“Nella testa di un gatto”
di Anna Cortelazzo
Un articolo di di Anna Cortelazzo pubblicato il 2 maggio 2024 sul “Bo Live” dell’Università di Padova
“Prima di cominciare a recensire Nella testa di un gatto di Jessica Serra (edito da Carocci) devo confessare una mia debolezza: sono una gattara impenitente, non a livello di quella dei Simpson ma poco ci manca. Il primo libro sui gatti l’ho comprato a 8 anni, quando non sapevo nulla sul concetto di affidabilità delle fonti, e credevo che ogni autore meritevole di finire sugli scaffali di una libreria fosse qualificato per parlare dell’argomento. Non ricordo sulla base di che criterio avessi scelto proprio quel libro, probabilmente mi piaceva il gatto sulla copertina, ma in ogni caso era di Desmond Morris: quando si dice cadere in piedi.
Da allora ci sono stati tanti libri e tanti gatti (miei o degli amici che d’estate me li affidavano), ma anche tante domande più o meno dilettevoli che mi venivano poste. Una di queste mi ha messo un po’ in crisi: ma un gatto d’appartamento riuscirebbe a cavarsela se l’essere umano si estinguesse?
So che molti gattofili (più tecnicamente: ailurofili) risponderebbero che con quegli occhioni qualsiasi felino domestico riuscirebbe a convincere anche un topo a sacrificarsi e trasformarsi in delizioso pranzetto, ma sottovalutare l’istinto di sopravvivenza di altre specie mi sembra francamente azzardato. Bene, nel libro di Jessica Serra ho trovato la risposta, ma ne parliamo dopo.
Serra è un’etologa francese specializzata in cognizione animale che per anni ha condotto il programma televisivo La vie secrète del chats. L’abitudine a frequentare diversi canali di comunicazione risulta evidente dallo stile del libro, da cui emerge la capacità dell’autrice di tradurre concetti scientifici complessi in una prosa accessibile e coinvolgente, rendendo la lettura avvincente per chiunque sia interessato alla mente dei felini, anche se non ha conoscenze etologiche pregresse. Con una combinazione di rigore scientifico e passione per il soggetto, Nella testa di un gatto ci offre un nuovo modo di guardare i nostri amici a quattro zampe, invitandoci a esplorare il loro mondo con occhi nuovi e una mente aperta.
Sono citate anche le ricerche più recenti, e questo spiega perché sono riuscita a trovare informazioni che non conoscevo, anche se sono solita piantonare le pubblicazioni scientifiche sull’argomento. Inoltre lo sguardo di un’etologa molto concentrata sull’aspetto evolutivo e sulla filogenesi permette di fare collegamenti fuori dalla portata dei semplici appassionati come me. Spesso Serra, pur precisando che non ci sono ancora articoli scientifici su determinati temi (i cani sono da sempre più studiati dei gatti perché sono considerati più collaborativi) ci restituisce le sue idee personali, ovviamente motivandole, e queste ipotesi suonano molto plausibili: le prendiamo per buone in attesa che, come lei si auspica, vengano confermate dai ricercatori.
Il titolo suona piuttosto riduttivo, per due motivi: il primo è che non si parla soltanto di gatti, ma anche di ricerche su altri animali, come la storia di Santino, di cui abbiamo scritto anche noi. Molto toccante è il punto in cui Serra cerca di rispondere alla domanda sulla consapevolezza della morte, che il gatto non avrebbe, a differenza dei gorilla. Serra riporta le parole di Coco, una gorilla addestrata a parlare nella lingua dei segni: quando le chiesero dove andavano i gorilla dopo la morte, lei rispose “Buco comodo, addio” e alla domanda su come si sentono i gorilla quando muoiono, nonostante i suggerimenti dell’assistente (“felici, tristi, spaventati”) Coco rispose “assonnati”. Il gatto invece sente la mancanza di umani e altri animali familiari che sono deceduti, ma a differenza dello scimpanzé non riesce probabilmente a comprendere che non torneranno più.
In secondo luogo, il testo si amplia in digressioni storico sociali, raccontando per esempio come è avvenuta la domesticazione, come se la passavano i gatti (non necessariamente neri) negli anni bui del Medioevo, quando erano perseguitati perché associati alle presunte streghe e hanno addirittura sfiorato l’estinzione, altre curiosità storiche come l’assedio di Pelusio, quando i persiani attaccarono 600 gatti ai loro scudi e gli Egizi rinunciarono al combattimento (ma non fatevi ingannare: è vero che per gli Egizi i gatti erano sacri, ma in virtù di questo alcuni di loro venivano allevati appositamente per essere sacrificati a Bastet) e, per finire, incursioni letterarie e cinematografiche (a proposito, se ve lo steste chiedendo, i gatti preferiscono la musica rock, veloce e acuta, rispetto alla musica melodica)….