Michele De Lucchi

Captare la contemporaneità attraverso la natura, la tecnologia, la cultura e l’artigianato

Il volume “Captare la contemporaneità attraverso la natura, la tecnologia, la cultura e l’artigianato” di Michele De Lucchi fa parte di una collana di monografie inedite, realizzate dal Corriere della sera in collaborazione con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano  per conoscere i progetti dei più celebri architetti e designer del mondo.
Personaggi diversi illustrano alcune opere di De Lucchi fino alle sue ultime per EXPO 2015.
De Lucchi privilegia i materiali che invecchiano bene, quali legno, pietra e metallo e le tecniche artigianali. Nel 1990, con questo spirito, ha fondato "Produzione Privata", una piccola impresa i cui prodotti sono proprio realizzati seguendo mestieri artigianali.
La sua filosofia è non sprecare lo spazio e il tempo, un museo vivente.
L’ultimo capitolo: ”Focus – Musei e Paesaggi culturali” è dello stesso De Lucchi. Scopo del suo discorso è mettere gli architetti di fronte alle loro responsabilità. Il loro massimo compito, dice, dovrebbe essere quello di studiare-conservare-mostrare-istruire-divertire e attirare l’attenzione sui capolavori  realizzati da Dio o dagli uomini, che oggi possiamo ammirare in natura, nella vita di tutti i giorni o nei musei. Progettare un museo è una questione di grande attualità perché il più grande e importante museo  è proprio il nostro pianeta.
L’introduzione al volume è di Maria Vittoria Capitanucci, del Dipartimento di Architettura del Politecnico di Milano. È intitolata “Una poetica post-avanguardista”; un excursus sull’attività artistica e progettuale di De Lucchi in Italia e nel mondo, dove il filo conduttore è sempre lo stesso: “… un programma fatto di essenzialità e concretezza di gesti mai espressi sopra le righe secondo una chiara idea della spazialità e nel rispetto di chi ne usufruisce. Una architettura umana e nomade pronta ad approdare…in ogni dove, tra i gesti giganteschi della globalizzazione”.

Etta Artale

Medichesse_Erika Maderna

Medichesse.La vocazione femminile alla cura

Nel cammino della specie umana sulla Terra, fin dalla preistoria, il compito della componente femminile all’interno della società è proprio quello del “prendersi cura”. Sono le donne, infatti, che accolgono la vita come madri, allevano i figli, curano i vecchi e i malati. In quella società in cui non vi è ancora un sapere scritto, la donna fa tesoro dell’esperienza e dell’osservazione. Il suo sapere è praticato con e per i membri della tribù.

Solo al comparire delle religioni patriarcali questo sapere femminile viene avvolto da un’aurea di mistero, malamente interpretato dai maschi che lo isolano e lo relegano a pratiche non consentite: ecco che il sapere delle donne finisce nella clandestinità o appannaggio solo delle donne. Nella società greca, infatti, tutto ciò che riguardava la salute, era in mano delle donne e praticato dalle stesse.

In questo testo l’autrice percorre la storia dall’antichità preclassica al Rinascimento italiano studiando l’evoluzione della cultura medica ed erboristica femminile. Le prime protagoniste cui il lettore si avvicina curioso e rispettoso, sono proprio gli archetipi di donna guaritrice. La storia assegna alle donne ruoli diversissimi eppure sempre legati alla cura: la dea, la pitia, la maga, la levatrice, la cosmeta, l’erbaria, la medichessa, la sacerdotessa, la vestale, la badessa, la santa, l’alchimista, la strega sono profili diversi di una stessa persona.

Le molte dee nel mondo greco e poi romano, altro non sono che “pharmakides” detentrici a vari livelli di competenze e conoscenze erboristiche adatte a guarire, ma non solo.

Il lettore conosce via via i nomi e l’opera delle medichesse che hanno lasciato traccia e memoria scritta del loro operato. Come Metrodora, levatrice in epoca bizantina, V – VI secolo d.c., il cui trattato Sulle malattie delle donne, è la più antica opera di contenuto medico scritta da una donna e giunta fino a noi. Le sue ricette per il benessere femminile sono basate su specifico uso di erbe, spezie ed essenze naturali.

Cinque secoli dopo, tra il X e l’XII secolo si sviluppa la scuola salernitana grazie all’imperatore Federico II che stabilì la necessità, per i medici, di frequentare la scuola di Salerno. La partecipazione femminile a questa scuola è notevole e incentivata dalla principessa Sichelgaita di Salerno moglie di Roberto il Guiscardo. La più famosa medichessa di questa scuola è Trotula (piccola trota) de Ruggiero cui viene attribuito il Trotula major trattato sulle malattie delle donne e il Trotula minor dedicato ai trattamenti di bellezza e alla cosmetica, alla cui base sono sempre il sapere d’Ippocrate e Galeno. Sono solo due degli esempi descritti con cura e meticolosa ricostruzione storica in questo libro ricco di curiosità, piacevole da leggere, con immagini contestualizzate e disegni di essenze botaniche molto belli. 

i lembi dei ricordi

I lembi dei Ricordi. Ri(n)tracciare il paesaggio di Goffredo Parise

Stampato da Grafiche Antiga


Nato a Vicenza  nel 1929, Goffredo Parise ha lasciato tracce visibili del suo amore per il Veneto sia nella sua opera letteraria che nelle due case, oggi aperte al pubblico, di Ponte di Piave e Salgareda, in provincia di Treviso.

La Fondazione Masi e la Società Letteraria di Verona gli hanno reso omaggio nel trentennale della sua morte (1986) promovendo la pubblicazione dell’elegante volume ”I lembi dei ricordi. Ri(n)tracciare il paesaggio di Goffredo Parise”. Nel libro sono state pubblicate otto mappe realizzate da testimoni della vita di Parise in terra veneta. Sono di mirabile raffinatezza ed è  straordinaria la rappresentanza visiva della vita dell’autore intrecciata con i luoghi, la comunità e l’ambiente che frequentava.

Precedute da alcuni testi che mettono in luce i differenti aspetti del progetto nel suo insieme, le mappe sono accompagnate da immagini attuali dei luoghi e da una serie di cartoline dell’artista e compagna di vita di Parise, Giosetta Fioroni che ha rivisitato fotografie di Moreno Vidotto.

La pubblicazione rende anche omaggio a due realtà che onorano il territorio veneto: le Grafiche Antiga con la bellezza della grande arte tipografica, e la promozione della cultura a opera della Fondazione Masi; fondazione che trae vita da una famiglia di produttori di vini. Nel libro è riportato l’articolo del Corriere della Sera del 1985 in cui Parise fa l’elogio del Campofiorin, dell’azienda Masi,  “che è una cosa meravigliosa” sia per le qualità organolettiche che per la bellezza dell’etichetta e ”aggiunge qualcosa alla nostra vita come un bellissimo libro, un verso di Omero….”.

Tra le testimonianze, nel libro ci sono quelle di due importanti scrittori veneti, Francesco Maino e Vitaliano Trevisan, e di Stefano Cecchetto, studioso di arte e curatore di mostre in cui palpita il paesaggio veneto.

Etta Artale