Cambiamenti climatici e strategie di adattamento: l’Unione europea è in ritardo

Di Alessandro Campiotti


Gli eventi atmosferici estremi causano ogni anno 26 miliardi di euro di danni nei paesi europei. Per mettere in sicurezza il territorio, l’UE ha stanziato una cifra analoga per il periodo 2021-27. Tuttavia, nel 2023 solo il 16% dei Comuni disponeva di un piano di adattamento locale, mentre oltre il 60% ha dichiarato di non esserne a conoscenza.

Foto di Alessandro Campiotti


Alla luce dei fenomeni meteorologici estremi che hanno investito l’Europa negli ultimi mesi, provocando gravi conseguenze in termini di catastrofi ambientali, danni economici e perdita di vite umane, la questione dei cambiamenti climatici è tornata a far discutere l’opinione pubblica internazionale. Come evidenzia l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) in un rapporto del 2024 sulla Valutazione del rischio climatico in Europa, il continente europeo vanta il triste primato di essere il primo al mondo per velocità di riscaldamento, dal momento che negli ultimi 40 anni ha visto aumentare la propria temperatura ad un tasso quasi doppio rispetto alla media globale. Nonostante l’accordo di Parigi del 2015 annoverasse tra gli obiettivi la limitazione del riscaldamento globale ad un massimo di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali (1850-1900), i numeri dimostrano che nel periodo 2016-2023 questo auspicio è stato puntualmente disatteso, e il 2023 si è confermato l’anno più caldo mai registrato dal 1850, anno della prima osservazione ufficiale. I principali fattori a rischio, sottolinea ancora l’AEA, sono numerosi ed eterogenei, e vanno dalla salute umana all’ambiente urbano, dall’agricoltura alla silvicoltura, dalla gestione delle risorse idriche alla tutela degli ecosistemi e della biodiversità. A minacciare questi settori sono gli eventi climatici estremi sempre più frequenti e devastanti, come le ondate di calore, la siccità, gli incendi boschivi, le alluvioni e le inondazioni, che nell’ultimo decennio hanno causato nei 27 stati dell’Unione europea (UE) un danno economico pari a circa 26 miliardi di euro annui.


Per contrastare la minaccia climatica, l’UE ha stanziato 8 miliardi di euro nel periodo 2014-2020 e ben 26 miliardi per il 2021-2027 con l’obiettivo di finanziare una serie di strategie di adattamento ai cambiamenti climatici da affiancare a quelle di mitigazione, per fornire soluzioni concrete in tema di prevenzione e protezione. A questo proposito, l’approvazione di due strategie di adattamento, nel 2013 e nel 2021, e la vigente Politica agricola comune (PAC 2023-27) hanno fornito agli stati membri un quadro generale all’interno del quale sviluppare i propri piani di adattamento a livello nazionale e locale, in relazione alle vulnerabilità dei diversi territori e con l’impegno di aggiornarli periodicamente. Gli interventi di messa in sicurezza del territorio riguardano tutti gli ambienti – forestale, marino, costiero, fluviale e urbano – e vanno di pari passo al ripristino di almeno il 20% degli ecosistemi degradati entro il 2030, come stabilito dalla legge sul ripristino della natura approvata nel 2024. Di prioritaria importanza risulta la piantumazione di tre miliardi di nuovi alberi per ripristinare le foreste danneggiate, selezionando specie e varietà arboree più resistenti ai fattori biotici e abiotici, per contribuire, al tempo stesso, a migliorare le condizioni del suolo, e in questo modo ridurre il fenomeno erosivo e massimizzare la trattenuta e lo stoccaggio dell’acqua piovana. Agli interventi di prevenzione dal rischio idro-geologico in ambiente montano, si aggiungono quelli di ripascimento artificiale delle coste e degli argini fluviali, che consistono nel ripristino delle naturali barriere sabbiose erose nel corso del tempo a causa degli eventi atmosferici e delle attività antropiche, per proteggere il territorio da mareggiate e inondazioni. Le azioni citate, così come il ripristino delle zone umide nelle aree rurali e la realizzazione di infrastrutture verdi in ambiente urbano, sono accomunate da un’analoga logica progettuale, che consiste principalmente nell’adozione di soluzioni basate sulla natura (Nature-based Solutions) per ottenere benefici di carattere ambientale, economico e sociale.

In una relazione pubblicata recentemente dalla Corte dei conti europea, intitolata L’adattamento ai cambiamenti climatici nell’UE, l’azione non sta al passo con l’ambizione, è stata effettuata una valutazione degli strumenti di attuazione delle strategie di adattamento, con un focus sui relativi sistemi di finanziamento e rendicontazione, senza tralasciare l’impatto prodotto in termini di sviluppo regionale e di coesione sociale. A questo proposito, la Corte ha svolto un’indagine su un campione di 400 comuni europei per valutare il grado di conoscenza del quadro normativo comunitario e nazionale, da cui è emersa una situazione di sostanziale inconsapevolezza degli strumenti disponibili, con notevoli differenze in relazione al livello di urbanizzazione dei comuni interpellati. I risultati hanno messo in evidenza che nel 2023 solo il 16% dei Comuni disponeva di un piano di adattamento locale, mentre il 21% era in procinto di elaborarlo e il 63% non era a conoscenza della questione; inoltre, laddove il 58% delle grandi città disponeva di un piano, appena il 6% dei piccoli comuni si è fatto carico di definirlo. Per intervenire su questa situazione di parziale disorganizzazione, la Corte sottolinea la necessità di omologare i sistemi di rendicontazione e valutazione degli stati europei mediante l’utilizzo di indicatori comuni, per favorire l’individuazione dei punti di forza e di debolezza dei diversi territori. Allo stesso tempo, bisognerebbe agire per abbattere le barriere linguistiche emerse come importante ostacolo al recepimento delle normative, e in questo modo promuovere la circolazione e la condivisione di conoscenze e buone pratiche.

Per approfondire:

European Environmental Agency (EEA), European Climate Risk Assessment, Executive summary, EEA Report 01/2024, https://www.eea.europa.eu/publications/european-climate-risk-assessment

Corte dei conti europea, Relazione speciale L’adattamento ai cambiamenti climatici nell’UE. L’azione non sta al passo con l’ambizione, 2024, https://www.eca.europa.eu/it/publications/SR-2024-15

Rapporto ASviS 2024: il timore di un futuro insostenibile

Di Alessandro Campiotti

Il Rapporto ASviS 2024 fotografa una situazione globale preoccupante sotto il profilo sociale, economico e ambientale. Di questo passo, si stima che solo il 17% degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 verrà raggiunto nei tempi stabiliti. Eppure, oltre il 70% dell’opinione pubblica si dichiara favorevole ad intensificare le azioni volte a promuovere la sostenibilità ambientale.

Foto di Alessandro Campiotti


L’alternativa ad un mondo sostenibile è un mondo insostenibile. Così si può riassumere in estrema sintesi il messaggio lanciato lo scorso giovedì 17 ottobre presso l’Acquario Romano, dove si è tenuta la presentazione del Rapporto ASviS 2024 dal titolo Coltivare ora il nostro futuro. L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. L’evento, giunto alla sua nona edizione, ha avuto lo scopo di fare il punto sullo stato di raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Suntainable Development Goals – SDGs) definiti nell’ambito dell’Agenda 2030 sottoscritta nel 2015 dai 193 Stati membri dell’ONU. Gli obiettivi sono plurimi e includono un eterogeneo ventaglio di tematiche che vanno dalla salute all’istruzione di qualità, dalla riduzione delle disuguaglianze al lavoro dignitoso, dalla lotta ai cambiamenti climatici alla crescita economica. Ad aprire la giornata è stata Marcella Mallen, Presidente dell’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), che ha sottolineato come l’Italia sconti un grave ritardo su tutti gli obiettivi, e ha espresso preoccupazione per l’aumento del rischio di povertà ed esclusione sociale, che nel 2023 ha riguardato circa 6 milioni di persone, toccando il picco rispetto agli ultimi dieci anni. I dati del Rapporto sono poi stati approfonditi dall’economista Enrico Giovannini, già ministro e co-fondatore dell’ASviS, nonché attuale direttore scientifico, che durante la sua relazione ha fatto presente l’impossibilità di rimandare l’attuazione di politiche che perseguano il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, in quanto i costi del rinvio potrebbero rivelarsi superiori a quelli per gli investimenti in materia di prevenzione dal punto di vista sociale, economico e ambientale. In merito a questi tre aspetti, il Rapporto fotografa una situazione globale preoccupante, dal momento che circa due miliardi di persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare, senza avere accesso ad acqua potabile né ad alcuna forma di protezione sociale. Allo stesso tempo, le crescenti emissioni di gas climalteranti in atmosfera, che nel 2022 hanno raggiunto la cifra record di 57,4 gigatonnellate di anidride carbonica (CO2), contribuiscono a peggiorare sensibilmente la qualità dell’aria che respiriamo, aumentando l’inquinamento atmosferico, che ogni anno è responsabile di circa 5 milioni di morti premature causate da malattie all’apparato cardio-vascolare e respiratorio. Inoltre, il costante aumento delle temperature e gli eventi climatici estremi sempre più frequenti contribuiscono al deterioramento degli ecosistemi naturali e alla perdita delle produzioni agricole. Di questo passo, sottolinea il Rapporto, solo il 17% dei target globali verrà raggiunto entro il 2030, mentre su molti fronti si registrano elementi di staticità e peggioramento.

Per quanto riguarda l’umore dell’opinione pubblica in merito alla questione ambientale, un’indagine condotta da Earth4All e Global Commons Alliance nei paesi del G20, mette in evidenza la crescente domanda di sviluppo sostenibile. In Italia, per esempio, oltre il 70% delle persone si dichiara preoccupato per lo stato di salute degli ecosistemi terrestri e della biodiversità, il 62% si pronuncia favorevole alla transizione ecologica e il 92% ritiene necessario intensificare le azioni volte a ridurre le emissioni climalteranti in atmosfera e a rallentare il riscaldamento globale. A questo proposito, l’ASviS propone un pacchetto di possibili misure, basato su quattro “game changer”, ovvero “punti di svolta”, con lo scopo di orientare le politiche nazionali dei prossimi anni. Particolare attenzione viene rivolta alla necessità che l’Italia recepisca quanto prima il Regolamento europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law), che vincola gli Stati membri a ripristinare gli ecosistemi degradati, e assuma l’impegno di definire il proprio “Piano nazionale di ripristino” delle aree naturali ed urbane, azzerando il consumo di suolo netto nelle zone più urbanizzate. Allo stesso tempo, di prioritaria importanza saranno l’approvazione di una Legge sul clima per sancire gli obiettivi di neutralità climatica al 2050, l’adeguamento dei piani per l’assetto idrogeologico alle nuove mappe di pericolosità e l’attuazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) approvato nel dicembre 2023. Per favorire questo processo, auspica ancora l’ASviS, i governi dovranno farsi carico di sostenere le imprese impegnate a rimodulare i propri modelli produttivi e di business secondo i canoni della transizione digitale, energetica ed ecologica, tramite la sostituzione dei sussidi dannosi per l’ambiente con nuovi strumenti più favorevoli. Infine, sulla base delle recenti revisioni costituzionali del 2022 e 2024, che hanno valorizzato i principi di tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità, anche nell’interesse delle future generazioni, l’ASviS propone che la futura legislazione sia sottoposta a una “valutazione d’impatto generazionale”, come strumento di analisi dell’impatto generato dalle politiche pubbliche sulle nuove generazioni, al fine di contrastare il problema del divario generazionale.

Per approfondire:

Decreto-legge 17 ottobre 2024, n. 153. Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico.

Legge costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1 recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente“, pubblicata  nella Gazzetta ufficiale n. 44 del 22 febbraio 2022.

Rapporto ASviS 2024: https://asvis.it/rapporto-asvis-2024/

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5 ottobre giornata internazionale degli insegnanti e delle realtà che entrano nelle scuole come Enti Formatori

Anche quest’anno il 5 ottobre è stata celebrata la giornata internazionale degli insegnanti con il tema “Insegnare in libertà, dare maggior potere agli insegnanti”. Istituita dall’UNESCO nel 1994, questa giornata ricorda la sottoscrizione delle Raccomandazioni dell’UNESCO sullo status di insegnante. Si tratta di un riferimento per i diritti e le responsabilità dei docenti su scala mondiale. L’obiettivo fondamentale è quello di suscitare riflessioni sul ruolo dei professionisti della formazione, sulle sfide che affrontano quotidianamente, sulle difficili condizioni di lavoro nei vari posti del pianeta. Insegnare in una nazione libera è molto diverso che insegnare in una nazione in cui la libertà è preclusa.

A questo va aggiunta l’adozione dell’Obiettivo 4 di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, “Istruzione di qualità”, nel quale gli insegnanti vengono riconosciuti come soggetti chiave per l’attuazione della stessa. Il loro impegno infatti, è fondamentale, per fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti. Importante è l’obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l’abbandono scolastico precoce, contribuendo a migliorare la vita delle persone e a raggiungere lo sviluppo sostenibile.

Nelle scuole entrano anche Enti Formatori riconosciuti dal MIM, Ministero dell’Istruzione e del Merito. Tra i tanti citiamo il CAI, Club Alpino Italiano, riconosciuto in particolare per il ruolo che svolge nella promozione e valorizzazione del patrimonio naturale e per il contributo al tema della sostenibilità. Il Comitato Direttivo Centrale, ha costituito il Gruppo di Lavoro “CAI Scuola” il 14 giugno 2024 e proprio il 5 ottobre scorso il Consiglio Centrale CAI, riunito a Milano, ha scelto il simbolo che accompagnerà le azioni rivolte al mondo della Scuola. Importante e benaugurante la coincidenza dell’approvazione del logo CAI Scuola nello stesso giorno in cui il mondo parla di istruzione, insegnamento, educazione, di giovani!

Il CAI scuola è vicino ai docenti con molte proposte ne citiamo una in particolare: Turismo Sostenibile Montano in Ambito Scolastico https://caiscuola.cai.it/progetti-educativi/i-nostri-progetti/turismo-scolastico-sostenibile/, avviato a settembre e in programma nei prossimi mesi di ottobre e novembre. Nel logo la C di CAI ingloba una lente d’ingrandimento come stimolo a fermarsi e osservare, avvicinandoci ai particolari che il nostro occhio non riesce a cogliere, palese richiamo alle attività incluse nei Piani di Offerta Formativa che hanno come acronimo STEM Science, Technology, Engineering and Mathematics. È un messaggio di mobilità lenta e attenta che, nel percorrere un sentiero, suggerisce di guardarci attorno. Ma è anche una metafora perché ci invita a raccontare una società che cambia, utilizzando la montagna così sensibile alla crisi climatica, come “lente di ingrandimento”, che ci porta a osservare la realtà attorno a noi e dentro di noi, riconducendo ad essa gli irrinunciabili valori di equilibrio, sostenibilità e resilienza delle “terre alte”. Proprio in questo il CAI scuola è vicino ai docenti di ogni ordine e grado.

Alberta