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I vantaggi delle infrastrutture verdi per l’efficienza energetica degli edifici

Da una recente ricerca dell’ENEA, emerge che il verde parietale consente una diminuzione del 40% del flusso termico penetrante nell’edificio e una diminuzione dei costi dell’energia elettrica utilizzata per la climatizzazione in estate e per il riscaldamento in inverno. Da quest’anno, al via il “Bonus Verde”, novità introdotta dalla Legge di Stabilità 2018.


La ricerca dell’ENEA

Il verde nelle città rappresenta un vero e proprio componente edilizio dell’architettura degli edifici. La realizzazione di “infrastrutture verdi”, tecnicamente definite Green Roofs and Walls (Tetti e pareti verdi”) migliora le condizioni microclimatiche a livello urbano, mitigando il fenomeno delle cosiddette “isole di calore”, e contribuisce alla riqualificazione energetica degli edifici (vedi in merito le Direttive europee in tema di efficienza energetica). La coltivazione di piante ed essenze vegetali su tetti, terrazzi e pareti esterne degli edifici consente risparmi significativi sulla bolletta: diminuiscono le spese per la climatizzazione nei periodi caldi e per il riscaldamento nei periodi freddi. A questo proposito, da una recente ricerca condotta presso il Centro Ricerche Casaccia dell’ENEA – Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile emerge che è sarebbe possibile ridurre il consumo di energia per la climatizzazione estiva ed invernale di circa il 40%, grazie all’”effetto barriera”, che il verde parietale consente nei confronti della radiazione solare incidente in estate, e all’”effetto camino” (ventilazione naturale”), che in inverno contribuisce a togliere umidità dalle pareti dell’edificio. Il parametro impiegato per definire le caratteristiche bioagronomiche ed energetiche delle piante utilizzate si riferisce alla “costante verde” (Kv), un parametro adimensionale, che può assumere valori compresi tra 0 e 1. Abbiamo due condizioni:

  • Se Kv vale 0, la coltre non esercita alcuna schermatura;
  • Se Kv  vale 1, la coltre vegetale esercita una completa schermatura.

Sulla base delle prime valutazioni dell’attività di ricerca e sviluppo dell’ENEA è emerso che il verde parietale consente una diminuzione del 40% del flusso termico penetrante nell’edificio e una diminuzione dei costi dell’energia elettrica utilizzata per la climatizzazione estiva. La ricerca sottolinea che nella progettazione di coperture verdi da integrare in edifici preesistenti bisogna valutare, oltre alla conoscenza delle caratteristiche di crescita e sviluppo delle essenze vegetali, anche le esigenze di acqua. Rispetto alle necessità idriche, è opportuno selezionare piante con esigenze idriche in linea con l’andamento delle precipitazioni del sito che accoglie il progetto vegetale e che, solitamente, si considerano elevate se superiori a 1500 mm/anno,  medie tra 800-1500 mm/anno, e scarse quando non superano 800 mm/anno. Dalla ricerca emerge inoltre che l’irrigazione deve essere sempre effettuata con acqua di raccolta e non con acqua potabile. Per quanto riguarda la schermatura della radiazione solare, invece, le essenze vegetali migliori sono quelle che presentano una buona traspirazione giornaliera – mediamente non superiore a 1 litro per metro quadrato di biomassa fogliare – poiché contribuiscono alla mitigazione della temperatura nei pressi dell’edificio, grazie al consumo di energia impiegato per l’evaporazione dell’acqua che fuoriesce dagli stomi della pianta per mantenere una temperatura fogliare non eccessiva.

Per quanto riguarda poi il verde orizzontale e i “tetti verdi”, secondo i ricercatori dell’ENEA, è possibile impiegare un’ampia gamma di specie e associazioni vegetali, tra cui tappetti erbosi, erbacee perenni, cespugli, alberi (Figura 1). Le piante vanno posizionate senza sottovalutare l’aumento di peso dovuto alla coltivazione e all’irrigazione (Figura 2).

 

Figura 1. Parametri per la realizzazione dei tetti verdi (Norma UNI 11235/2015)

 

Quali piante utilizzare per la messa a verde dell’edificio

Per quanto riguarda il tipo di piante da impiegare per la messa a verde dell’edificio, la ricerca indica l’uso di piante autoctone (essenze vegetali locali): queste, essendosi naturalmente evolute in una data fascia climatica o in un preciso bioma, sono in equilibrio col loro luogo d’origine. Ciò significa che tutte le fasi vitali della pianta sono strettamente legate alle condizioni meteorologiche ed atmosferiche tipiche del clima di provenienza e quindi anche il periodo di fogliazione sarà correlato al clima e al irraggiamento medio di un’area. Le specie autoctone sono quelle tipiche e storicamente rilevabili in una data regione geografica: esse sono perciò definite anche specie indigene o locali. Le specie autoctone si distinguono da quelle alloctone, cioè le specie provenienti da altre aree geografiche che, solitamente a seguito dell’opera volontaria o involontaria dell’essere umano, sono state introdotte in un dato luogo dove hanno trovato caratteristiche favorevoli alla propria sopravvivenza. Alcuni tipi di specie alloctone possono creare problemi a quelle autoctone, entrando in competizione per lo spazio e limitandone lo sviluppo, determinandone, nei casi più gravi, anche la sparizione. La ricerca dell’ENEA indica tra le piante più adatte per la messa a verde quelle rampicanti e sempreverdi di origine autoctona, tra le quali l’Echium vulgare, ovvero una specie selvatica, conosciuta con il nome di “erba viperina”, molto amata dalle api, facilmente reperibile nei nostri prati, adatta per i tetti verdi e con un buon grado di resilienza.

Figura 2. Tetto verde realizzato presso la “Casa delle Energie” del Centro Ricerche Casaccia dell’ENEA

 

Come si ottiene il “Bonus Verde”

La Legge di Stabilità per il 2018 ha inserito – per la prima volta in Italia – una detrazione IRPEF (il cosiddetto “Bonus Verde”) per le spese sostenute per interventi di messa a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze e recinzioni (Tabella 1).

 

BONUS VERDE

Detrazione

Spesa max accettata

Cifra max detraibile

Validità

36%

5.000 Euro

1.800 Euro

Fino al 31/12/2018

1

Si possono detrarre tutte le spese per sistemi di irrigazione, pozzi, progettazione e manutenzione.

2

Soltanto lavori straordinari, sono escluse le manutenzioni ordinarie annuali e i lavori in economia.

3

Cumulabile con le agevolazioni già previste sugli immobili vincolati.

4

Sugli immobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte, delle professioni o dell’attività commerciale, la riduzione spettante è ridotta del 50%.

5

Cumulabile su più immobili anche se appartenenti allo stesso proprietario.

6

Sono esclusi dalle agevolazioni gli immobili di nuova costruzione, uffici, negozi e magazzini.

7

Le detrazioni sono riconosciute per l’acquisto di piante perenni ma non per quelle stagionali.

8

Le spese sostenute sono ammesse soltanto se effettuate con assegni, bancomat, carte di credito, bonifici ordinari.

Nota 1

Pianta annuale (include le piante stagionali): compie il ciclo vitale in un anno oppure in una o due stagioni. Radici, fusti e foglie muoiono e soltanto i semi fanno da collegamento tra una generazione e quella successiva. Comprendono buona parte delle piante erbacee, fiori selvatici, fiori da giardino e le verdure. Esempi: basilico, crisantemo, pomodoro, riso, ecc.

Nota 2

Pianta perenne: vive più di due anni a differenza delle piante annuali e biennali. Esempi: rosa, ciclamini, rosmarino, gli alberi (querce, ulivo, castagno, ecc.), i rampicanti (kiwi, vite, passiflora, ecc.) e gli arbusti. Le piante perenni hanno strutture vegetative che si mantengono da un anno all’altro, possono essere sempreverdi quando hanno un continuo ricambio di foglie oppure decidue se perdono le foglie (quasi tutti gli alberi e le piante rampicanti). Importanti per il verde parietale: Lonicera (Caprifoglio), Edera, Glicine, Vite, Gelsomino, Rincospermum, Partenocissus, Vinca, ecc.

Nota 3

Chiarimenti per il Bonus Verde possono essere richiesti all’Agenzia delle Entrate.

Tabella 1. Modalità per ottenere la detrazione IRPERF (“Bonus Verde”) per le spese sostenute per la messa a verde


Nota:

La foto d’intestazione dell’articolo (la prima dall’alto) raffigura la “Casa delle Energie” del Centro Ricerche ENEA Casaccia (edificio prototipo di verde parietale).

 

principale transizione green

“La transizione alla green economy” è possibile

Dai fondamenti della green economy ai fattori che potrebbero accelerare la transizione verso un'economia più sostenibile, questi i temi del “Meeting di Primavera” della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, in occasione del quale è stato presentato l’ultimo libro di Edo Ronchi “La transizione alla Green Economy”. 


I fondamenti della green economy

Mercoledì 9 maggio si è tenuto a Roma, presso il Nazionale Spazio Eventi, il “Meeting di Primavera”, organizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile per celebrare i suoi 10 anni di attività. In occasione del Meeting, è stato presentato l’ultimo libro di Edo Ronchi, Presidente della Fondazione, dal titolo “La transizione alla green economy”, un libro – come ha affermato lo stesso Ronchi, durante la presentazione – volto a tracciare un “quadro approfondito dell’evoluzione dell’economia verde in Italia e nel mondo, a 25 anni dal Summit sulla Terra di Rio de Janeiro (3-14 giugno 1992). Nella società contemporanea l’economia svolge un ruolo decisivo, determinando la sostenibilità nonché l’insostenibilità dello sviluppo. In una società in cui le risorse diventano sempre più scarse e dove si registra un consumo inarrestabile di suolo, che minaccia la biodiversità e il capitale naturale, si sente il bisogno di una nuova narrazione economica che assicuri uno sviluppo umano sostenibile, che procuri una migliore qualità della vita in uno spazio ecologico limitato e che punti ad una crescita qualitativa e quantitativamente selettiva. “In un solo secolo (il Novecento) – ha affermato Ronchi – la popolazione mondiale è quadruplicata, il consumo di energia è cresciuto di circa 8 volte e quello di risorse naturali di oltre 12; l’uso indiscriminato dei combustibili fossili ha generato enormi volumi di anidride carbonica che stanno influenzando fortemente il clima”. “Così non si può andare avanti – ha sottolineato Ronchi – perché l’attuale sviluppo, così com’è, non va; qualche passo nella giusta direzione è stato compiuto, ma si è fatto ancora troppo poco e in modo troppo lento e tortuoso, a volte perfino contradditorio”. Parlando del suo libro, Ronchi ha individuato quelli che possono essere definiti i “tre fondamenti dell’economia verde”:

  • Tutela del clima e della biosfera. I costi di quella che ormai può essere definita una vera e propria “crisi climatica ed ecologica” hanno raggiunto un’enorme rilevanza economica;
  • Circolarità delle risorse. L’economia circolare, alla base della green economy, è la via per affrontare il nodo dell’utilizzo sostenibile delle risorse naturali, consentendo di disaccoppiare il livello del consumo di risorse da quello delle attività economiche;
  • Benessere inclusivo e sobrio. La sostenibilità ambientale si può ottenere sostituendo il consumismo indiscriminato con una migliore qualità dei consumi, con migliori beni e servizi e minori impatti ambientali.

Nel corso della conferenza, Ronchi ha evidenziato i fattori che potrebbero accelerare la transizione verso un’economia più sostenibile: politiche pubbliche (in particolare quelle fiscali) in grado di internalizzare i costi esterni con strumenti economici quali tasse, tariffazioni, incentivi e disincentivi, in grado di orientare verso uno sviluppo economico sostenibile; l’eco-innovazione, che porta non solo benefici dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista dell’occupazione; una “finanza verde” capace di accelerare la transizione alla green economy attraverso i green bonds, in forte crescita nel mondo (non in Italia), che sono passati dagli 8,5 miliardi di dollari del 2012 ai 221 del 2017; imprese green che hanno registrato un aumento dell’occupazione pari al 40% nel periodo 2007-2013.

Ronchi ha inoltre sottolineato i settori chiave che stanno guidando attualmente la transizione alla green economy, tra i quali spiccano l’agricoltura, l’energia, la manifattura, i rifiuti, il settore delle costruzioni e dei trasporti, il turismo. Ronchi ha concluso il suo intervento, sottolineando la necessità di cambiare rotta, accelerando la transizione ad un’economia più sostenibile e investendo maggiormente sui giovani. Sul tema si è espresso anche l’economista francese Jean-Paul Fitoussi, tra i relatori della conferenza, che ha ribadito: “la sostenibilità, in tutte i suoi aspetti, sarà possibile solo se le generazioni attuali lasceranno alle generazioni future un capitale – umano, economico, sociale e naturale – almeno uguale a quello di cui essere hanno goduto”.

 

Proposte e contributi per uno sviluppo sostenibile

  • Strategia Energetica Nazionale(SEN2017). Documento di programmazioneenergetica a livello nazionale adottato con decreto interministeriale 10 novembre 2017, pone, tra i suoi obiettivi, quello di rendere il sistema energetico nazionalepiù sostenibile in modo daraggiungere gli obiettivi ambientali e di decarbonizzazionedefiniti a livello europeo, in linea con quellistabiliti dall’Accordo di Parigi. Tra i  principali target quantitativi previsti dalla SENvi è quello che prevede la riduzione dei consumi finali di energia a 108 Mtep (“Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio”) con un risparmio di circa 10 Mtep entro il 2030.
  • Fonti rinnovabili. La Direttiva europea 2009/28/CE fissa per l’Italia due obiettivi nazionali vincolanti in termini di “quota del consumo finale di energia coperto da fonti rinnovabili” al 2020: raggiungere una quota dei consumi energetici finali lordi complessivi di energia coperti da fonti rinnovabili almeno pari al 17%; raggiungere una quota dei consumi energetici finali lordi nel settore dei trasporti coperti da fonti rinnovabili almeno pari al 10%.
  • Sviluppo di un’agricoltura sostenibile. I principali programmi europei prevedono lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile di qualità emultifunzionale, al fine di contenereil consumo di suolo agricolo, grazie amisure diadattamento ai cambiamenti climaticie la promozione nonché la tutela dell’agricoltura italianaorientata alla qualità e alla sicurezza.
  • Piano nazionale per la riqualificazione delle aree urbane degradate. A questo proposito, è doveroso sottolineare che le città italiane, a differenza di quelle europee, non hanno mai vinto lo European Green Capital Award, premio istituito nel 2010 dalla Commissione europea per premiare le città che, più di altre, hanno portato avanti politiche di sviluppo sostenibile.
  • Decarbonizzazione al 2050. Le principali intese a livello globale prevedono la decarbonizzazione (la chiusura di tutte le centrali a carbone) entro il 2050, oltre ad una diminuzione delle emissioni di CO2 del 39% al 2030 e del 63% al 2050 rispetto ai dati del 1990. A questo proposito, la SEN 2017 prevede per l’Italia la chiusura di tutte le centrali a carbone entro il 2025, con cinque anni di anticipo rispetto alla precedente Strategia, che prevedeva la chiusura entro il 2030.
  • Blue economy. La Strategia europea della “crescita blu”  per sostenere una crescita sostenibile nei settori marino e marittimo.Attualmente l’economia blu impiega oltre 5 milioni di persone e genera un valore aggiunto lordo di quasi 500 miliardi di euro l'anno a livello globale. Le principali attività dell’economia blu sono: l’acquacoltura (allevamento di pesci e molluschi), turismo, biotecnologia marina, l'energia oceanica e l'estrazione mineraria dai fondalimarini.

Fonti per approfondire:

 

Nota:

La foto che compare come immagine d'intestazione dell'articolo è stata scattata da Andrea Campiotti (autore dell'articolo) durante l'evento presso il Nazionale Spazio Eventi, a Roma.

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Agricoltura biologica, il Parlamento europeo approva il nuovo regolamento

Controlli sui produttori annuali e massimo biennali se non si riscontreranno frodi per tre anni consecutivi, certificazioni di gruppo per i piccoli produttori riuniti in cooperative e consorzi locali. Nuove norme sulla contaminazione da fitofarmaci e fertilizzanti non autorizzati per i prodotti biologici. Giudizio sostanzialmente negativo sul nuovo regolamento da parte degli europarlamentari italiani (che hanno votato contro) e delle principali associazioni di categoria.


Cosa prevede il nuovo regolamento

Nuove norme in arrivo per il settore dell’agricoltura biologica. Lo scorso 19 aprile il Parlamento europeo ha approvato il nuovo regolamento sull’agricoltura biologica. Il regolamento comprende norme per la produzione agricola, l’allevamento, e l’acquacoltura, stabilisce migliori sistemi di informazione tra gli stati membri e armonizza i regimi di responsabilità e gli schemi di certificazione. In base al nuovo regolamento, i controlli sui produttori avranno cadenza annuale e potranno diventare biennali, se non si riscontreranno frodi per tre anni consecutivi. Al fine di ridurre i costi, i piccoli produttori riuniti in cooperative e consorzi locali potranno ottenere certificazioni di gruppo. Per quanto riguarda i prodotti importati da paesi fuori dall’Unione europea, si passerà dall’attuale “principio di equivalenza”, che richiede solamente il rispetto di standard analoghi, all’obbligo per le aziende esportatrici verso l’Ue di conformarsi alle norme comunitarie. Le attuali norme in materia di “equivalenza saranno infatti eliminate entro cinque anni dall’entrata in vigore del regolamento (nel 2027). Al fine di incentivare il settore dell’agricoltura biologica, il regolamento prevede un considerevole aumento dell’offerta di semi biologici a livello europeo. Tuttavia, le deroghe che permettono l’utilizzo di semi convenzionali nelle produzione biologiche saranno eliminate totalmente entro il 2035. Le aziende agricole che producono sia prodotti convenzionali sia prodotti biologici continueranno, anche dopo l’entrata in vigore del regolamento, ad essere autorizzate a condizione che le due attività agricole (convenzionale e biologica) rimangano separate. Per quanto riguarda poi la contaminazione con pesticidi, le nuove norme prevedono che, in caso di sospetta presenza di fitofarmaci o fertilizzanti non autorizzati, il prodotto finale non possa ricevere l’etichettatura come prodotto biologico fino ad ulteriori indagini. Qualora la contaminazione risulti essere stata volontaria o l’operatore non abbia applicato le adeguate misure precauzionali, il prodotto perderà immediatamente lo “status” di alimento biologico.

Un punto controverso – secondo gli europarlamentari italiani, i quali hanno votato contro il regolamento – riguarda le soglie massime previste per le sostanze non autorizzate presenti nelle produzioni biologiche. Secondo le nuove norme, infatti, i paesi che le applicano, come ad esempio l’Italia, potranno continuare a farlo, ma non potranno impedire la commercializzazione di prodotti provenienti da paesi europei che si comportano diversamente. A questo proposito, spiega la Commissione europea, il nuovo regolamento introduce comunque misure precauzionali che gli operatori dovranno adottare per ridurre il rischio di contaminazione accidentale nei casi di coltivazioni biologiche e convenzionali adiacenti. Il controllo spetterà, secondo la normativa, alle autorità nazionali dei singoli paesi.

 

Le associazioni di categoria si schierano contro il nuovo regolamento

Critico è stato il commento della Coldiretti, che ha sottolineato come il nuovo regolamento (secondo l’associazione di categoria) conceda troppa libertà ai singoli paesi dell’UE per quanto riguarda le soglie previste per le sostanze non autorizzate nelle produzioni biologiche. «Le nuove norme – sostiene Coldiretti – permettono di mantenere in vigore soglie meno restrittive per i residui di fitofarmaci o di contaminazione da OGM (“organismi geneticamente modificati”) con un grave danno di immagine per il settore del biologico soprattutto in quei paesi, come l’Italia, nei quali gli standard di produzione sono molto elevati». Si è dichiarata contraria al nuovo regolamento anche la Confederazione italiana agricoltori (Cia), che in una nota stampa ha fatto sapere: «Le nuove regole europee sull’agricoltura biologica non sono assolutamente in linea con i livelli e gli standard di qualità che sono applicati da anni in Italia, che è al primo posto in Europa per produzione e al secondo per superficie coltivata a ‘bio’ (Figura 1).». «Esprimiamo dunque – ha concluso la Cia  tutta la nostra contrarietà come Agricoltori Italiani». Questo è stato il commento della Cia a conclusione del voto favorevole del Parlamento europeo.
 

Figura 1. Agricoltura biologica nei paesi dell’Unione europea nel 2016 (fonte: Parlamento europeo)

 

A questo proposito, è utile ricordare che il numero di imprese che operano nel settore dell’agricoltura biologica in Italia è il più elevato tra i paesi dell’Unione europea – oltre 72 mila imprese (nel 2016) – e che la superficie coltivata utilizzata per l’agricoltura biologica si estende per quasi due milioni di ettari quadrati (Figura 2).

Figura 2. Sviluppo del mercato del biologico nell’Unione europea nel periodo 2012 – 2016 (Fonte: Parlamento europeo)

 

Un giudizio sostanzialmente negativo al nuovo regolamento è arrivato inoltre da FederBio, federazione italiana delle aziende che operano nella filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, che ha riconosciuto tuttavia alcuni aspetti (secondo la federazione) positivi, tra i quali la possibilità della certificazione di gruppo per piccole aziende agricole riunite in cooperative e consorzi locali e i nuovi strumenti per garantire un quadro di controllo e di garanzie anche sui prodotti importati da paesi extra-Ue. Lo sviluppo del settore biologico deve ora diventare una priorità delle politiche europee e nazionali – secondo FederBio – a partire dalle programmazioni regionali dei Piani di sviluppo rurale agli acquisti verdi della pubblica amministrazione”.


Nota:

Il mercato dell’agricoltura biologica a livello mondiale supera gli 80 miliardi di dollari di fatturato complessivo, con 2,7 milioni di produttori e 57,8 milioni di ettari coltivati con i metodi dell’agricoltura biologica (rapporto “The World of Organic Agriculture”, 2018). L’Italia in particolare risulta il Paese europeo che ha registrato la maggiore crescita di superficie coltivata con metodo biologico. Si tratta di un risultato di indubbio valore rispetto agli obiettivi di sostenibilità ambientale ed energetica. Secondo la FAO, nel periodo 2005-2012 le aziende agricole sono passate da un consumo medio di fertilizzanti chimici di 120 kg/ha a 140 kg/ha, con un valore di mercato che nel 2017 raggiungeva i 230 miliardi di dollari a livello mondiale.