei biomateriali, nonché la restituzione di sostanza organica ai suoli e la produzione di energie rinnovabili, con coltivazioni in aree marginali, prelievi sostenibili di biomassa forestale e con l’utilizzo di scarti e rifiuti organici.
     
  5. Estendere l’economia circolare negli acquisti pubbliciattraverso i Green Public Procurements (GPP) i quali dovranno avere un ruolo importante per indirizzare una parte rilevante degli investimenti pubblici verso modelli circolari.
     
  6. Promuovere l’iniziativa delle città per l’economia circolare, puntando su programmi integrati di rigenerazione urbana secondo il modello europeo delle green cities, che assicurino il soddisfacimento dei diversi fabbisogni e un’elevata funzionalità ecologica del sistema urbano con il risanamento, la riqualificazione, il riutilizzo di aree dismesse o degradate e del patrimonio edilizio non più utilizzato.
     
  7. Realizzare un rapido ed efficace recepimento del nuovo pacchetto di direttive europee per i rifiuti e l’economia circolare, puntando a migliorare la prevenzione, ad aumentare il riciclo superando tutti i nuovi target europei, ad utilizzare il recupero energetico supportando il riciclo e a rendere residuale lo smaltimento in discarica.
     
  8. Attivare rapidamente un efficace End of Waste: strumento indispensabile per l’economia circolare. Per sviluppare il riciclo dei rifiuti, urbani e speciali, è indispensabile disporre di una efficace e tempestiva regolazione della cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) dopo un adeguato trattamento. Applicando la nuova direttiva europea in materia, occorre, da una parte, rendere molto più rapida la procedura per i decreti ministeriali e, dall’altra, affidare anche alle Regioni, sulla base delle condizioni e dei criteri europei, le autorizzazioni dei casi non ancora regolati a livello nazionale.
     
  9. Assicurare le infrastrutture necessarie per l’economia circolare, diffondendo e implementando l’innovazione e le buone pratiche, in particolare per le piccole e medie imprese, anche istituendo un’Agenzia Nazionale per l’uso efficiente delle risorse. Per superare i nuovi target europei della gestione circolare dei rifiuti è poi necessario favorire investimenti e procedure rapide di autorizzazione per aumentare e potenziare gli impianti di selezione e di trattamento, per migliorare le tecnologie utilizzate e aumentare e migliorare la qualità della raccolta differenziata, superando gli squilibri territoriali esistenti.
     
  10. Estendere l’economia circolare anche al commercio online. I prezzi convenienti, la facilità dell’acquisto e la consegna a domicilio stanno alimentando una forte crescita del e-commerce anche di prodotti usa e getta, di breve durata, non riparabili, difficilmente riciclabili e distribuiti con imballaggi voluminosi. Gli indirizzi e le regole dell’economia circolare vanno estesi, in coerenza con quanto indicato dalle nuove direttive europee, ai prodotti distribuiti attraverso siti di e-commerce, anche se non sono fabbricati in Paesi europei.

Si tratta di una serie di obiettivi ambiziosi e che richiedono un forte impegno da parte del nostro Paese. “Occorre il pieno coinvolgimento delle forze politiche e della società civile – ha dichiarato Ronchi nel corso della conferenza – affinché l’economia circolare sia per l’Italia una sfida, ma anche una grande occasione”.


Nota:

La foto che compare come immagine d’intestazione dell’articolo è stata scattata da Andrea Campiotti (autore dell’articolo).

AsVis convegno 02-19

La Legge di Bilancio non passa il test dello sviluppo sostenibile

L’ASviS presenta alla Camera dei Deputati un documento che valuta l’impatto dei provvedimenti contenuti nell’ultima Legge di Bilancio alla luce dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e dei 169 target dell’Agenda 2030. Secondo l’ASviS, all’Italia manca “una visione integrata di cambiamento per lo sviluppo sostenibile”. 


L’ultima Legge di Bilancio non passa il test dello sviluppo sostenibile. Ieri mattina, l’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) ha presentato a Roma, presso l’Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, un documento che valuta l’impatto dei provvedimenti contenuti nella Legge di Bilancio 2019 alla luce dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Goals) e 169 target previsti dall’Agenda 2030. Dalla valutazione dell’ASviS emerge chiaramente la mancanza di una visione integrata degli interventi in campo economico, sociale ed ambientale di cui l’Italia ha bisogno per accelerare il passo verso lo sviluppo sostenibile. In particolare, sottolinea l’ASviS, preoccupa l’assenza di interventi sistemici per l’economia circolare, la transizione ecologica dei sistemi produttivi, l’occupazione giovanile e femminile, il cambiamento climatico e il degrado ambientale. Infatti, sostiene l’ASviS, non c’è una spinta alla partecipazione delle donne a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica, così come mancano norme che mirano all’eliminazione del lavoro minorile, alla protezione e alla sicurezza dei lavoratori, compresi quelli migranti, e non c’è una strategia che affronti il complesso problema dell’occupazione giovanile, grande vulnus del nostro Paese.

Sul fronte delle politiche ambientali, fa notare l’ASviS, mancano norme sull’uso sostenibile del suolo (sebbene, a conclusione della passata legislatura fosse stata elaborata una bozza di legge nazionale contro il consumo di suolo), sulla qualità dell’aria, sulla lotta alla desertificazione e sul ripristino dei terreni colpiti da siccità e inondazioni. Inoltre, c’è ancora molto da fare per rispettare i 10 impegni assunti nei confronti delle oltre 200 organizzazioni, aziende e associazioni aderenti all’Alleanza da quasi tutte le forze politiche nell’ultima campagna elettorale. Tra questi, l’inserimento in Costituzione del principio dello sviluppo sostenibile, l’attuazione di una Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, il rispetto degli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi e la ratifica di protocolli e convenzioni alle quali l’Italia ha già aderito, la trasformazione del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) in CISS (Comitato interministeriale per lo sviluppo sostenibile), la creazione di un organismo permanente in seno alla Presidenza del Consiglio per l’attuazione degli obiettivi fissati dal Goal 5 dell’Agenda 2030 relativo alla parità di genere e un lavoro all’interno delle istituzioni dell’Unione europea affinché queste mettano al centro delle proprie politiche lo sviluppo sostenibile.

“Mancano pochi anni al 2030 – ha affermato il Portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini – e l’Italia non può permettersi di perdere l’occasione di orientare il bilancio pubblico verso la crescita economica e l’occupazione giovanile e femminile, di riqualificare le infrastrutture e di spingere all’innovazione nell’ottica della tutela ambientale, di promuovere l’inclusione e la lotta alle disuguaglianze nelle proprie politiche”.

Un punto condiviso anche dal Presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini il quale ha sottolineato che il “lavoro di oggi aiuta ad acquisire ulteriori strumenti per fare in modo che si riesca a creare quella condizione nella quale la capacità di dare risposte efficaci, dunque sostenibili, incontri i bisogni e le aspettative dei cittadini”. Proprio questi ultimi chiedono politiche improntate allo sviluppo sostenibile. Infatti, secondo un sondaggio realizzato a gennaio dalla Fondazione Unipolis, i cui dati sono stati presentanti all’incontro dell’ASviS, il 63,6 per cento degli intervistati si dichiara “favorevole” e il 20,1 per cento “molto favorevole” a politiche per lo sviluppo sostenibile. In particolare, è a favore di politiche per lo sviluppo sostenibile il 91,6 per cento dei giovani con un età compresa tra i 15 e i 24 anni a fronte del 75,3 per cento degli ultrasessantacinquenni. Inoltre, maggiore consapevolezza sul tema dello sviluppo sostenibile si riscontra tra i cattolici praticanti. Un segnale positivo che verosimilmente deriva dalla posizione assunta in questi anni dalla Chiesta guidata da Papa Francesco rispetto a questi temi, espressa anche nella sua enciclica “Laudato si’”.

Rispetto alle criticità rilevate dall’ASviS, è intervenuto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, presente all’incontro, il quale ha evidenziato la volontà del Governo di porre il tema dello sviluppo sostenibile al centro della propria agenda politica, annunciando anche la creazione di una cabina di regia ad hoc per le politiche di sviluppo sostenibile alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio. “I rapporti sullo sviluppo sostenibile sono spesso dei cahiers de doleances, dove si registrano delle luci a volte ma anche molte ombre”, ha sottolineato Conte che ha ricordato come il Governo sia al lavoro sui profili di riforma della fiscalità, come l’Ires verde, da definire nel prossimo Documento di Economia e Finanza.

L’incontro promosso dall’ASviS è stato aperto dal Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico che ha sottolineato come “nessun intervento pubblico potrà da solo conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile se non sarà accompagnato da un profondo salto culturale e da un mutamento radicale nelle scelte del sistema produttivo, dei consumatori e di tutti gli attori economici e sociali”.


Nota: 

La foto che compare come immagine d’intestazione dell’articolo è stata scattata da Andrea Campiotti (autore dell’articolo) durante l’incontro organizzato dall’ASviS presso l’Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, a Roma.